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Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"
Pier Carlo Padoan si appresta a indossare i panni del Grande fratello: il titolare dell’Economia avrà mani libere sui conti e sui movimenti di denaro di tutti i ministri. E pure del premier Matteo Renzi. Non solo: per mantenere un conto in banca, d’ora in avanti i ministeri dovranno fornire a via Venti Settembre specifiche giustificazioni, in assenza delle quali dovranno trasferire i saldi in conti di tesoreria e dire addio agli istituti di credito; adeguate motivazioni vanno messe nero su bianco per aprire un nuovo conto.
E in ogni caso, scatta l’obbligo di rendicontazione trimestrale di tutti i movimenti finanziari sui depositi bancari, sia in entrata sia in uscita. Il Tesoro, in questo modo, probabilmente anche nell’ottica di una razionalizzazione del bilancio statale, terrà sotto controllo acquisti e spese di ciascun dicastero. Obbligati pure a girare al ministero dell’Economia gli eventuali interessi maturati sulle somme in giacenza.
Tutto questo grazie a una norma inserita nella riforma della contabilità pubblica approvata ad agosto (quella che, tra altro, ha trasformato la legge di stabilità in legge di bilancio) e resa operativa da una circolare della Ragioneria generale del 5 ottobre.
La circolare è firmata dal Ragioniere Daniele Franco, ex alto dirigente della Banca d’Italia, l’organismo che gestisce i conti di tesoreria delle amministrazioni pubbliche. E per una singolare coincidenza il provvedimento, di fatto, farà confluire proprio nei forzieri di via Nazionale una buona fetta dei 64 miliardi di euro di liquidità di ministeri ed enti statali.
Il giro di vite esclude il Quirinale, la Corte costituzionale, Camera, Senato, Cnel, Consiglio superiore della magistratura, Consiglio di Stato, Corte dei conti e Consiglio superiore della difesa. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è dunque al riparo dalle spiate del Tesoro, ma tutti i membri del governo nonché le varie articolazioni ministeriali non si salvano.
Alla base della scelta ci sono anche ragioni tecniche legate alle innovazioni tecnologiche come la «dematerializzazione ormai completata dei titoli di pagamento» che «rendono superate giustificazioni che in precedenza hanno costituito ragioni di opportunità per acconsentire all’apertura dei conti bancari o postali» si legge nella circolare ministeriale.
Il passaggio più significativo della stretta è la «trasmissione trimestrale dei dati finanziari relativi alle gestioni». Padoan, in buona sostanza, potrà spiare - tanto per fare esempi - i colleghi Angelino Alfano (Interno), Paolo Gentiloni (Esteri), Carlo Calenda (Sviluppo economico), Stefania Giannini (Istruzione), E anche l’inquilino di palazzo Chigi. Ogni tre mesi, dai singoli dicasteri deve partire la «rendicontazione delle entrate e delle spese e la variazione delle giacenze relative a conti bancari e postali». Una invasione di campo forse non gradita a tutti.
In ballo, come accennato, ci sono 64 miliardi oggi depositati dalle amministrazioni centrali dello Stato in banca. Ragion per cui, la novità potrebbe cagionare qualche problema al sistema bancario italiano, già alle prese con una lunga lista di difficoltà.
THE ECONOMIST SULLE BANCHE ITALIANE
Del resto, nonostante le super iniezioni di liquidità favorite dal quantitative easing della Bce, la sottrazione improvvisa di qualche miliardo può dare fastidio. Fra gli addetti ai lavori, c’è pure chi legge la fuga dello Stato dagli istituti come una soluzione per mettere al riparo le finanze pubbliche da eventuali fallimenti bancari: in caso di crac traumatici, i buchi nei conti degli istituti, come stabilito dal bail in, si coprono anche aggredendo i conti correnti. Di qui una sorta di scudo escogitato dalla Ragioneria.
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