IL BOTTO DI FINE ANNO: IL 1 AGOSTO 2024 (DUE SETTIMANE DOPO IL TAGLIO SUL CAPOCCIONE) GENNARO…
Gianluca Paolucci per "la Stampa"
Succede che la realtà ci supera e succede anche in Danimarca. Protagonisti e ingredienti di questa storia sono una donna bella e potente, una banca d'affari con pessima fama, tanti soldi e gli interessi calpestati dei cittadini-elettori. Prima però serve qualche spiegazione. C'è una serie tv con alcuni milioni di appassionati spettatori in giro per il mondo che racconta gli intrighi nei palazzi del potere danese.
Si chiama Borgen, il Castello. Soprannome con il quale a Copenhagen viene indicato Palazzo Christianborg, dove hanno sede il parlamento, l'ufficio del primo ministro e la Corte Suprema. La protagonista è una donna bella ed elegante, primo ministro a capo di una coalizione ondivaga e litigiosa, con un ricco contorno di spregiudicati spin-doctor e belle giornaliste, mariti frustrati e politici brutali, lobby aggressive e inevitabili compromessi quotidiani per il bene della nazione o per la propria sopravvivenza politica.
Il lungo preambolo è necessario per capire perché, quando giovedì scorso il leader dell'opposizione al parlamento danese (quello vero), Lars Lokke Rasmussen, è sbottato pubblicamente dicendo che cose del genere non le avrebbero immaginate neppure gli sceneggiatori di Borgen, la notizia abbia fatto il giro del mondo. Anche perché lei (quella vera), è Helle Thorning-Schmidt, primo ministro nota globalmente per la sua eleganza e avvenenza; e dall'altro lato c'è Goldman Sachs, la banca d'affari americana identificata come il volto cattivo della finanza globale.
Socialdemocratica, soprannominata «Gucci Helle» per la mania degli abiti firmati, la Thorning-Schmidt è diventata una celebrità globale per una foto che si è scattata con il telefonino tra Barack Obama e David Cameron ai funerali di Nelson Mandela. Foto postata poi sui social network (si chiamano «selfie», parola dell'anno 2013 secondo l'Oxford Dictionary).
La bella premier sta cercando di fronteggiare da giorni una tempesta che rischia di travolgere il suo esecutivo. Succede che Goldman ha comprato il 19% della società pubblica danese Dong Energy per 1,3 miliardi di dollari. A far arrabbiare i danesi è stato però che alla banca, che ha compiuto l'operazione tramite un fondo lussemburghese controllato da un veicolo basato alle Cayman, vengono riconosciuti oltre ad un regime fiscale decisamente favorevole anche dei diritti di veto per acquisizioni, nomina e revoca degli amministratori e aumenti di capitale.
In pochi giorni, una petizione contro l'operazione ha raccolto 200 mila firme che in un paese di circa 5 milioni di abitanti non è poco. Il Partito socialista del popolo ha lasciato la coalizione di governo, che ora conta su appena su 61 seggi dei 179 complessivi. Tra i commentatori si sottolinea che questa non è certo una novità , nella politica danese. E che forse la Thorning-Schmidt potrà adesso fare quelle riforme liberali finora osteggiate dalla sinistra. Ma se nel celebre «selfie» ha mostrato di non temere l'ira della signora Obama, forse 200 mila elettori arrabbiati le faranno cambiare idea.
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