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Corinna De Cesare per “il Corriere della Sera”
«Non bisogna rimpiangerli se ci sono alternative migliori». Horst Neumann, capo del personale della casa automobilistica Volkswagen, ha parlato così dei suoi lavoratori pensionandi e dell’ipotesi di sostituirli presto con dei robot: «Non potremo rimpiazzarli tutti con altri assunti perché il costo del lavoro in Germania è superiore ai 40 euro all’ora, nell’Europa dell’est è a undici, in Cina siamo persino sotto i 10».
A distanza di pochi giorni è McDonald’s ad annunciare un processo di automazione che consentirà agli affezionati del Big Mac di ordinare e ritirare il proprio menu grazie al solo aiuto di schermi touchscreen. In prospettiva insomma, sempre meno Macjob e dipendenti con il cappellino dietro la cassa.
I test sono già cominciati nel sud della California e l’esperimento verrà presto replicato nei fast food di tutta l’Australia. «La tecnologia — ha detto Don Thompson, amministratore delegato di McDonald’s — renderà più semplice e personalizzata l’ordinazione dei clienti».
Ovviamente i motivi non sono solo questi. Il colosso americano sta vivendo uno dei momenti più difficili da quando i fratelli Richard e Maurice aprirono il primo chiosco di hot dog in Usa: l’utile netto di McDonald’s è sceso nel terzo trimestre del 30% a 1,07 miliardi di dollari, il calo maggiore dal 2007, con ricavi giù del 5% a 6,99 miliardi.
Gli effetti dello scandalo in Cina sulla fornitura di carne avariata e il rallentamento in Russia dovuto alla crisi ucraina, cominciano ad essere pesanti. E come se non bastasse, l’ondata salutista, da Michelle Obama in poi, sta convertendo persino gli affezionati del «junk food» in America, dove McDonald’s non riesce più a conquistare i giovani.
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