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Andrea Greco per Repubblica
Giovanni Perissinotto non ci sta. Rifiuta le dimissioni che Mediobanca e i soci privati di Generali gli hanno consigliato, vuole andare alla conta nel cda di sabato convocato per sfiduciarlo. Soprattutto, si difende inviando una lettera di fuoco ai consiglieri dell'assicuratore triestino.
Un documento di grande interesse, perché per una volta le cose sono scritte in trasparenza, e un protagonista dell'ultimo decennio del capitalismo nostrano, seppur a poche ore dalla sua possibile uscita, fa chiarezza di molti anni di frizioni con Mediobanca, il primo socio storico, che tante volte è stato descritto come un nano che porta al guinzaglio un gigante.
In tre pagine di missiva, il manager friulano si dice incredulo per la convocazione del cda straordinario contro di lui, contesta con forza i "diritti speciali" che la banca d'affari fondata da Enrico Cuccia ritiene di avere "sul destino di questo gruppo", si difende dalle accuse di scarsa performance della sua azione, "che condivido, ma che è legato alla nostra storica esposizione sul debito italiano".
Contesta, poi, l'atteggiamento "del socio di riferimento, che ha ostacolato i vari tentativi del management Generali di diversificare il nostro rischio nelle aree del mondo a maggior crescita, alla luce della sua evidente indisponibilità a ricapitalizzarci".
Infine, Perissinotto mette il dito nella piaga, dopo mesi di rumours maligni: la tentata fusione tra Unipol e Fonsai, concorrenti di Generali, con la regia fattiva di Mediobanca. "E' chiaro che l'indipendenza del mio management ha provocato un irrazionale sospetto da parte del management Mediobanca, è evidente che l'errata convinzione che io abbia in qualche modo aiutato, o più precisamente non abbia esercitato la mia influenza per evitare transazioni che minacciano interessi vitali per Mediobanca, sia all'origine della mozione di sfiducia mossami quale ad di Generali".
Il riferimento è al ruolo di investitore del Leone nel fondo Palladio, che con Sator di Matteo Arpe ha formulato un'offerta alternativa a quella di Unipol, ostacolata da Mediobanca e Unicredit, grandi creditori dei Ligresti.
Concludendo, Perissinotto annuncia che "non ho alcuna intenzione di dimettermi, e faccio notare che qualsiasi mossa in grado di destabilizzare la più grande istituzione finanziaria del paese sarebbe quantomeno inappropriata".
 ALBERTO NAGEL
ALBERTO NAGEL  Giovanni Perissinotto
Giovanni Perissinotto  DEL VECCHIO
DEL VECCHIO  Giovanni Perissinotto
Giovanni Perissinotto  LORENZO PELLICCIOLI
LORENZO PELLICCIOLI LETTERA DI GIOVANNI PERISSINOTTO AI CONSIGLIERI GENERALI DI
LETTERA DI GIOVANNI PERISSINOTTO AI CONSIGLIERI GENERALI DI 
         
						
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