QUANDO COLANINNO FACEVA LO SBRUFFONE: “FINIRA’ CHE CI COMPREREMO AIR FRANCE”

Alessandro Barbera per "La Stampa"

Quando lo dice per l'ultima volta nessuno lo prende sul serio. «Vendete, vendete prima che sia troppo tardi. Il momento giusto non arriverà mai». Sono i primi di ottobre di due anni fa. Alla guida c'è ancora Rocco Sabelli, il manager voluto da Corrado Passera sin dalla nascita della nuova Alitalia.

Grazie ad una politica di feroce contenimento dei costi la compagnia è ad un passo dal pareggio operativo. Si tratta però di un'illusione ottica. Di lì a qualche mese sul mercato del trasporto aereo si abbatterà una bufera peggiore di quella del 2008. Alla borsa di Parigi il titolo Air France-Klm è ai minimi storici. Sabelli lo intuisce.

Ormai da un anno ha iniziato a lanciare messaggi in ogni direzione. La prima volta accade in una conversazione con Bruno Vespa: «Proporrò agli azionisti di fondere le due compagnie in un aggregato più grande». Viene sommerso dai fischi della politica, dei soci italiani, dello stesso presidente Roberto Colaninno. Non è un caso se a marzo del 2012 Sabelli fa le valigie e se ne va. Il patron della Piaggio rimarrà invece a lungo ottimista. A maggio 2010 profetizza che «il sogno francese di comprarsi Alitalia non si realizzerà». Alla fine del 2011, in privato, si spinge ancora più in là: «Se Air France-Klm continuerà ad andare così male finirà che ce la compreremo noi».

Difficile dire se Colaninno creda davvero alla battuta riferita di fronte a più testimoni. I fatti raccontano che almeno in due occasioni successive, a Natale 2011 e di nuovo in quello del 2012, i vertici delle due compagnie si incontrano per cercare finalmente un accordo. Jean-Cyril Spinetta, il manager corso che pochi anni prima aveva salvato Air France dal fallimento, ci crede fino all'ultimo giorno prima di lasciare la guida del colosso franco-olandese al molto più freddo Alexandre De Juniac. Ma più il tempo passa, più diventa difficile trovare un accordo che accontenti entrambe le parti.

Tanto più i patrioti credono alla possibilità di portare a casa una plusvalenza dopo aver accettato la chiamata alle armi di Berlusconi, tanto peggiori si fanno le condizioni in casa francese. È cronaca di poche settimane fa la decisione di licenziare 2.800 dipendenti. «Colaninno e i patrioti di Alitalia hanno perso tutti i treni possibili», scherza una fonte che ha vissuto in prima persona questi cinque anni.

Eppure i segnali che l'ambizioso piano Fenice sarebbe andato a sbattere contro la dura realtà della crisi e dei numeri non erano mancati. Già a maggio 2010 Sabelli aveva dovuto posticipare di un anno l'obiettivo di utile, dal 2011 al 2012. Appena un anno fa, poco prima di essere destituito, il successore Andrea Ragnetti aveva fatto slittare quella previsione a quest'anno.

Una serie di errori gestionali, non ultima la decisione di rivoluzionare la politica tariffaria, metterà definitivamente in ginocchio una compagnia che sin dall'inizio era nata su un presupposto strategico sbagliato, quello di poter prosperare come piccola compagnia autonoma in un cielo di giganti.

La discussa gestione di Ragnetti creerà fratture insanabili fra i soci, in particolare fra Colaninno e il suo vice Salvatore Mancuso, uomo di fiducia di Gaetano Micciché di Intesa. Quando dalla Ducati arriva Gabriele del Torchio la frittata è fatta. L'ultimo bilancio presentato pochi giorni fa, il peggiore della nuova compagnia, ha squarciato il velo dell'ipocrisia. Nei primi sei mesi di quest'anno la compagnia ha accumulato 294 milioni di perdite - un milione e mezzo al giorno - e 1,3 miliardi di debiti. Di questi cinque anni restano solo una montagna di debiti e di errori mai ammessi.

 

 

ANDREA RAGNETTI E ROBERTO COLANINNORoberto Colaninno e Franco De Benedetti ROBERTO COLANINNO ROCCO SABELLI Corrado Passera ANDREA RAGNETTI E ROBERTO COLANINNOSalvatore Mancuso GAETANO MICCICHE DG INTESA S PAOLO