DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Luigi Dell’Olio per “la Repubblica – Affari & Finanza”
Il passaggio di proprietà del Milan a Redbird Capital Partners per 1,2 miliardi di euro e quello di Biofarma (integratori alimentari) ai francesi di Ardian per 1,1 miliardi. Sono due dei megadeal che hanno consentito all'Italia di raggiungere la vetta nell'Unione europea per operazioni di m&a.
Un risultato mai raggiunto in precedenza, che dimostra la grande attenzione degli investitori - nazionali e internazionali - per il nostro Paese. Due le ragioni: il peso sul risultato della prima metà d'anno di un'operazione di portata straordinaria come l'Opa da 12,7 miliardi di euro su Atlantia da parte di Schemaquarantatre, società veicolo del fondo Blackstone e della holding dei Benetton, Edizione, finalizzata a delistare la società; il mutato atteggiamento da parte delle banche centrali, con il rialzo dei tassi che peserà sui costi di finanziamento delle operazioni. Due fattori che, peraltro, non coinvolgono solo il nostro Paese.
Secondo una ricerca realizzata dallo studio legale Allen & Overy, che questo giornale pubblica in esclusiva, nella prima metà di quest' anno nel mondo sono state annunciate operazioni di m&a per 2.166 miliardi di dollari, in calo del 21% rispetto al primo semestre del 2021, mentre la contrazione in numero di deal è stata nell'ordine del 17%.
Una diminuzione che si spiega con la crescente incertezza geopolitica dovuta al persistere di un'inflazione elevata e all'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, mentre prosegue la pandemia di Covid- 19, per quanto con minori restrizioni rispetto al passato.
A zavorrare le operazioni sono stati gli Usa (-28% valore e -22% volumi), che comunque restano al vertice del mercato, grazie soprattutto a grandi operazioni come l'acquisizione di Activision Blizzard (colosso del gaming) da parte di Microsoft per quasi 70 miliardi e di VMware da parte di Broadcom per 61 miliardii, mentre l'Europa si è difesa (-4% per valore e -8% per numero di operazioni).
In questo scenario l'Italia si è mossa controtendenza, con operazioni per 81 miliardi di dollari (+180% rispetto al primo semestre 2021), che valgono il primato nell'Ue e il secondo posto del Vecchio Continente dopo la Gran Bretagna, che da sempre viaggia su altri livelli ed è arrivata a quota 128 miliardi.
Tra i deal italiani di maggior valore, oltre a quelli già citati, vanno segnalati il trasferimento attività On-Highway di Cnh Industrial Nv a Iveco Group Nv, parte delle operazioni di scissione di Iveco da Cnh; l'acquisizione di un portafoglio di 68 immobili di Fondazione Enpam da parte di Apollo Gloval Management; il passaggio della maggioranza di Affidea (diagnostica per immagini) al Groupe Bruxelles Lambert.
rilocalizzazione made in italy
Se si guarda invece al numero di operazioni, sono state 594 contro 619 del primo semestre 2021. «Oltre ad alcuni affari di grande portata e difficilmente ripetibili, il dato italiano beneficia della ritrovata fiducia degli investitori verso l'Italia, grazie all'ottima risposta alla pandemia, all'arrivo dei fondi del Pnrr, all'inflazione più bassa della media europea, nonché alla credibilità del governo» in carica fino ai giorni scorsi, commenta Paolo Ghiglione, partner di Allen & Overy.
«La crisi politica - aggiunge - potrebbe seriamente compromettere un quadro fino a oggi estremamente positivo». La ricerca segnala un grande dinamismo a livello globale del Real estate e una conferma su livelli elevati di energia e infrastrutture.
«Quanto all'immobiliare, che ha sviluppato deal per 235 miliardi, soprattutto tra Usa ed Europa, ha inciso una forte ripresa della fiducia nel settore, anche se nella seconda parte dell'anno potremmo vedere un rallentamento a causa di inflazione e aumento dei tassi », commenta Ghiglione. Le politiche monetarie restrittive potrebbero raffreddare l'intero settore dell'm&a nei trimestri a venire. Anche se per l'esperto l'orizzonte resta positivo, dato che i fondi di private equity, che nel primo semestre hanno inciso per il 26% delle operazioni, sono pieni di liquidità raccolta nel passato.
Quanto alle infrastrutture, si tratta di business spesso legati a tariffe decise dai regolatori proprio alla luce dell'andamento del carovita, per cui meno influenzati dall'inflazione. «In questo comparto sta cambiando il profilo degli investitori: fino a qualche anno fa il mercato era dominato da investitori istituzionali e fondi pensione, mentre ora sono presenti anche operatori industriali interessati in alcuni casi ad asset tradizionali, come strade, aeroporti e torri di telecomunicazione, in altri a data center, reti di fibra ottica, ospedali e stadi».
Tra le tendenze destinate a rafforzarsi, lo studio segnala la crescita del credito non bancario, «che potrà aiutare a stabilizzare il mercato se dovesse diventare più costoso rivolgersi al credito bancario tradizionale», sottolinea Ghiglione. «La maggior parte dei deal resta comunque appannaggio delle corporate, che hanno dimostrato nel corso degli anni di essere meno legate alle condizioni di finanziamento. L'Italia da anni non è più solo terra di conquista, ma al contrario di conquistatori. Lo vediamo con gruppi come Eni, Prysmian e Campari, ma anche con imprese di medie dimensioni, che stanno imparando con successo a diventare globali».
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