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Andrea Frollà per “Affari & Finanza - la Repubblica”
Della salita fulminea dei Bitcoin nell' interesse collettivo, e del ruolo che hanno assunto come asset di investimento, sono stati scritti fiumi di parole. Tutti sanno che chi ha investito qualche anno fa comprando la criptovaluta, che da metà aprile viaggia stabilmente oltre quota 1.200 dollari, oggi si sfrega le mani. C' è però un aspetto che nel tempo è spesso rimasto ai margini delle cronache sulla e-money più famosa del pianeta, ossia il suo utilizzo come strumento di pagamento.
Non proprio un elemento secondario per una moneta. Il riferimento alla funzione di pagamento appare nelle prime righe del protocollo del 2008 che regola il funzionamento del sistema Bitcoin. Tuttavia, a distanza di otto anni dalla prima moneta emessa, la criptovaluta non è riuscita a trovare la quadra su questo fronte, conquistando più spazio fra gli investitori che fra consumatori e venditori.
Molti portali online, come lo store di Microsoft o Expedia, accettano oggi pagamenti in Bitcoin, ma i numeri delle transazioni effettive sono difficili da reperire. Prendendo in esame il canale tradizionale, risulta invece evidente che, almeno in Italia, i Bitcoin non siano riusciti a sfondare.
Contattando gli esercizi commerciali che, secondo il portale CoinMap e l' app Bitcoin Map, accettano la moneta digitale (poco più di 100 in Italia sui novemila sparsi nel mondo), le risposte sono molto variegate, ma tutte tendenti al flop. C' è chi appena sente il termine Bitcoin dice di non essere interessato a nulla, scambiandoci per degli addetti al telemarketing.
Molti ammettono di aver iniziato ad accettarli e di aver mollato dopo poco a causa dell' assenza di utilizzo da parte dei clienti. Pochi dichiarano di aver effettuato transazioni in Bitcoin, con valori che spaziano dall' irrisorio al migliaio di euro in 3-4 anni. Nessuno racconta di un' impennata del giro d' affari. Forse andrà meglio al gruppo Barletta Costruzioni, che da aprile permette di pagare in Bitcoin gli appartamenti di un nuovo complesso situato a Roma. Chissà.
Le esperienze brevi sono le più numerose. Come quella di Riccardo Politi, che gestisce il Tennis club Voghera: «Ci avranno pagato sì e no 3 conti del ristorante, quindi abbiamo deciso di sganciarci dal servizio». O quella di Domenico Mancuso, che ha spinto la madre, proprietaria dell' hotel Robinson a Roma, ad accettare Bitcoin per il pagamento delle stanze. «Non abbiamo capito bene come gestire la fatturazione delle transazioni e quindi abbiamo rinunciato. Comunque nessun cliente ci aveva mai chiesto di pagare in Bitcoin».
In realtà quello della fatturazione non è un ostacolo insormontabile, anzi. I commercianti possono farsi pagare in Bitcoin e mantenerli nel proprio portafoglio specifico, accettando il fattore volatilità, oppure convertirli in euro tramite degli appositi circuiti. In entrambi i casi è sufficiente battere lo scontrino in euro. Come fa Roberto Malanca, uno dei pochi commercianti che è riuscito a gestire un numero di transazioni superiore alla media.
Il proprietario di Ulalà, negozio di Torino che vende articoli da regalo, prodotti per la casa e altro ancora, accetta i Bitcoin da ormai tre anni. «Non conoscevo e non conosco tuttora i meccanismi che li governano. Mi è semplicemente sembrata un' opportunità di vendita in più, a costo zero », racconta il commerciante. Il suo negozio conta circa una trentina di clienti che pagano regolarmente in Bitcoin, per un ammontare che oscilla fra 200 e 300 euro ogni anno. «Non ti cambiano la vita, ma sono pur sempre incassi che altrimenti forse non avrei».
I clienti Bitcoin di David Casatta, proprietario del negozio di elettronica Pegaso Team a San Donato, vicino Milano, si contano invece sulle dita di una mano e in quattro anni hanno comprato componenti e accessori per circa un migliaio di euro. «Non è uno strumento molto diffuso», ammette Casatta, che segue i passi dei Bitcoin fin dalla loro nascita. Fino a qualche anno fa lui e il fratello Riccardo, che oggi guida la startup blockchain Eternity Wall, erano parte attiva della comunità dei cosiddetti "miner", cioè di coloro che verificano le transazioni peer-to-peer e gestiscono l' emissione della moneta. Entrambi hanno smesso perché servono computer che costano sempre più e consumano molta energia.
Se quei pochi commercianti che sono stati pagati con la criptovaluta hanno incassato qualche centinaio di euro nel corso degli anni, probabilmente Patrizio Fesio, titolare di un autosalone in provincia di Padova che vende veicoli d' epoca e di lusso, in una volta ha transato più di tutti loro messi in insieme. «Nel 2014 sono stato contattato dall' estero da un potenziale acquirente, che però voleva pagare in Bitcoin. Sono andato in banca per chiedere come potessi fare, ma ne sapevano quanto me cioè nulla», racconta.
«Per fortuna ho trovato un consulente informatico, a cui ho spiegato che mi interessava solo incassare in euro e che mi ha aiutato a chiudere l' operazione. Non volevo problemi insormontabili né finire in chissà quali giri strani». Non rivela la cifra dell' affare, ma scorrendo il suo catalogo è facile ipotizzare una vendita da diverse migliaia di euro, forse anche nell' ordine di qualche decina.
Le risposte degli esercizi commerciali e il loro sentiment aiutano a capire quanto i Bitcoin fatichino a superare il muro della diffidenza. I dubbi sono dettati da diversi fattori: la comprensione non proprio immediata del sistema che regge la moneta, i diversi sbalzi del prezzo, l' assenza di un inquadramento regolatorio e il sensazionalismo, condito in alcuni casi dai falsi miti, che ha spesso accompagnato i Bitcoin sui media. Non c' è insomma da stupirsi se non siano riusciti a fare breccia nei negozi in mattone e cemento.
E un limite tecnico fa pensare che difficilmente accadrà a breve. «I Bitcoin non sono ancora monete performanti per il canale tradizionale, perché oggi la validazione di una transazione richiede circa 10 minuti. Nessuno aspetterebbe così tanto tempo in cassa», spiega Guido Baroncini Turricchia, ceo di Helperbit, società specializzata in sistemi P2P e blockchain.
«Diverso è comprare online un biglietto aereo o un capo di abbigliamento: 10 minuti in più o in meno per la conferma non fanno la differenza. Non a caso il vero utilizzo è sul web e non è legato solo all' e-commerce. È possibile trasferire denaro al tuo vicino di casa o da una parte all' altra parte del mondo in pochi secondi, con commissioni che non arrivano a un euro. E si possono utilizzare i Bitcoin come asset di investimento, con tutti i rischi connessi».
Non è possibile sapere con precisione il numero e il valore dei portafogli Bitcoin in Italia, anche se una stima vicina ai 15mila utenti oggi viene considerata credibile dagli addetti al settore.
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