DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
La Bundesbank o la City di Londra o il governo possono avere idee diverse sul malessere che corre fra le banche italiane. Su un punto però saranno d' accordo: oggi non c' è in Europa una grande azienda che abbia prestato denaro più avventatamente del Monte dei Paschi di Siena.
Quasi un euro ogni quattro rischia di non tornare indietro o di non farlo in tempo e per intero. L' interferenza dei partiti, la rete delle clientele fra notabili, affaristi e grandi elettori, le ambizioni dei manager e dei politici sono sfociate in un portafoglio di crediti in pericolo da 47 miliardi di euro.
Ma avvicinatevi alla conca di Piazza del Campo, e un dettaglio apparirà in una luce diversa. È una molecola del bilancio della banca e sfugge agli analisti abituati a lavorare sui grandi numeri. Non per questo è senza importanza, per ciò che rivela su quanto non ha funzionato e perché tutto potrebbe andare meglio, qui e altrove.
Fra i clienti del Monte dei Paschi si trova una sola categoria che negli anni si è dimostrata affidabile come la Germania o gli Stati Uniti: debitori da «tripla A», quelli dei quali è certo che onoreranno sempre gli impegni fino all' ultimo cent. Non hanno mai tradito e presumibilmente non tradiranno mai: le contrade.
Le diciassette contrade di Siena - dall' Oca al Drago, dall' Aquila al Nicchio - la cui attività nota al resto del mondo è il Palio che si corre ogni anno a inizio di luglio e a metà agosto. Che siate animalisti infuriati per il trattamento dei cavalli o difensori di questa tradizione secolare, su un punto potete star certi: con le contrade, Montepaschi non ha mai perso un euro di credito.
Non sarebbe scontato. A differenza di migliaia di imprese che non rimborseranno mai la banca, le contrade sono «associazioni storiche» e non società scopo di lucro. Soprattutto, in modo apparentemente irrazionale, in certi momenti sono inclini ad assumere impegni finanziari che, visti da fuori, sembra non siano in grado di controllare.
Seguite la scena a ogni Palio nei minuti che passano prima che il decimo cavallo entri di ricorsa nei canapi e il mossiere faccia partire la gara. I fantini si parlano in modo furtivo e frenetico. Scambiano occhiate o gesti con i capitani, i leader di contrada nei giorni del Palio. Stanno trattando e gestiscono un budget. Sono concentrati contemporaneamente su una prestazione sportiva, su un reticolo di transazioni finanziarie e di rapporti sociali con una storia ed un futuro.
MONTE PASCHI DI SIENA BY VINCINO
Promettono decine o centinaia di migliaia di euro a chi li aiuterà a correre in testa o a ostacolare una rivale. Chiedono o offrono collaborazione in cambio di crediti che scambieranno nei prossimi anni.
Quei minuti fanno sì che vincere per una contrada comporti subito dopo un esborso fra il mezzo milione a più di un milione, dopo giornate di contatti preliminari fra diplomazie di quartiere. Solo per il fantino vincente il guadagno può variare fra i centomila e (secondo alcuni) i quattrocentomila euro. Il primo atto del leader di una contrada il giorno dopo una vittoria spesso è chiedere un prestito, per lo più al Monte dei Paschi.
«Non c' è una regola e non ci sono somme di riferimento» si limita a dire Gabriele Gragnoli, capitano e priore della Lupa che ha vinto il due luglio scorso dopo 27 anni. Gli avversari suggeriscono che la Lupa fosse così assetata di un successo da essersi spinta in là con gli investimenti.
Gragnoli non lo conferma, ma non sarebbe l' unica. Un' analisi delle vittorie nei 54 Palii dalla caduta del Muro di Berlino suggerisce che al successo concorrono fortuna e abilità, ma anche il potere finanziario non è indifferente. Ha vinto più spesso di ogni altra la Tartuca (sei volte), una contrada che ha una popolazione molto più ampia della media e dunque un largo numero di «protettori» e sottoscrittori: i contribuenti su base volontaria di ciascuna delle 17 associazioni.
Ciò aiuta a ingaggiare un fantino più quotato o a concludere più accordi di non belligeranza. Soprattutto, per vincere è importante non avere come rivale una contrada grande, disposta anche a pagare perché qualcuno vi tagli fuori: la Chiocciola ha vinto una volta nelle ultime 54 perché avversata dalla Tartuca, la Lupa una perché rivale dell' Istrice (circa 4.400 «protettori»).
Resta da capire come sia possibile. Perché queste strane associazioni non fanno mai default? È vero che ad ogni fantino viene affidato un budget preciso in base alle promesse di sottoscrizione dei contradaioli di caso di vittoria. Poi però serve la finanza-ponte della banca ed è qui che entra in gioco la ricetta che (in questo caso) salva Mps: democrazia efficiente e capitale sociale. Ogni contrada è regolata dalla legge elettorale forse più capace al mondo per vincolare nella trasparenza eletti ed elettori.
L' assemblea dei «protettori» di contrada elegge una commissione che redige una proposta di «seggio» o governo e la sottopone di nuovo all' assemblea. Quest' ultima l' approva per «cancellature» (gli elettori di base possono cancellare dalla lista i nomi sgraditi) e poi tutti i dirigenti sono sfiduciabili dalla base in ogni momento.
Fare default sulla banca significherebbe rompere un legame di fiducia all' interno di ogni contrada e fra contrade, che distruggerebbe in futuro la credibilità di chi si macchia di questa onta. Nessuno più tratterà con lui e vincere un Palio diventerà più difficile.
Deve pur avere qualcosa a che fare con questa democrazia parallela, e il capitale sociale che genera, il fatto che Siena sia seconda in Italia per donazioni di sangue e abbia ha un tasso di criminalità del 35% al di sotto della media toscana.
Se solo avesse funzionato così anche l' altra politica, quella fuori dalle contrade: forse oggi anche Mps starebbe meglio.
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