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Leonardo Martinelli per “la Stampa”
Acquisizione della tedesca Opel da parte dei francesi di Psa? Avanti tutta. Ieri il via libera all' operazione è arrivato direttamente dai rispettivi governi. A Parigi Michel Sapin, ministro dell' Economia, e la sua omologa di Berlino, Brigitte Zypries, lo hanno ribadito: «Abbiamo un' assoluta uguaglianza di vedute». Per poi sottolineare, in una dichiarazione comune, che, «nell' interesse degli occupati, si deve fare al più presto chiarezza sulle prospettive di sviluppo delle due società».
Secondo Sapin, mantenere l' identità germanica di Opel (controllata, però, al pari del suo marchio inglese Vauxhall, dalla General Motors) fa bene anche a Psa, che «ha bisogno della qualità tedesca». Carlos Tavares, amministratore delegato di Psa (che detiene Peugeot, Citroën e DS) ha rincarato la dose: «Certi consumatori non prendono proprio in considerazione i marchi francesi - ha detto -, ma si interessano ai tedeschi, favoriti dalla fama di quelli di alta gamma della Germania». Ha invocato enfaticamente (alla francese) «la creazione di un campione europeo dell' auto». Psa porterà in dotazione il 10% di quota del mercato del Vecchio continente e Opel il 6,6.
Certo, qualche dubbio resta su questa megaoperazione. Tanti analisti del settore puntano il dito sulla sovrapposizione del tipo di modelli dei due gruppi e dei mercati dove sono più presenti (troppo in Europa, in ogni caso): non appaiono proprio complementari. Anche i sindacati in Francia, nel Regno Unito (dove Opel ha una forte presenza) e soprattutto in Germania avanzano timori che la fusione e le sinergie previste di almeno due miliardi di euro portino a tagli di posti di lavoro e alla chiusura di impianti (tanto più che la massa salariale rappresenta il 15% del fatturato per Opel contro ormai il 10% di Psa, dopo la cura dimagrante realizzata proprio da Tavares, abilissimo cost killer).
Anche su questo, comunque, il presidente di Psa si è voluto rassicurante: «Rispetteremo gli accordi firmati da Gm per Opel in Germania con i sindacati». Questi prevedono: niente licenziamenti entro fine 2018 e investimenti nei siti produttivi fino al 2020. «Certo, qualche miglioramento sarà necessario - ha aggiunto -, altrimenti Opel non si ritroverebbe nella situazione attuale». Come dire, alle spalle sedici bilanci annui costantemente in deficit.
Intanto ieri Psa ha pubblicato i conti del 2016. Ebbene, l' utile netto è salito a 1,7 miliardi, +92% rispetto al 2015. Il margine operativo della divisione auto è lievitato al 6%. Il gruppo, che quattro anni fa perdeva quattro milioni di euro al giorno, ha visto il cash flow raggiungere al 31 dicembre scorso quota 6,8 miliardi (2,7 in più rispetto a un anno prima): ce n' è abbondantemente per assicurare l' acquisizione di Opel, che è stimata a tre miliardi.
E dire che nel 2014 la casa automobilistica era scivolata sull' orlo della bancarotta, salvata solo dall' entrata nel capitale, accanto alla famiglia Peugeot, dei cinesi di Dongfeng e dello Stato francese. Il fatturato, comunque, nel 2016 è calato dell' 1,2% (a 54 miliardi di euro). A tassi di cambio costanti si è registrato un aumento del 2,1%, ma inglobando le vendite delle controllate in Iran. E poi c' è quel dato cinese che preoccupa e non poco (-16%). Sì, Tavares è un bravo cost killer. Molto meno a vendere più auto.
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