CHE NE SARÀ DELLA NUTELLA SENZA MICHELE FERRERO? - L’EREDE GIOVANNI DICE CHE NON VUOLE VENDERE, MA LA SUA È UNA “MULTINAZIONALE TASCABILE”. E SENZA L’INGREDIENTE SEGRETO (IL PADRE) PUÒ CAMBIARE TUTTO

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1. DOVE VA LA NUTELLA DOPO L’ADDIO AL SUO CAPITANO D’INDUSTRIA

Alberto Brambilla per “il Foglio

 

L’addio a un capitano di industria come Michele Ferrero, scomparso il 14 febbraio, coincide con la fine di un’epoca per un’azienda famigliare. Nelle dolenti langhe i portatori di interesse legati all’industria da oltre sessant’anni s’interrogano sulla perdita di centralità della “culla” di Alba se mai il cioccolato dovesse finire “contaminato” dal mercato.

La famiglia Ferrero Il fratello Giovanni il padre Michele la madre Maria Franca la vedova Luisa La famiglia Ferrero Il fratello Giovanni il padre Michele la madre Maria Franca la vedova Luisa

 

Gli stakeholder locali confidano che Giovanni, secondogenito del patron, 50 anni, non cederà alle lusinghe del capitale straniero e manterrà la “testa” del gruppo in Piemonte. Giovanni, amministratore delegato dal 1996, a differenza del fratello Pietro, scomparso nel 2011 e che aveva un piglio essenzialmente industriale, guida il marketing, la distribuzione e il settore commerciale del quarto gruppo dolciario del mondo.

 

Formatosi a Bruxelles, moglie belga, ha la passione per la scrittura (tre romanzi all’attivo), e in passato ha più volte detto in modo netto di non volere tradire le radici aziendali aprendo l’azionariato a investitori esterni tramite quotazione in Borsa (“saremmo sotto pressione per produrre utili e dividendi”). Il cordone ombelicale con il territorio e l’eredità del “signor Michele” – così i dipendenti chiamano il fondatore – sono difesi anche dalla vedova Maria Franca. Discreta quanto influente, la signora Maria è una figura decisiva in azienda.

MICHELE E PIETRO FERREROMICHELE E PIETRO FERRERO

 

E’ presidente della Fondazione Ferrero, attiva nelle langhe d’Alba tra arte e mecenatismo dal 1983. Già presidente del cda della holding madre, la lussemburghese Ferrero International, ha fatto da raccordo tra il marito e il resto della struttura manageriale. Gli acquisti “esterni” nel management non sono mancati. L’ultimo ormai confermato è l’ex capo newyorchese della Flavors di Firmenich, Aldo Uva. Entrerà nel comitato direttivo, a diretto riporto del ceo Giovanni Ferrero col mandato di dirigere i piani strategici per Cina e Stati Uniti.

 

Le speculazioni su fusioni e acquisizioni non mancano ma vengono respinte categoricamente dalla casa d’Alba. Si mormora ad esempio che la svizzera Nestlé potrebbe tornare alla carica dopo la scomparsa del fondatore nonostante sia stata respinta già nel 2013, dice Société Générale.

 

Michele Ferrero Michele Ferrero

Secondo gli analisti della banca francese, la fusione avrebbe una logica dal punto di vista di Nestlé che così raggiungerebbe una quota di mercato quasi paritetica (13 per cento) con i rivali Mondelez e Mars e si posizionerebbe nella fascia di alta gamma del cioccolato, dov’è carente. “Il marchio, soprattutto della crema Nutella, è un asset succulento. Il brand ha infatti una forza di penetrazione globale unica, tanto che per avere successo non viene necessariamente associato al made in Italy alimentare”, dice Antonio Belloni autore di “FoodEconomy” (Marsilio editori).

 

I prodotti classici sono un rifugio sicuro, ma rappresentano forza e debolezza del gruppo. “Non seguire la retorica della moda del momento è un vanto ma può andare a detrimento dell’innovazione di prodotto e quindi limitare la conquista di nuovi mercati: i gusti dei bambini non sono sempre quelli di una volta”, dice Mirko Nesurini, ad della multinazionale di consulenza Gwh Brand Consultancy. Operazione ardita è stata il semifreddo Grand Soleil: dopo sei anni di test commerciali, costose campagne pubblicitarie per prepapare il cliente alla novità (il jingle è stato un tormentone estivo), il prodotto è stato ritirato dal mercato causa insuccesso di pubblico. Un’idea commerciale, immortale, resta invece quella del patron Michele: offrire prodotti nel formato perfetto per essere esposti accanto alla cassa dei supermercati; a vista di bambino, una prova di pazienza per le mamme. Twitter @Al_Brambilla

Michele Ferrero insieme ai figli Giovanni (a sinistra) e Pietro (a destra)Michele Ferrero insieme ai figli Giovanni (a sinistra) e Pietro (a destra)

 

 

2. COSA INSEGNA (A TUTTI GLI IMPRENDITORI) LA STORIA DI FERRERO

Stefano Cingolani per “il Foglio

 

Michele Ferrero, scomparso sabato all’età di novant’anni, era un campione assoluto del capitalismo e non solo di quello italiano. Uno degli ultimi grandi che hanno ricostruito l’Italia dopo la guerra e l’hanno trasformata nel decimo paese industriale del mondo.

 

PIETRO E MICHELE FERREROPIETRO E MICHELE FERRERO

Dopo di loro, dopo quelli che furono i leoni, i gattopardi, non ci sono le iene come voleva l’aristocratico pessimismo di Tomasi di Lampedusa, ma certo c’è una fauna diversa che si trova a sopravvivere in una foresta più grande, più intricata, piena di piante e animali esotici, per lo più sconosciuti. Anche la Ferrero, che pure in questi anni ha superato brillantemente la Grande recessione, si è trovata di fronte al dilemma se lasciare i noccioleti albesi, per impugnare il machete e aprirsi un sentiero tra le liane.

 

L’occasione si è presentata cinque anni fa con Cadbury seconda al mondo nei dolciumi dopo Mars: si trattava di lanciare un’offerta d’acquisto del gruppo inglese, insieme all’americana Hershey, sfidando il colosso Kraft. La Ferrero si sarebbe indebitata, ma sarebbe entrata nell’Olimpo, con tutti i rischi, soprattutto quello di perdere il controllo.

Michele FerreroMichele Ferrero

 

La famiglia si è divisa per la prima volta su strategie di fondo, da una parte i figli dall’altra il patriarca (con la mamma Maria Franca a fare da paciere). Alla fine ha vinto il fondatore al quale nessuno poteva dire di no, e la scalata al re del cioccolato anglosassone è abortita. Della leggenda di Michele Ferrero fanno parte le radici locali, così come il sospetto che lo ha sempre tenuto lontano dalla Borsa e la gestione personale di un gruppo che, con 8 miliardi di fatturato, ha una dimensione mondiale. La famiglia è tra le più ricche d’Italia, il marchio (e non solo grazie a Nutella) è tra i più apprezzati al mondo e tuttavia la Ferrero, se messa a confronto con i veri colossi, resta una multinazionale tascabile.

 

Michele Ferrero insieme ai figli Giovanni (a sinistra) e Pietro (a destra)Michele Ferrero insieme ai figli Giovanni (a sinistra) e Pietro (a destra)

I suoi punti di forza (il solido controllo proprietario, il mitico riserbo, la buona gestione, i pochi debiti, l’ingegnosità nel trattare un materiale di per sé semplice, povero persino) rischiano di trasformarsi in punti di debolezza se, un po’ come avviene nelle sue fabbriche di cioccolato, viene a mancare uno soltanto dei fantastici ingredienti. Anche in questo campo l’innovazione non si può fermare e richiede ingenti risorse, per non parlare della pubblicità, del marketing, della distribuzione, tutto quello che oggi rappresenta la parte principale in una industria moderna.

 

Michele si era ritirato a Montecarlo, ma voleva che la testa e il corpo principale restassero a Alba. Era il patron che stava negli impianti insieme agli operai, sceglieva di persona chimici e venditori, curava ogni dettaglio, assaggiava ogni prodotto e trovava gli espedienti più fantasiosi per testarlo sul mercato (come il supermarket individuato addirittura in Lussemburgo dove si concentravano i gusti del consumatore medio europeo).

La famiglia Ferrero Il fratello Giovanni il padre Michele la madre Maria Franca la vedova Luisa La famiglia Ferrero Il fratello Giovanni il padre Michele la madre Maria Franca la vedova Luisa

 

Tra le sue battute da antologia c’è “mi raccomando pochi laureati, pì a studiu pì ven stupid”, una massima alla quale ha tenuto fede restando ragioniere e rifiutando le lauree ad honorem sparse a man bassa da università affamate di quattrini. Parco e misurato, ha sposato la segretaria, ha costruito un rapporto paternalistico con i dipendenti (come tanti della sua generazione) e non si è sottratto nemmeno a un altro stereotipo: quello di esportare i capitali.

 

Molto religioso e devoto alla Madonna di Lourdes, conservatore in politica (“il socialismo lo faccio io”, diceva) corteggiato persino dagli Agnelli, amico di Berlusconi (senza condividere il suo ingresso in politica), ha lasciato le redini operative ai due figli, Pietro e Giovanni quando ormai era chiaro che la sua salute non gli consentiva di operare (una malattia agli occhi lo aveva reso quasi cieco).

Francobollo Nutella Francobollo Nutella

 

Nel 2011 Pietro è morto d’infarto in Sudafrica e per Michele è stato un colpo di maglio. Adesso la successione è nelle mani di Giovanni, 51 anni, in azienda da sempre. Nella storia del capitalismo è successo molto raramente che, scomparso l’imprenditore-innovatore, l’archetipo schumpeteriano, tutto sia rimasto come prima. E anche l’Italia familista non sfugge alla regola. Una volta i tempi di reazione erano più lenti, impiegavano spesso un’intera generazione. Oggi, il turbocapitalismo è in grado di aspettare?