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QUANTO E’ SERVITA LA FATTURA ELETTRONICA? - “LIBERO” TIRA LE SOMME: “GLI INCASSI IVA NON NE HANNO RISENTITO. E POI NONOSTANTE DAL 2017 CHI OPERA CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ABBIA DOVUTO RINUNCIARE A DOCUMENTI CARTACEI, LO STATO NON HA CONTEZZA DI QUANTO AMMONTI L'IMPORTO DEI CORRISPETTIVI DA PAGARE ALLE IMPRESE FORNITRICI DEGLI ENTI STATALI O LOCALI. IN POCHE PAROLE, LA FATTURA ELETTRONICA È INUTILE…”
Giuliano Zulin per “Libero quotidiano”
Da oltre un anno milioni di professionisti e piccole aziende sono obbligati a emettere fattura elettronica. Questo perché - nelle intenzioni dei governi precedenti - la tracciabilità dei pagamenti avrebbe diminuito la presunta evasione tra privati. Soprattutto sul fronte Iva. Ricordiamo infatti che l' Italia è il peggior Paese europeo nella classifica di chi non versa regolarmente l' imposta sul valore aggiunto.
Bene, nonostante gli imprenditori siano stati costretti a impazzire per inviare una fattura dobbiamo notare due cose: 1) gli incassi Iva non hanno risentito della ricevuta elettronica, 2) nonostante dal 2017 chi opera con la pubblica amministrazione abbia dovuto rinunciare a documenti cartacei, lo Stato non ha contezza di quanto ammonti l' importo dei corrispettivi da pagare alle imprese fornitrici degli enti statali o locali. In poche parole, la fattura elettronica è inutile.
Spieghiamoci meglio. Nei primi 12 mesi di fattura elettronica 3 milioni e 865mila soggetti hanno emesso 2 miliardi e 20 milioni di documenti fiscali, per un totale di 2.926 miliardi di euro fatturati. Il 2,42% delle fatture emesse è stato scartato per problemi di varia natura, così le fatture archiviate dal Sistema di Interscambio sono poco meno di 2 miliardi (1 miliardo 969 milioni, per l' esattezza). Di questi, il 54% è scambio di fatture tra aziende, il 44% tra aziende e clienti, mentre il restante 2% sono fatture scambiate tra aziende ed enti governativi. Numeri imponenti, che però non sono serviti a eliminare il nero.
«PRESUMIBILMENTE» È vero, a novembre 2019 - ultimo dato disponibile - le entrate Iva sono risultate pari a 117.520 milioni di euro (+3.250 milioni, pari a +2,8%). Quasi 105 miliardi (+3.626 milioni, pari a +3,6%) derivano dalla componente relativa agli scambi interni. Secondo l' esecutivo giallorosso - come scritto negli allegati al Def - l' incremento delle entrate «presumibilmente è legato all' effetto deterrenza dell' introduzione dell' obbligo della fatturazione elettronica».
Presumibilmente? Quindi Gualtieri e soci non sono sicuri. In effetti la spiegazione dell' aumento di gettito Iva è un' altra. E lo precisa nella "nota tecnica" lo stesso ministero dell' Economia: «Si ricorda che l' Iva sugli scambi interni è in parte influenzata positivamente dall' andamento del mese di gennaio (+17,9%) che ha risentito, del meccanismo di versamento dell' imposta relativa al mese di dicembre 2018 (acconto a dicembre e saldo a gennaio); il saldo positivo versato a gennaio 2019 ha recuperato l' andamento negativo dell' acconto registrato a dicembre 2018; inoltre, nel mese di aprile, la dinamica del gettito è stato sostenuto dai versamenti dell' imposta da parte degli enti pubblici, per effetto di alcuni ritardi di contabilizzazione».
E comunque - continua il dicastero di Via XX settembre - «la dinamica del gettito Iva è spiegata dall' andamento positivo del settore industriale (+10,5%) al quale si contrappongono l' andamento negativo dei servizi privati (-1,5%). Sostanzialmente stabile risulta la dinamica registrata nel settore del Commercio (+0,1%)». Quindi a incrementare gli incassi dello Stato è stato banalmente il ciclo economico, non la ricevuta elettronica.
«sconosciuto» I paradossi non sono terminati. Nonostante l' obbligo della fatturazione digitale, lo stock del debito della pubblica amministrazione italiana «è sconosciuto». A scandirlo è la Cgia che ieri ha diffuso alcuni dati sul rischio di una maxi multa da 2 miliardi di euro per il nostro Paese, dopo la sentenza di condanna, emessa il 28 gennaio scorso dalla Corte di giustizia europea.
«La cosa più assurda di tutta questa vicenda - segnala l' ufficio studi degli artigiani di Mestre - è che nessuno è in grado di affermare a quanto ammonta esattamente il debito commerciale della nostra Pubblica amministrazione, benché le imprese che lavorano per quest' ultima abbiano da parecchi anni l' obbligo di emettere la fattura elettronica».
Com' è possibile? «Una volta emessa, la ricevuta - spiega la Cgia - transita in una piattaforma controllata dal Ministero dell' Economia e delle Finanze (Siope+) che la smista all' ente o alla struttura pubblica a cui è indirizzata che, a sua volta, verifica se il pagamento è certo, liquido ed esigibile.
Una volta che il destinatario della fattura dà il suo consenso, il pagamento dovrebbe transitare per la piattaforma, permettendo al dicastero dell' Economia di monitorare istantaneamente i tempi di pagamento e l' ammontare delle uscite. Sebbene questa prassi sia partita gradualmente dal luglio 2017, lo Stato - conclude la Cgia - non conosce ancora adesso a quanto ammonta complessivamente il debito contratto da tutte le amministrazioni pubbliche con i propri fornitori, per il semplice fatto che una buona parte dei committenti pubblici, in particolar modo gli enti periferici, effettuano i pagamenti senza transitare per la piattaforma e con scadenze ben oltre quelle stabilite dalla legge».
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