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Baraonda Bancaria per "Dagospia"
Chi frequenta Siena racconta che venerdì scorso, dal palazzo di Rocca Salimbeni, quartier generale del Monte dei paschi di Siena, si sono udite grida come mai in passato. Nelle contrade hanno pensato si trattasse di una guerra in vista del Palio di luglio, a cui la banca cittadina destina una buona fetta di denaro come sponsor storico. Ma gli appassionati della battaglia in piazza del Campo possono stare tranquilli: la doppia competizione è assicurata pure quest'anno.
La questione, invece, riguarda i licenziamenti di oltre 4mila colletti bianchi dell'istituto e la vendita di 400 sportelli sul territorio nazionale. La voce urlante, al limite della lesione delle corde vocali, era quella del nuovo presidente, Alessandro Arrogance Profumo e di Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, il principale sindacato del mondo creditizio.
Pare che l'ex numero uno di Unicredit, non abbia gradito la raffica di volantini che le sigle sindacali gli stanno riservando da quando ha rimpiazzato Peppiniello Mussari alla guida dell'istituto più antico d'Italia. Sta di fatto che nella prime delle due riunioni dello scorso 27 giugno, cominciata alle 17.30 come da programma, Profumo ha detto chiaro e tondo ai capi delle organizzazioni dei lavoratori di farla finita con "attacchi e insulti personali".
Una riunione aperta a circa 25 persone ma che si è trasformata in un duello rusticano con Sileoni. Pare che tra i due non corra buon sangue sin dai tempi in cui si confrontavano sulle manovre a piazza Cordusio. Sileoni fu il primo ad attaccare apertamente Profumo nell'agosto del 2010 - a poche settimane dall'addio a Unicredit dell'attuale numero uno Mps - definendolo il "Marchionne dei banchieri" perché voleva adottare il metodo Fiat anche allo sportello, con contratti aziendali che avrebbero dovuto rimpiazzare le intese a livello nazionale.
Un modo come un altro per mandare a casa migliaia di dipendenti e tenersi tutti gli altri sotto ricatto. La vicenda, all'epoca, si interruppe sul più bello con Profumo costretto alle dimissioni dalle Fondazioni bancarie azioniste, irritate per come erano stati gestiti i rapporti con i potentissimi soci libici.
Ma i dissapori fra il banchiere e il sindacalista sono rimasti intatti. "Sileoni è cazzuto e permaloso e Profumo casca male" dice un esperto di faccende bancarie, convinto che la battaglia è solo all'inizio. In effetti, per la scazzottata è mancato davvero poco. Venerdì, terminata la prima riunione, durante lo spostamento nei corridoi interni di Rocca Salimbeni verso la sala destinata al summit allargato ai rappresentanti interni, il presidente di Mps e il segretario generale Fabi sono arrivati quasi allo scontro fisico.
"Profumo vuole comandare e basta" raccontano " e non vuole avere a che fare con i sindacati che si mettono di traverso". Il clima è rimasto teso anche durante il secondo vertice interno, che è cominciato attorno alle 20. In quella riunione la tensione è salita alle stelle e tutti i sindacati hanno minacciato lo sciopero interno di fronte al piano industriale a cui sta lavorando l'amministratore delegato, Fabrizio Viola, pure lui oggetto di attacchi nei volantini sindacali. Contro il vertice Mps si sono schierate compatte tutte le sigle del settore, dalla Fisac Cgil alla Fiba Cisl e Uilca.
Tutto questo mentre i mercati si interrogano sull'operazione si salvataggio del gruppo. Fra gli addetti ai lavori i dubbi non mancano e nelle sale operative la domanda è sempre la stessa: "Basterà la stampella pubblica del Tesoro, che ha messo un'altra fiche da 2 miliardi di euro, per salvare le sorti di Mps?".
alessandro-profumoALESSANDRO PROFUMO E FABRIZIO VIOLA monte_paschi_di_sienaSileoni_Lando
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