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GLI INDUSTRIALI AVVERTONO MELONI: CI SIAMO ROTTI IL DAZIO! – L’ALLARME DEL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, DOPO L’ACCORDO CON TRUMP SULLE TARIFFE AL 15%: “SE AI DAZI SI SOMMA LA SVALUTAZIONE DEL DOLLARO RISPETTO ALL'EURO, IL PROBLEMA PER NOI DIVENTA ENORME. ABBIAMO STIMATO 22,6 MILIARDI DI EURO DI MINORI VENDITE NEGLI USA” – ORSINI BOCCIA L’IPOTESI DEL GOVERNO DI USARE PARTE DELLE RISORSE DEL PNRR PER AIUTARE LE AZIENDE COLPITE DALLA GUERRA COMMERCIALE: “NO, I SOLDI DEL PNRR VANNO UTILIZZATI PER GLI INVESTIMENTI IN INDUSTRIA E PRODUTTIVITÀ. SERVE UNA RISPOSTA ALL’ALTEZZA...”

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Estratto dell’articolo di Filippo Santelli per “la Repubblica”

 

EMANUELE ORSINI – ASSEMBLEA DI CONFINDUSTRIA – FOTO LAPRESSE

L'Europa ha preso una sberla», dice il presidente di Confindustria Emanuele Orsini, il giorno dopo l'accordo commerciale con gli Stati Uniti e quelle tariffe unilaterali al 15% ingoiate dall'Unione. «Ora deve mostrare di saper reagire, come è riuscita a fare dopo il Covid, compensando le imprese colpite, aprendo nuovi mercati e mettendo davvero l'industria al centro con un piano straordinario».

 

Presidente Orsini: una tariffa al 15% è gestibile per le imprese italiane, come dice la premier Meloni, oppure no?

«Ogni scenario con dazi superiori allo zero per noi è un problema, è chiaro che nessun imprenditore oggi è contento. E neanche io lo sono. Per non fermarmi a una risposta di pancia però bisogna allargare il ragionamento.

 

ursula von der leyen donald trump

Se tutti i Paesi del mondo fossero sulla stessa linea di partenza, con dazi simili, le direi che il made in Italy può restare competitivo anche con questo 15%. Ma se ai dazi si somma pure la svalutazione del dollaro rispetto all'euro, che è del 12-13% dall'inizio dell'anno e in prospettiva potrebbe arrivare al 20, il problema per noi diventa enorme».

 

Quanto enorme?

«Abbiamo stimato 22,6 miliardi di euro di minori vendite negli Stati Uniti. L'impatto più importante sarebbe per i settori dei macchinari, della farmaceutica e dell'alimentare, e poi a scendere per tutti gli altri».

 

GIORGIA MELONI EMANUELE ORSINI

Pensa che le aziende più strutturate sposteranno la produzione negli Stati Uniti? È uno degli obiettivi di Trump...

«Non credo che siano questi dazi a far spostare gli imprenditori, per vari motivi. Il primo è che negli Stati Uniti trovare manodopera, soprattutto qualificata, è molto difficile. Il secondo è che per molte imprese è proprio il fatto di vendere un prodotto italiano a fare la differenza».

 

Quindi le aziende cosa faranno? Scaricheranno l'extra sui clienti o proveranno ad assorbirlo?

«Alcuni prodotti italiani sono insostituibili per gli Stati Uniti, penso per esempio a molti farmaci. Altre eccellenze potranno restare comunque competitive alzando i prezzi. Detto questo, anche per chi ha produzioni di alta qualità, il combinato di dazi e tasso di cambio è un colpo difficile da assorbire».

 

Per l'Italia è uno scenario da recessione?

EXPORT MADE IN ITALY

«No, non da recessione: non dimentichiamoci che le nostre esportazioni globali valgono oltre 600 miliardi di euro. Ma senza una reazione significherebbe restare fermi a una crescita da zero virgola. Per questo dico che non c'è più tempo per l'Europa, che serve una grande sveglia» [...]

 

[...] quindi di che reazione parla?

«Serve un piano straordinario europeo per l'industria, che abbatta i dazi interni della burocrazia e - come ha raccomandato Draghi nel suo rapporto - mobiliti investimenti in deroga al patto di stabilità, come è stato fatto per la difesa. È necessario aprire subito nuovi mercati alternativi, non è possibile che si aspetti ancora per il voto definitivo sull'accordo di libero scambio con il Mercosur, che a regime può valere 30 miliardi per le imprese europee e tra i 4 e i 7 per quelle italiane. E poi servono delle compensazioni per i settori più colpiti dai dazi».

 

Ursula von der leyen e donald trump a Turnberry in Scozia - foto lapresse

Il governo italiano ipotizza di usare per questo parte delle risorse del Pnrr che non riusciremo a spendere. Siete d'accordo?

«No, i soldi del Pnrr vanno utilizzati per gli investimenti in industria e produttività. La Zes unica per il Mezzogiorno è il modello: uno stanziamento di risorse pubbliche per 4,8 miliardi negli ultimi due anni ha generato investimenti privati da parte delle imprese per 28, con 35 mila posti di lavoro. Questa è la parte di risposta che ci aspettiamo dall'Italia, interventi per aiutare a crescere un tessuto produttivo che oggi è composto ancora per il 94% da medie e piccole imprese. Le compensazioni per i dazi invece devono venire dall'Europa».

 

ursula von der leyen giorgia meloni conferenza sulla ricostruzione dell ucraina. foto lapresse

I soldi del Pnrr da lì vengono...

«Ma sono già assegnati all'Italia, in parte sotto forma di debito. Queste devono essere nuove risorse europee, visto che è stata l'Europa, come è giusto, a trattare questo accordo per tutti i 27. All'occorrenza c'è anche lo strumento degli eurobond».

 

Investimenti comuni, eurobond: sa benissimo che la resistenza a tutte queste proposte viene dai governi, non certo da Bruxelles.

«I governi eletti devono decidere, è la democrazia. Ed è chiaro che non tutti i Paesi hanno gli stessi interessi. Ma ricordiamoci anche che l'euro non è stato fatto da tutti, bensì da un gruppo di Paesi che si è lanciato in avanti».

 

emanuele orsini - confindustria

In tutti questi mesi si è detto che la vera tassa che Trump fa pagare agli altri Paesi e alle loro aziende è l'incertezza. Questo accordo rende almeno più chiaro lo scenario per voi imprenditori oppure teme che il presidente americano lo possa ribaltare da un momento all'altro?

«Come ogni volta che si subisce una sberla credo che ci vorrà un po' di tempo per riprendersi, l'incertezza non passerà subito».

 

Ma passerà mai con Trump?

«Mettiamola così: se ho un interlocutore volatile, che cambia le regole del gioco a piacimento, la chiave è averne meno bisogno possibile. Ecco, io penso che a determinare davvero il sentimento degli imprenditori sarà il fatto di vedere una risposta all'altezza, oppure no».

EXPORT MADE IN ITALY