DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
1. MARCEGAGLIA DIFENDE BOCCIA
Occhio di Lince per Lettera 43
Cari e affezionati lettori, ce l’ho fatta. Giovedì 23 marzo, cercando di non dare nell’Occhio (pardon, visto che sono io Occhio dovrei cambiare metafora), sono riuscito a introdurmi nella mitica sala Pininfarina di viale dell’Astronomia, dove Confindustria teneva il Consiglio generale, suo sommo concistoro.
MOMENTI ESILARANTI IN CONSIGLIO
Beh, vi devo dire che ci sono stati dei momenti in cui mi sono sinceramente divertito. Il più esilarante quando Michelangelo Agrusti, presidente degli Industriali di Pordenone, ha fatto sentire agli astanti un pezzo della Zanzara, la fortunata trasmissione di Radio 24, in cui un ascoltatore insultava Sergio Mattarella come emblema dei politici sanguisuga. Il problema, però, non stava tanto nello sfogo anti-Casta, quanto nel fatto che il conduttore Giuseppe Cruciani non si fosse speso sdegnato a difesa della nostra somma istituzione.
VERSO UN PIANO LACRIME E SANGUE
Morale, ne è venuto fuori un pieno. Il Quirinale ha tuonato e il Sole 24 Ore, come ha prontamente informato il suo presidente Giorgio Fossa per placare l’inorridito brusio nella sala, ha porto doverose e deferenti scuse. Ma mi sono anche sinceramente divertito per altre cose. Come forse sapete, cari lettori, il tema del Consiglio era fare il punto sulla situazione del quotidiano rosa, atteso da un aumento di capitale robusto per corroborare un piano industriale che promette (per ora sulla carta) lacrime sangue.
IL SOLE 24 ORE
Sul tema si è svolto un surreale teatrino dell’assurdo, che a me che ho l’occhio lungo ha lasciato perplesso. Tutti plaudevano festanti alla bontà di un piano che ancora il giorno prima era stato respinto (e non è la prima volta) dalle banche che dovrebbero finanziarlo. Lì per lì, d’impeto, avrei voluto intervenire. Avrei voluto alzare la mano e dire: «Signori, ma che festeggiate a fare se le banche vi hanno chiuso la porta in faccia?». Ovvio che invece me ne sono stato zitto e schiscio, ci mancava che scoprissero il vostro Occhio e lo denunciassero per violazione di proprietà privata.
MARCEGAGLIA A DIFESA DI BOCCIA
Ah, tra l’altro una cosa che mi ha colpito è stato l’intervento di Emma Marcegaglia che ha difeso Vincenzo Boccia a spada tratta. Un ritorno, visto che in questi mesi aveva preso le distanze. «L’unico presidente di Confindustria», l'ha definito il 23 marzo, «che sta affrontando la questione Sole senza paura di intraprendere azioni che facciano perdere consenso». Così dandosi anche un po’ la zappa sui piedi, visto che lei regnante a viale dell’Astronomia nominò Donatella Treu amministratore delegato del Sole e Gianni Riotta direttore.
UNA SALA TRABOCCANTE DI SPERANZA
A questo punto ho lasciato una sala Pininfarina traboccante di speranza sulle radiose sorti del suo prestigioso asset editoriale e mi sono diretto all’uscita. Ma in corridoio c’era un piccolo conciliabolo di soci da cui, soffermandomi a distanza di ascolto con la scusa che mi dovevo allacciare una scarpa, ho carpito le seguenti cose.
Alle tante cordate che ambirebbero a mettere le mani sul Sole se n’è aggiunta una inedita formata dal banchiere d’affari Gianni Tamburi e, udite udite, dall’editore bolognese Andrea Riffeser. Bologna, la città di Alberto Vacchi, ovvero lo sfidante di Boccia alla presidenza dell’organizzazione. Gatta ci cova?
DAL MERCATO ATTESI 20 MILIONI
Ho saputo anche che per l’aumento di capitale si stima una cifra di una ottantina di milioni così suddivisa: 40 Confindustria, 20 le banche (ammesso che venga loro finalmente presentato un piano credibile) e 20 il mercato. Il mercato? Permettete al vostro Occhio, visti i disastri della quotazione, di dubitare che ci sia ancora qualcuno voglioso di mettere mano al portafoglio. A meno che non cambi lo statuto, si abolisca il vincolo del 2% su possesso azionario, cosa su cui scommettono i compratori del titolo che in pochi giorni è raddoppiato di prezzo.
GUBITOSI E MOSCETTI SPINGONO PORRO
azzurra caltagirone e nicola porro
Last but not least: nel toto-direttori entra il nome di Nicola Porro, sponsorizzato da Luigi Gubitosi e dell’amministratore delegato Franco Moscetti, che non a caso aveva detto di gradire un direttore che non avesse mai avuto a che fare col Sole. Affermazione incauta, che ha fatto andare di traverso il boccone a Banca Intesa, che un direttore ce l’ha in mente da un pezzo.
A proposito, sulla partita si sta anche indirizzando Mediobanca, che quando c’è da fare a pugni con Ca’ de Sass non si tira mai indietro. E sulla banca che fu di Enrico Cuccia ho saputo che… Questo me lo tengo per la prossima volta, se no vi dico troppe cose e andate in confusione.
(*) Con questo “nom de plume” scrive su Lettera43.it un protagonista e osservatore delle più importanti partite del potere politico ed economico-finanziario italiano.
2. BENEDINI “SOFFRIVA” NAPOLETANO
Manuela D’Alessandro per Giustiziami.it
y 2bag02 andrea monti riffeser
“Per quanto attiene alla figura del consigliere Luigi Abete, è stato lui, secondo quanto da me accertato, a sostenere sotto ogni punto di vista il direttore Napoletano (…) Lui è stato il principale difensore di Napoletano”. Nicolò Dubini, consigliere indipendente del gruppo editoriale Sole 24 Ore dal luglio 2015 al novembre 2016, è una delle principali ‘bocche di fuoco’ della Procura di Milano nell’indagine che vede indagate 10 persone, tra cui l’ex direttore del quotidiano Roberto Napoletano, accusato di false comunicazioni sociali per le copie digitali ‘gonfiate’.
E Dubini, sentito come teste il 27 febbraio, nelle dieci pagine messe a verbale che “Giustiziami” ha potuto leggere ne ha per tutti, a cominciare dal presidente di Bnl cui attribuisce anche la sua uscita dal gruppo.
“La mia mancata conferma come amministratore, di pari passo con la conferma del consigliere Abete, è profondamente significativa per tutta una serie di aspetti, in primis per la richiesta di revoca da me portata davanti al consiglio nei confronti del direttore Napoletano, sempre appoggiato in ogni occasione proprio dal consigliere di lunga data, nonché ex vice presidente pro tempore, Abete. Nel caso fossi stato confermato, infatti uno dei primi argomenti che avrei portato a l’attenzione del nuovo cda sarebbe stata la sua revoca”.
Secondo Dubini, Abete sarebbe anche “protagonista di un conflitto di interesse in quanto, oltre a far parte del cda del Sole 24 Ore spa, siede anche in quello dell’agenzia di stampa Askanews, da lui posseduta. Detta agenzia è infatti in concorrenza con la ‘business unit’ del Gruppo denominata Radiocor”.
LE CLAUSOLE CAPESTRO E I CATALOGHI PER IL MUDEC
Nella sua testimonianza, Dubini spiega le ragioni del dissesto causato soprattutto dalla “gestione del quotidiano, aggravatasi nel tempo per tutta una serie di motivi e che non escludo potrebbe ancora aggravarsi dal punto di vista della pubblicità legata al tema delle copie digitali”. Ma non solo.
“Un’altra causa alla base delle ingenti perdite è da ricercare – aggiunge – nella gestione di gran parte delle società del gruppo e, in particolare, ora mi sovviene la società Cultura 24″. “Innanzitutto – specifica – si tratta di una società che ha avuto l’appalto dal Comune di Milano per la gestione del Mudec (Museo delle Cultura) secondo vere e proprie clausole contrattuali capestro e ne è riprova il fatto, se non ricordo male, che Cultura 24 è stata l’unica a partecipare a tale appalto”.
Sempre sul nuovo polo museale, Dubini svela un retroscena: “”La società era talmente gestita male che non riusciva nemmeno a contingentare la produzione dei cataloghi per il Mudec, dei quali erano pieni i magazzini”. La società che si occupa degli investimenti culturali del gruppo “ha sicuramente portato perdite profonde ed è stata mal gestita anche dal punto di vista delle competenze dalla responsabile Natalina Costa, poi esautorata da Del Torchio.
Su questa società non si è mai potuta attuare una gestione corretta e anche di controllo. Peraltro, è sempre stata finanziata attraverso il cash pooling (la gestione accentrata delle risorse finanziarie di un gruppo) della capogruppo senza che venisse mai discusso e approvato un piano di finanziamento dove figurassero le modalità di rientro del prestito. In sostanza, il finanziamento si è convertito in capitale per riparare le continue perdite (…).
“Il cda si è trovato spesso a ratificare finanziamenti verso una controllata; denaro che usciva dalle casse della società capogruppo che non sarebbero più tornati indietro. Il cash pooling veniva usato come una sorta di rubinetto aperto, senza possibilità di controllo”. E ancora: “La società Cultura per quanto ricordo ha di fatto aumentato la propria esposizione verso la capogruppo fino a 15 milioni, partendo dai 5 iniziali. Non è mai stato fatto vedere un business per comprendere se tale denaro fosse capitale ovvero un finanziamento concesso senza le dovute garanzie”.
LA SOCIETA’ CHE MANGIAVA LA CASSA
“Quando sono entrato nel cda ho preso atto della situazione generalmente negativa del Gruppo e la mia prima riflessione riguardò subito lo squilibrio tra costi e ricavi; in particolare, mi accorsi immediatamente che la società non produceva la cassa bensì la mangiava”. Ma oltre ai numeri nefasti c’era qualcos’altro che balzò subito agli occhi di Dubini. “La seconda riflessione che feci concerneva il tema della governante all’interno del Gruppo. Proprio l’organizzazione di quest’ultima, a mio avviso, ha causati problemi che stanno attanagliando il Sole 24 Ore (…) Un problema riguardava la figura del direttore Roberto Napoletano”.
UNA PERSONA ENERGICA
Dubini racconta quello che hanno detto altri testi, che Napoletano “ha sempre partecipato ai vari cda e la sua presenza, richiesta sistematicamente dal Presidente e dall’ad, è stata, di fatto, solamente ratificata dal consiglio”. E si spinge a un ritratto più profondo dell’uomo: “E’ una persona energica nel porsi nella dialettica con gli altri e, di fatto, ha travalicato il perimetro delle proprie competenze in quanto nei consigli interveniva non solo sulle questioni strettamente editoriali, ma anche su quelle più propriamente gestionali e non veniva mai contenuto da Benedini e Treu. (…) Soffrivano quasi di una sudditanza nei confronti di Napoletano, causando seri problemi di governance.
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