MONTE DEI PAZZI DI SIENA - LA BANCA D’ITALIA NEL 2010 FECE UN’INDAGINE APPROFONDITA SULLA GESTIONE DI MPS - SEMBREREBBE SCONTATO DIRE CHE GLI ISPETTORI SGAMARONO LA QUESTIONE DEL PRESTITO FRESH PER FINANZIARE L’ACQUISIZIONE DI ANTONVENETA, E INVECE NO: NEI VERBALI NON C’È NESSUN RIFERIMENTO A QUELLO PER CUI ADESSO SI STA INDAGANDO - IN COMPENSO SI PARLA DI RISCHI ECCESSIVI SUI TITOLI GOVERNATIVI E MANCANZA DI VIGILANZA…

Camilla Conti e Luca Piana per "l'Espresso"

Un sottile documento, cinque pagine in tutto, fa nascere nuovi interrogativi sulla gestione del Monte dei Paschi di Siena negli ultimi anni. Si tratta di una relazione che gli ispettori della Banca d'Italia hanno scritto nell'autunno 2010 al termine di una verifica negli uffici della banca senese, durata ben tre mesi.

L'ispezione aveva il compito di passare al setaccio i rischi finanziari del Monte e di capire se l'istituto, guidato all'epoca da Giuseppe Mussari, aveva le risorse per far fronte ai suoi impegni. Ebbene, al termine dei novanta giorni spesi ad analizzare documenti interni, contratti e investimenti, gli uomini inviati dall'allora governatore Mario Draghi mettono nero su bianco una serie di critiche piuttosto dure. Una curiosità: neanche una riga riguarda la delicata questione che, ora, è finita al centro delle indagini della procura di Siena.

Ovvero se due anni prima, al momento della miliardaria acquisizione di Antonveneta, l'istituto si era assunto dei rischi che non aveva comunicato alla Banca d'Italia. Perché? Nel 2010, è la spiegazione che arriva da via Nazionale, il focus degli ispettori era un altro, più specifico: verificare che non ci fossero problemi con la marea di titoli di Stato che, al tempo, il Monte stava comprando.

A far esplodere il caso dei rapporti tra il Monte e la Banca d'Italia è stato il blitz condotto dalla Guardia di Finanza il 9 maggio, quando sono scattate perquisizioni a Siena, Milano, Padova, con 150 uomini scatenati alla ricerca di carte negli uffici della banca e in diverse abitazioni private. Almeno quattro gli indagati. Computer bloccati e divieto ai dipendenti di connettersi a Internet o di mandare sms. Due le ipotesi di reato: la prima che, nello scorso mese di gennaio, qualcuno abbia manipolato le quotazioni di Borsa per aiutare la Fondazione Monte dei Paschi, l'azionista principale della banca, alle prese con una delicata operazione di salvataggio.

La seconda che, nel 2008, i vertici dell'istituto abbiano taciuto alla Banca d'Italia alcune caratteristiche del prestito obbligazionario da un miliardo di euro noto come Fresh, emesso per finanziare la conquista di Antonveneta e acquistato dalla banca d'affari Jp Morgan (che in seguito l'ha rivenduto a altri istituti). Il dubbio dei magistrati, semplificando, è che il Monte abbia occultato dei contratti che scaricavano il rischio del prestito o che garantivano ai sottoscrittori guadagni non dichiarati nella documentazione. A danno, ovviamente del patrimonio della banca.

A che conclusioni arriveranno le indagini, si vedrà solo in futuro. Di certo, se avessero realizzato un simile colpo, vorrebbe dire che i manager della banca senese sono riusciti a sfuggire a un pressing che la Banca d'Italia considera quasi asfissiante. Già nel 2008, i contratti elaborati inizialmente dai dirigenti coordinati dall'allora direttore generale Antonio Vigni avevano richiesto un duro lavoro. Una prima versione, infatti, era stata modificata su domanda della banca centrale. Che, già allora, aveva messo dei paletti sulle caratteristiche del prestito. E che, in seguito, aveva espressamente richiesto a Siena se esistevano dei contratti segreti che non le erano stati presentati. Ricevendo una risposta rassicurante: tutto in regola.

Due anni dopo, poi, la questione del prestito Fresh è stata sfiorata dagli ispettori mandati nel quartier generale della banca toscana per radiografare la cosiddetta area finanza e in particolare, stando alle spiegazioni che vengono fornite oggi, i massicci investimenti in Bot e Btp. La relazione firmata nell'ottobre 2010 da Vincenzo Cantarella, capo di un pool di ben sei ispettori, non risparmia diverse bacchettate. Fra i dieci punti critici elencati dagli ispettori c'è, ad esempio, l'osservazione che il Monte, al fine di rimpinguare i propri margini di guadagno, si è esposto a rischi eccessivi sui titoli governativi, aumentando più volte i limiti d'investimento.

Viene poi criticato il lavoro di raccordo delle strutture interne che avrebbero dovuto vigilare sui vari aspetti dell'attività. Il 30 giugno 2009, ad esempio, il "Comitato di Stress" delibera di ridurre gli investimenti in Btp e simili, mentre il successivo 9 settembre il "Comitato Finanza" prende la decisione opposta. E, ancora, le scelte di entrambi gli organi non vengono riportate in maniera continua al consiglio di amministrazione. Il quale, si stupisce Cantarella, per ben 11 mesi - tra settembre 2008 e luglio 2009 - non viene informato del fatto che la banca si trova in quello che gli ispettori definiscono uno stato di stress della liquidità. Ovvero, che la banca è a corto dei soldi da investire nella normale attività.

È vero che all'epoca la Banca d'Italia si concentrò solo sui titoli di Stato, senza accorgersi, se davvero ci sono, delle magagne del prestito Fresh? Quasi tutti i rilievi formulati da Cantarella, in effetti, riguardano le varie decisioni del Monte in quest'ambito d'investimento. Non mancano, però, osservazioni su altri temi che riguardano, al pari del Fresh, l'equilibro fra le risorse disponibili e gli impegni con la clientela. Uno è, ad esempio, il boom dei mutui cosiddetti "protetti", con un tetto massimo al tasso d'interesse.

Il Monte, nelle vendite di questo prodotto, premeva infatti sull'acceleratore, arrivando all'epoca a un ammontare complessivo di ben 13 miliardi. Senza però curarsi al meglio dei costi di copertura dei finanziamenti, che al momento dell'indagine avevano già raggiunto gli 800 milioni. Chissà dunque se, allargando ancora il raggio d'azione, già due anni fa la Banca d'Italia avrebbe potuto accorgersi di eventuali problemi del prestito Fresh.

Nel 2010 l'ispezione si concluse con un giudizio "parzialmente sfavorevole" ma senza sanzioni agli amministratori. E con l'impegno della banca di colmare le lacune. A fine 2011, gli ispettori della Banca d'Italia sono però tornati a Siena per verificare come versa la liquidità dell'istituto. La relazione sul loro lavoro non sarebbe stata ancora ultimata. Ma c'è una coincidenza intrigante: la nuova ispezione è iniziata in concomitanza con la richiesta di collaborazione giunta alla banca centrale dalla magistratura.

 

SEDE DEL MONTE DEI PASCHI DI SIENA bankitalia big GIUSEPPE MUSSARI MARIO DRAGHI