PULLOVERATO A STRISCE? MARPIONNE INDAGATO A NOLA

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

Conchita Sannino per La Repubblica

Due paginette notificate ai vertici di Fiat. E il braccio di ferro tra il Lingotto e la giustizia italiana continua. Dopo le sentenze civili, arriva l'inchiesta penale la - prima - per l'amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne e per l'ad di Fabbrica Italia Pomigliano, Sebastiano Garofalo. L'ipotesi per cui finiscono indagati: l'inosservanza dei provvedimenti già emessi, prima a Torino, poi a Roma, a favore degli operai «discriminati».

La Procura di Nola ha inviato ai due manager l'avviso di conclusione indagini in cui il pm ipotizza a loro carico la commissione di due contravvenzioni. A Marchionne e Garofalo viene dunque contestato il fatto di non aver riconosciuto agli operai della Fiom dello stabilimento di Pomigliano d'Arco quei diritti sindacali che si ritengono lesi già in due condanne (di primo e secondo grado) a Roma, e di un altro pronunciamento a Torino; e di non aver superato «l'asserita discriminazione » - così come riporta in serata una nota del Lingotto - degli iscritti allo stesso sindacato «nel processo di trasferimento dei dipendenti di Fiat Group Automobilies a Fabbrica Italia Pomigliano».

È un fulmine a ciel sereno, per Fiat. Che definisce «sconcertante e paradossale » l'azione dei pm. «Tale iniziativa - afferma il Lingotto - è l'ennesima espressione dell'inusitata offensiva giudiziaria avviata dalla Fiom nei confronti di Fiat da più di due anni». Ora, secondo le procedure ordinarie, i due manager hanno a disposizione venti giorni per potersi sottoporre ad interrogatorio o depositare una memoria attraverso i loro legali. Se le loro ragioni non dovessero apparire convincenti, il pm chiederà il loro rinvio a giudizio, ipotesi che allo stato appare la più verosimile.

E il segretario generale di Fiom, Maurizio Landini, annuncia già: «Se arriveremo al processo faremo tutto quello che possiamo, compresa la costituzione parte civile».
La stessa Fiom aveva da tempo pubblicato annunciato la sua diffida per «la continua e reiterata discriminazione» nei confronti dei 19 "suoi" lavoratori di Pomigliano, gli unici a essere tornati in cassa integrazione già alcuni mesi fa: assunti il 28 novembre scorso, non avevano svolto gli ultimi sei mesi di lavoro necessari, secondo l'accordo tra azienda e sindacati, a poter lavorare sulla "Panda", nell'area riservata. Ed è proprio l'esposto della Fiom a muovere l'azione dei magistrati.

Il sindacato segnala che Fiat e Fabbrica Italia non stanno ottemperando a quanto dettato dal giudice del lavoro. Così è Nola, la Procura competente per territorio guidata da Paolo Mancuso, il magistrato anticamorra già noto per le sue inchieste e la prima tangentopoli che infiammò l'area napoletana, a procedere in base all'articolo 650 del codice penale.
È quello che indica «l'inosservanza dei provvedimenti dell'autorità ».

Ovvero: «Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o d'igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire quattrocentomila». Il dato davvero peculiare, per la Fiat, è che il reato si può considerare in teoria continuamente «perdurante». Fino a quando quei diritti offesi non verranno riparati.

 

Marchionne con gli operai Grugliasco marchionne-bersani-marchionne monti elkann Maurizio Landini Marchionne - MauroMARCHIONNE E BARBIE A LETTO jpeg