MPS: RESPINTO IL SEQUESTRO DI 1,9 MLD A NOMURA

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Sara Monaci per "Il Sole 24 Ore"

Colpo di scena sulla vicenda giudiziaria di Mps. Il giudice per le indagini preliminari della procura di Siena, Ugo Bellini, ieri ha respinto il provvedimento di sequestro da 1,8 miliardi ai danni della banca giapponese, voluto dai pm Antonio Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso.
Il decreto urgente di sequestro è stato emesso il 16 aprile, con ipotesi di reato tanto gravi quanto inedite.

Per la prima volta si è parlato in Italia di possibile usura fra banche, oltre che di truffa aggravata, relativamente al prodotto strutturato (più altri contratti collaterali) sottoscritto nel 2009 tra il Monte dei Paschi e Nomura. Prodotto che secondo gli inquirenti avrebbe nuociuto alle casse dell'istituto senese per ben 1,8 miliardi, sborsati per pagare costi occulti e di marginazione (cioè di garanzia su un finanziamento), considerati sproporzionati rispetto al valore della rinegoziazione di un derivato sottoscritto con Dresdner nel 2006, Alexandria, e di altri collaterali. È con queste due accuse che sono stati iscritti nel registro degli indagati l'ex ad del mercato europeo di Nomura Sadeq Sayeed e il manager Raffaele Ricci, «costruttore» del derivato prima in Dresdner e poi in Nomura.

La stessa accusa è stata estesa all'ex presidente di Mps Giuseppe Mussari, all'ex dg Antonio Vigni e all'ex responsabile finanziario Gian Luca Baldassarri, nei confronti dei quali i pm hanno chiesto sequestri per complessivi 15 milioni circa, in beni e immobili.

Nel frattempo, negli ultimi 10 giorni, il sequestro nei confronti di Nomura ha dato vita anche ad un primo caso di diplomazia internazionale. In Italia Nomura non dispone di una tale liquidità, così la procura, attraverso Bankitalia, ha chiesto aiuto alla Germania, dove Nomura opera attraverso il circuito di Francoforte di Citigroup. L'aiuto è stato però negato proprio per via del fatto che si tratta di una procedura inedita. Così gli inquirenti sono passati al blocco dei crediti della banca giapponese in Italia, per un totale di 100 milioni, e alla rogatoria internazionale. Ma da ieri tutto fermo, con tanto di dissequestro dei beni.

Il gip ha messo in discussione tutto l'impianto accusatorio dei pm, sostenendo che non ci sono gli estremi per considerare né la truffa né l'usura. Secondo il giudice non si può parlare di truffa perché i dirigenti dell'area finanza e del risk management di Mps - oltre che la società di revisione dei conti - non sapevano delle perdite nascoste dei derivati, tenute segrete attraverso l'occultamento del cosiddetto «mandate agreement» tra le due banche, e tuttavia, pur senza capire esattamente quali fossero i problemi, sconsigliarono i contratti con Nomura (anche se poi gli ex vertici decisero comunque di sottoscriverli senza ascoltare i consigli). Non si può inoltre parlare di usura perché, secondo il gip, gli ex vertici non avevano la necessità di coprire un buco per dimostrare che tutto andava bene.

Ricostruendo la tesi giudiziaria dei procuratori, sottoscritta in parte dallo stesso gip per quanto riguarda precedenti sequestri, il contratto con Nomura sarebbe servito per occultare perdite e permettere la distribuzione di dividendi, in grado di giustificare l'acquisto di Antonveneta del 2008 per 9,3 miliardi (a cui vanno aggiunti 10 miliardi di debiti da saldare subito).

Rimangono invece, per il gip, i reati di ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto. Che tuttavia, per i procuratori, sono reati «veicolo», realizzati per fare altro: una truffa a fini di usura, appunto. I pm dovrebbero ora fare appello al tribunale del Riesame.

 

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