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Claudio Del Frate per Il "Corriere della Sera"
«Il processo contro di me non è cominciato in quest’aula. È cominciato il giorno stesso in cui sono stato nominato presidente di Finmeccanica». Anche per Giuseppe Orsi è venuto il momento di fare dichiarazioni pubbliche. Ha scelto l’ultima udienza del processo che a Busto Arsizio lo vede imputato di corruzione internazionale per la vendita di 12 elicotteri Agusta all’India.
GUARGUAGLINI E LORENZO BORGOGNI
L’ex manager di Stato ha fatto dichiarazioni spontanee prima che il pm Eugenio Fusco iniziasse la sua requisitoria e ha inquadrato la disavventura giudiziaria che lo ha investito nella cornice di una «guerra per bande» dentro Finmeccanica. «Quando sono approdato al vertice del gruppo — ha raccontato in aula — ho rimosso sacche di malaffare e rapporti clientelari. Chi voleva lo status quo non me l’ha perdonata. Subito è partita un’inchiesta interna occulta contro di me, una vera caccia alla mia vita, un’attività di dossieraggio fatta da un ex generale dei carabinieri amico del mio predecessore (Francesco Guarguaglini, ndr)».
PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI GIUSEPPE ORSI
Orsi mette al centro di questa manovra il suo nemico numero uno all’interno di Finmeccanica, l’ex responsabile delle relazioni esterne Lorenzo Borgogni, che è stato anche il suo principale accusatore nell’inchiesta. «Dalla massa di falsità fatte circolare da Borgogni è scaturito anche il processo per la vendita degli elicotteri all’India».
L’ex numero uno di Finmeccanica nega di aver mai pagato alcun funzionario pubblico, ma nel suo sfogo ci tiene a smentire con decisione un’altra accusa piovutagli addosso: «È pura invenzione che io abbia pagato un partito politico per ringraziarlo della mia nomina, è un’ipotesi grottesca e calunniosa». Il riferimento è al presunto finanziamento di 10 milioni che, secondo Borgogni, Orsi avrebbe fatto arrivare alla Lega Nord, accusa che fino a oggi non ha preso corpo all’interno del processo.
Come detto, ieri è iniziata anche la requisitoria del pm Fusco, che invece tiene ferma la sua tesi in base alla quale, per garantirsi l’affare da 560 milioni di euro con l’India, Finmeccanica avrebbe fatto giungere a funzionari pubblici indiani tangenti per 50 milioni di euro. La richiesta di condanna è prevista nell’udienza di domani.
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