DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Gabriele Petrucciani per corriere.it
I rischi della liquidità sul conto corrente
Il conto corrente? È lo «strumento» meno efficiente per parcheggiare i soldi: 10 mila euro lasciati fermi nelle banche tradizionali per 5 anni possono arrivare a «perdere» (tra spese sostenute e potere d’acquisto) fino al 18%, diventando così 8.161. Mille euro tenderebbero addirittura ad azzerarsi: varrebbero 180 euro, l’80% in meno (senza considerare l’imposta di bollo). Va meglio negli istituti di credito online (di mille ve ne rimarrebbero in tasca 780 dopo un lustro di spese), ma il bilancio rimane sempre molto in rosso. Inoltre, bisogna considerare il rendimento a cui si rinuncia immobilizzando i capitali invece di investirli: dall’1,1% al 4,2% a seconda del profilo di rischio.
Tassi nulli e costi di gestione (alti)
Le stime tengono conto di tassi attivi nulli e prendono in considerazione i costi medi di gestione del conto corrente (145 euro medio annuo per le famiglie con operatività media nelle banche tradizionali: leggi l’articolo sull’aumento dei costi in banca), l’imposta di bollo (34,20 euro, che si paga solo su giacenze medie annue superiori a 5 mila euro), e la perdita di potere d’acquisto, con un’inflazione media al 2% (è l’obiettivo di politica monetaria della Bce). Assumendo un costo della vita più basso, ovvero il valore medio del 2019 (lo 0,8%), la «perdita» complessiva si ridurrebbe al 13% (-76% su 1.000).
Per il profilo giovani (non è inclusa la carta di credito), invece, 10 mila euro diventerebbero dopo un lustro 8.481,31 euro (il 15% in meno), mentre 1.000 euro si ridurrebbero della metà.
I conti online
Il bilancio diventa meno drammatico se si guarda ai conti online (le famiglie con operatività media hanno spese medie annue di 25 euro, mentre il giovane paga 17 euro): con un’inflazione al 2%, su 10mila euro si perderebbe il 12% (18% su 1.000), mentre con un costo della vita allo 0,8% la riduzione di valore si attesterebbe tra il 6-7% (tra il 12 e il 16% su 1.000 euro).
1.371 miliardi di euro
Insomma, tra vecchio e nuovo, il conto corrente pesa (e non poco) economicamente sul bilancio familiare. Eppure, secondo gli ultimi dati a disposizione di Banca d’Italia, negli istituti di credito sono parcheggiati 1.371 miliardi di euro. Soldi che in cinque anni perderebbero, soltanto in termini di potere di acquisto, tra i 54 miliardi (inflazione allo 0,8%) e i 129 miliardi (inflazione al 2%).
I rendimenti non colti
Senza considerare il rendimento a cui si è rinunciato: dall’1,1% al 4,2% a seconda dell’orizzonte temporale e del profilo di rischio. «La London Business School ha calcolato i rendimenti storici addizionali ottenuti da portafogli diversificati tra azioni e obbligazioni a livello internazionale e da un portafoglio bilanciato, quindi 50% azioni e 50% bond – spiega Raffaele Zenti, fondatore di AdviseOnly –. Tra il 1900 e il 2018, gli azionari internazionali hanno offerto un rendimento nominale medio annuo del 4,2%, gli obbligazionari governativi internazionali dell’1,1% e il portafoglio bilanciato del 2,65%. Negli ultimi cinquant’anni (dal 1969), invece, i rendimenti risultano essere rispettivamente del 4%, del 3,7% e del 3,8%».
Le strategie di investimento
Ci sono diverse soluzioni per evitare che i soldi perdano valore. Rispettando però alcune regole. «Come, per esempio, lasciare sempre una piccola somma sul conto corrente per le spese ordinarie – argomenta Zenti –. Un importo che, in base al lavoro e allo stile di vita, può essere quantificato dalle 3 alle 5 mensilità. Il resto va fatto fruttare. E qui entra in gioco il consulente, che può proporre diverse soluzioni in base al profilo del risparmiatore».
Tra queste c’è il conto deposito, per i più prudenti, con tassi anche del 3% sui vincoli a 5 anni (vedi qui sotto). Oppure, chi ama rischiare, può rivolgersi al mercato obbligazionario tra scadenze lunghe e valute (vedi articoli alle pagine successive) o al mercato azionario.
Una strategia a metà potrebbe essere quella del dividendo (vedi qui sotto), ovvero comprare i titoli che distribuiscono le cedole più alte. «In tutti questi casi, però, bisogna sempre ricordarsi di dedicare un 10-20% a strumenti liquidi e facilmente smobilizzabili (soluzioni di breve periodo come il conto deposito, ma senza vincoli) – conclude Zenti –. E di limitare a un 20% massimo l’investimento in strumenti illiquidi
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