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GRILLO E RE GIORGIO, LA COPPIA DELL’ANNO

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Annalisa Cuzzocrea per La Repubblica

C'è una gran confusione sotto il cielo dei 5 Stelle. Beppe Grillo lo sa, e per questo non smette di dettare la linea con tweet, telefonate, interviste in diretta sulla sua web tv. Da una parte ci sono deputati e senatori che ripetono: «Davanti a nomi come quelli di Gustavo Zagrebelsky, Salvatore Settis, Stefano Rodotà, dovremmo riunirci e decidere». Non sono dissidenti, non è una minoranza quella che pensa che un governo della società civile si potrebbe far partire.

Perfino Roberta Lombardi, dopo aver riferito ai suoi dell'incontro con Napolitano, mentre attraversa il corridoio che la porta all'ufficio della presidente della Camera, si ferma a spiegare: «Quando diciamo no a governi pseudotecnici intendiamo quelli fatti da persone che sono comunque parte del sistema dei partiti. Quando chiediamo un governo a 5 stelle non vogliamo dire che dobbiamo essere noi, o Beppe Grillo, a guidarlo, ma persone che abbiano alte professionalità, una spiccata moralità, e il nostro programma».

Se le si chiede un nome, lei ironizza: «Come si chiama quello? Ah, papa Francesco». Davanti a ipotesi vere, risponde: «Devo vedere il curriculum». È certa che non si vada in quella direzione, «ma se Napolitano ce lo chiedesse ci riuniremmo e saremmo pronti a dare i nomi in 48 ore. Per consultare la base non ci sarebbe il tempo». Che lo dica perché ci creda, o per tenere buoni i parlamentari contrari al «no a tutto», poco importa.
Le cose non cambiano.

E così, all'ultimo momento, i 5 stelle non hanno portato alcun nome al presidente della Repubblica Napolitano. Giovedì - mentre la maggior parte di loro era già partita col trolley in mano per tornare a casa - alcuni parlamentari avevano pensato di stilare una rosa. «Sembrava che Grillo fosse d'accordo», racconta uno di loro. Poi il contrordine. Non è difficile capire da dove. Fonti vicine allo staff confermano quel che già si era capito: «Casaleggio è per il no a qualsiasi governo». Anche per questo, Beppe Grillo ha chiamato Napolitano prima che Crimi e Lombardi salissero al Colle. «Gli ha detto che la linea non sarebbe cambiata. No ai partiti, nessun nome da proporre».

Ed eccola, la frattura. Grillo, Casaleggio, e i più ortodossi del Movimento, dicono no a qualsiasi governo. Credono che l'unico modo per fare la «rivoluzione senza ghigliottina» sia lavorare in Parlamento. Attaccano gli pseudotecnici per far fuori nomi che sono circolati anche tra i loro: Grasso, Saccomanni, lo stesso Rodotà. Nello stesso tempo, vedono le truppe sempre più insofferenti davanti a questa impostazione. «Noi rispondiamo ai nostri territori», dice un deputato. «Ci chiedono di fare qualcosa, sentiamo una pressione enorme ».

È per placare questi istinti, che mentre Crimi e Lombardi sono dentro lo studio di Napolitano, Beppe Grillo telefona al direttore di Sky Sarah Varetto per chiederle di rettificare la dichiarazione sul «sì agli pseudotecnici». È per rafforzare la linea, che subito dopo le consultazioni prende la parola su La Cosa attaccando tutto e tutti. Ripete vecchi refrain: «Il Parlamento è un'aula vuota dove ci sono nominati, non eletti, condannati, prescritti, patteggiati». Tutti impuri, tranne i suoi: «Capisco questi ragazzi che devono schivare ogni minuto domande che contengono già la risposta». Le divisioni emerse sono colpa dei giornalisti. Le pressioni per fare un governo vengono da chi «ha sbagliato voto».

Poco importa se in quelle stesse ore il suo blog si riempia di commenti che contestano la linea. Come quello di Pietro da Cagliari: «Una cosa giusta l'hai detta: abbiamo sbagliato a votarti». O di Pasquale Giunta: «Dovevamo mandare Bersani al governo e "ricattarlo" per fare le riforme!». La domanda è sempre la stessa. Chi decide nel Movimento? I parlamentari eletti o Beppe Grillo? Massimo Baroni - deputato psicologo - risponde con poesia: «Diciamo che Grillo ha l'ispirazione. La visione. A volte, vede le cose prima di noi».

 

 

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