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MUSTIER SBATTE NAGEL AL MURO (COME DAGOANTICIPATO) - COL PRETESTO CHE MEDIOBANCA NON HA DIFESO GENERALI, MIRA A INGLOBARE PIAZZETTA CUCCIA E LIQUIDARE NAGEL (ORMAI ''DIPENDENTE'' DI BOLLORE') – RESA DEI CONTI A SETTEMBRE QUANDO SCADE IL PATTO PARASOCIALE – E DONNET INCASSA LA BENEDIZIONE DI PELLICCIOLI. NIENTE COLPI DI SCENA ALL’ASSEMBLEA DEL LEONE

 

1. LA NUOVA UNICREDIT DI MUSTIER

Francesco Spini per la Stampa

 

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Da Alitalia, passando per lo Ieo, per finire - e la cosa è destinata a fare rumore - a Mediobanca. Il nuovo corso che Jean Pierre Mustier ha impresso a Unicredit si caratterizza con un approccio più pragmatico che in passato, conseguenza degli standard internazionali introdotti dal banchiere francese. Così da primo azionista di Piazzetta Cuccia, con l' 8,7%, Unicredit ha fatto recapitare una precisa richiesta all' indirizzo dell' ad Alberto Nagel e degli altri vertici di Mediobanca: ripensare almeno in parte la strategia, soprattutto alla luce dell' ultima battaglia che si è consumata sulle Generali.

jean pierre mustier jean pierre mustier

 

I dossier in cui Unicredit è impegnata, da che Mustier ha preso possesso dell' ufficio di ad al 28° piano della torre più alta di Milano, vengono analizzati nel dettaglio, senza dogmi di sorta e tanto meno accettando i «prendere o lasciare» di chicchessia. La riprova si è avuta ieri, nel corso dell' assemblea del gruppo bancario, quando Mustier - di fronte a un azionariato per il 72% internazionale - ha fatto capire ad Alitalia e governo che l' intervento della banca nel piano di salvataggio della compagnia aerea è tutt' altro che scontato, senza le dovute garanzie.

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Qualche settimana fa non è passata inosservata la presa di posizione sullo Ieo, l' Istituto europeo di oncologia fondato da Umberto Veronesi, e su cui Mediobanca - anche a colpi di acquisti dell' ultim' ora - ha imposto la continuità del modello «no profit» contro la proposta (che vedeva l' appoggio di Intesa Sanpaolo) di Gianfelice Rocca e Paolo Rotelli di fondare con le loro Humanitas e San Donato due poli d' eccellenza nell' oncologia e nella cardiologia. Unicredit, a sorpresa, si fece promotrice di una mozione che chiedeva di soppesare tutte le alternative, proponendo un approccio che fosse il più razionale possibile. Una battaglia «di metodo» che Mustier ha perso. Difficile dire se abbia vinto Mediobanca.

 

IEOIEO

Nei giorni scorsi Unicredit, secondo indiscrezioni attendibili e concordanti, attraverso suoi rappresentanti ha presentato all' attenzione dei vertici della banca la richiesta di ripensare la propria strategia, anzitutto in relazione alla protezione di Generali. A cambiare il quadro, infatti, è stata la breve ma intensa battaglia sulle assicurazioni triestine, finita nel giro di un mesetto con la rinuncia di Intesa Sanpaolo ai propositi di conquistare il Leone.

 

ALBERTO NAGEL ALBERTO NAGEL

Quell' episodio (in cui Intesa avrebbe valutato anche strade alternative, senza escludere obiettivi come Mediobanca o la stessa Unicredit) ha rappresentato uno snodo importante della recente storia finanziaria italiana e ha dimostrato che Mediobanca, con il suo 13%, non è in grado di tutelare le Generali. Cosa, questa, su cui invece Unicredit faceva conto - Mustier lo aveva ribadito in un' intervista a questo giornale - per la difesa dell' indipendenza e dell' italianità del Leone, che il banchiere ritiene vitali per la compagnia e per l' Italia.

 

Venuta meno una delle ragioni d' essere di Mediobanca - ovvero la tutela di Trieste, su cui viene chiesta una soluzione - la revisione potrebbe estendersi a tutto il piano, aggiornato lo scorso novembre. Da Unicredit, contattati, oppongono un «no comment». Da Mediobanca, invece, smentiscono di aver ricevuto alcuna richiesta, ricordano che «il piano a novembre è stato approvato anche da Unicredit» e che i risultati sono «ben superiori anche rispetto a tutte le altre banche».

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Con un tassello che viene a mancare, a finire sotto esame - si fa notare da alcune fonti - potrebbe essere però la stessa logica strategica del piano che poggia su molte gambe, forse troppe, dall' investment banking al credito al consumo, dall' attività nel retail con il wealth management a quel che resta, appunto, del «principal investing», con il programma di vendere un 3% del Leone. Unicredit, che tanto più oggi punta a massimizzare la redditività di tutte le sue partecipazioni, appare decisa a far valere il proprio ruolo di grande azionista.

 

LA SEDE DI MEDIOBANCA LA SEDE DI MEDIOBANCA

Da Piazza Gae Aulenti non sarebbe stato posto alcun termine per presentare la nuova strategia. Ma c' è chi scommette che la determinazione del banchiere francese non consiglierà di andare molto oltre settembre, entro cui dovranno arrivare le disdette per il patto parasociale che vincola il 31,05% del capitale di Piazzetta Cuccia e che scade a dicembre.

 

2. PELLICIOLI APPLAUDE DONNET

R.E. per la Stampa

 

LORENZO PELLICCIOLILORENZO PELLICCIOLI

Per Generali non è all' ordine del giorno la nomina di un nuovo direttore generale in sostituzione di Alberto Minali, il cfo del Leone uscito dalla compagnia a inizio anno. Non ha dubbi Lorenzo Pellicioli, consigliere del gruppo di Trieste, amministratore delegato del socio De Agostini («Siamo stabili all' 1,76%») e interlocutore solitamente di peso negli equilibri del Leone di Trieste. Per la compagnia, insomma, l' attesa dell' assemblea di bilancio quest' anno si prospetta insolitamente in bonaccia.

 

E anzi col vento a favore, se Pellicioli esprime il pensiero anche di altri soci quando esprime un giudizio «strapositivo» sull' operato del ceo Philippe Donnet, elencandone le doti. Il tema della nomina di un direttore generale «fino a oggi non è sul tavolo», ha detto Pellicioli, chiarendo al riguardo di non aver neppure opinioni «finché non ci fa una proposta l' amministratore delegato. Se l' Ad pensa che ci debba essere, quando farà la proposta, valuterò. Alla fine tocca a lui fare come capoazienda una proposta su come organizzare la governance dell' azienda».

philippe donnet  philippe donnet

 

Rispetto poi al gran parlare mediatico che Generali rischi di finir preda se non cresce, secondo Pellicioli «non ha l' obbligo né di essere predatore né di essere preda: deve fare il proprio lavoro e portare a casa i risultati, poi succeda quello che succede». Quanto poi all' idea che debba tenersi pronta chiedendo una delega ai soci per aumentare il capitale, il manager è tranchant: «Trovo che questa forma delle deleghe per l' aumento di capitale sia un' aberrazione autoreferenziale dei ceo», dice.

 

«Non si discute nel vuoto, se c' è un' opportunità si guarda e si decide», aggiunge poi all' dea che debba tenersi pronta per acquisizioni. «Il mio giudizio su Donnet è strapositivo - ha raccontato poi l' Ad di De Agostini e presidente Dea Capital, impegnata ieri nell' assemblea di bilancio - Il Ceo Generali sta facendo benissimo, è molto competente, conosce il mondo dell' assicurazione, ha lavorato tutta la vita nel mondo dell' assicurazione, ha competenze complete, sia da un punto di vista industriale e sia finanziario. Mi ha persino sorpreso che sia così bravo a comunicare ai mercati».

[R. E.

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