DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Chissà come si sarà sentito Alessandro Melzi d’Eril, amministratore delegato di Anima, ad apprendere la notizia dell’OPA lanciata sulla società di risparmio gestito da parte di Banco BPM.
L’istituto bancario milanese, primo azionista della società di gestione di risparmio con il 22,38% del capitale, ha messo sul piatto 1,58 miliardi in un’offerta totalitaria a 6,2 euro per azione.
L’AD Giuseppe Castagna ha definito l’operazione “amichevole”. Ma c’è da chiedersi: come l’hanno presa il CEO Melzi d’Eril e la presidente Grieco al vertice della società di asset management?
Osservatori attenti delle dinamiche finanziari milanesi sottolineano come tra le righe traspaia una certa insofferenza di Piazza Meda verso la teoria dei due forni, di andreottiana memoria, applicata da Melzi d’Eril in questi anni.
Se per il proprio business Anima deve al suo azionista di riferimento oltre il 40% dei ricavi, per le decisioni strategiche la sgr si dichiara indipendente da qualsivoglia strategia di gruppo perché non controllata; e con una platea ampia di azionisti rilevanti cui render conto.
Così Giuseppe Castagna, cogliendo l’opportunità delle agevolazioni contabili dell’operazione (il cosiddetto danish compromise), si sta impegnando a creare un vero campione nazionale di sistema, con chiaro apprezzamento del mercato che ha premiato sensibilmente il titolo Bpm.
Bpm che ricordiamo è stata la prima banca public company italiana che non tradisce le origini di banca popolare garantendo rappresentanza in cda anche tanto ai dipendenti quanto al mercato.
La strategia di espansione dichiarata da Anima negli ultimi due mandati, concretizzatasi nelle due modeste acquisizioni di Castello Sgr e Kayros Sgr, ha portato la remunerazione di Melzi a circa 1.900.000 euro, aumentata del 114% nell’ultimo anno.
Fabio Corsico Franco Caltagirone matteo Piantedosi
Mentre l’amministratore delegato del banco, che ha portato l’istituto da avere 33 miliardi di crediti deteriorati del 2017 a soli 3 Miliardi del 2023 e una distribuzione di 1,5 miliardi di dividendi nel 2024 per gli azionisti, è di 1.700.000 euro. Insomma, retribuzioni stellari e totale autonomia nella scelta dei prodotti finanziari potrebbero diventare un nostalgico ricordo per Melzi.
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