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1. MPS: PAGA PER CASSA I 45,9 MLN INTERESSI SU MONTI BOND
(ANSA) - Il Monte Paschi di Siena, contrariamente a quanto previsto, pagherà gli interessi sui Monti bond relativi al 2015 in contanti e non con azioni. Lo si legge una nota della banca, in cui si precisa che "il ministero dell'Economia e della Finanze ha informato l'istituto di provvedere alla prevista scadenza del 1 luglio 2016 al pagamento in forma monetaria degli interessi". Si tratta di un pagamento di 45,99 milioni di euro e che non comporterà nessun effetto sui livelli di patrimonializzazione della banca, precisa la nota.
Risale allo scorso marzo il momento in cui la banca, attraverso il suo Ad Fabrizio Viola, ha lanciato il primo segnale al Mef per sondare la possibilità di rimborsare anche l'ultima tranche d'interessi sui Monti bond con azioni, come avvenuto un anno fa. Lo scorso luglio infatti, il Tesoro, era entrato in possesso del 4% della banca per effetto di un aumento di capitale a servizio del pagamento degli interessi per un controvalore di 240 milioni. Se il Tesoro avesse accettato anche questa volta, come confermato a maggio dal vice ministro delle finanze Enrico Morandola, la partecipazione sarebbe salita intorno al 7%.
Tuttavia, la mossa di convertire gli interessi in azioni non si è rivelata redditizia per il Tesoro e, forse, la vera ragione del suo 'no' all'ultimo minuto potrebbe trovare un fondamento anche in questo aspetto. Un anno fa, come detto, quel 4% valeva 240 milioni, oggi in Borsa invece vale poco più di 40 milioni. Insomma, una minusvalenza di ben 200 milioni, dovuta al tracollo in Borsa del titolo che negli ultimi 365 giorni ha perso quasi il 70% del proprio valore. L'altra ragione del dietrofront del Mef è contenuto nelle more del contratto sottoscritto nel 2013 al momento dell'emissione dei Monti bond.
L'accordo prevedeva infatti che il Monte potesse pagare gli interessi in contanti o in azioni soltanto in caso di bilancio in perdita. Quest'anno la banca ha chiuso l'esercizio in utile grazie all'effetto contabile positivo derivante dalla chiusura del derivato Alexandria e questo obbligava l'istituto a pagare cash. Va ricordato che dallo scorso giugno Mps non possiede più strumenti sottoscritti dal Mef, ovvero dal pagamento dell'ultima tranche da 1,11 miliardi. Questo rimborso seguiva il precedente da 3 miliardi del luglio 2014, quando la banca aveva avviato in anticipo, rispetto alla scadenza del 2017, la restituzione dei 4 miliardi di aiuti di Stato ricevuti.
2. IL CASO MPS TRA IL TESORO E L' EUROPA QUELLE OPZIONI PER L' AUMENTO DI CAPITALE
Mario Sensini per il “Corriere della Sera”
Prima del rimbalzo delle quotazioni, scattato appena diffusa la notizia del via libera Ue alle garanzie pubbliche per le banche, la capitalizzazione del Monte dei Paschi di Siena era arrivata a un miliardo di euro. Lo stesso valore di Rai Way, o di Brunello Cucinelli.
Nel giro di un anno il prezzo del titolo è sceso del 78%, solo nell' ultimo mese di oltre il 40%: oggi vale 0,37 euro contro i 9,9 di due anni fa.
È proprio la sorte della banca senese il vero cruccio del premier e del ministro dell' Economia, l' oggetto principale delle discussioni di questi giorni tra il governo, la Commissione Europea, la Banca d' Italia.
Lo schema di garanzie annunciato ieri, ma che secondo fonti attendibili sarebbe stato approvato già nel weekend mentre il governo avrebbe provato fino a ieri a ottenere di più, è una rete di sicurezza preventiva per tutte le banche italiane, esposte come le altre europee alle turbolenze della Brexit. Ma tra un mese esatto, il primo agosto, arriveranno i risultati dei nuovi "stress test" condotti dalla Bce sulla tenuta di 53 banche europee, tra cui 5 italiane: Mps, Unicredit, Intesa, Ubi e Banco Popolare.
Ci sono seri timori che per Mps possa accendersi di nuovo la spia rossa che segnala una carenza di capitale, e l' esigenza di un rafforzamento patrimoniale, come nel 2014. Operazione che per la banca senese, al cui capezzale il governo è già dovuto correre in passato, potrebbe rivelarsi complicata.
Non solo per i valori raggiunti dal titolo in Borsa, ai minimi storici. Il risanamento dell' istituto, passato attraverso scandali e crisi, si sta confermando più difficile e lungo del previsto. Il fatto stesso che il suo amministratore delegato, Fabrizio Viola, sia apparso mercoledì sera nella terna finale dei candidati alla guida di Unicredit, che ha poi scelto il francese Jean Pierre Mustier, è stato percepito come un altro brutto segnale. Viola è pronto a lasciare e il Monte rischia di restare ancora in mezzo al guado.
Un cerino acceso nelle mani del Tesoro, che è già tra i primi azionisti, e potrebbe addirittura salire. Con il pagamento in azioni degli interessi sui Monti bond ricevuti nel 2011, che sono stati tutti rimborsati, il Tesoro si è trovato in portafoglio il 4% del capitale Mps. Ora c' è da saldare l' ultima tranche degli interessi, circa 50 milioni di euro e non è ancora chiaro se il pagamento avverrà per cassa o, ancora una volta, in titoli, portando il Tesoro vicino ad una partecipazione del 10%.
C' è un mese esatto per approntare i rimedi. Un deficit di capitale acclarato dagli stress test precluderebbe la garanzia pubblica sulla liquidità definita ieri. La banca dovrebbe varare un aumento di capitale ed il Tesoro potrebbe garantire anche una quota dei privati notificando l' operazione alla Ue. E si confida che Bruxelles sia disposta ad autorizzarla in continuità con gli aiuti ricevuti nel 2009 e nel 2011. Senza pretendere, dunque, il sacrificio di azionisti e obbligazionisti.
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