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INCREDIBILE SANTANDER! SI INVENTA CHE UN CLIENTE HA CHIESTO UN PRESTITO PER ENTRARE ABUSIVAMENTE NELLA CENTRALE RISCHI: ORA INDAGANO BANKITALIA E GARANTE DELLA PRIVACY - E' IL NUOVO, MALDESTRO TENTATIVO DELLA BANCA SPAGNOLA PER EVITARE DI PAGARE IL CONTO DEGLI ACCORDI NON MANTENUTI CON COLANERI E SENTENZIATI DAL TRIBUNALE DI TORINO
Andrea Bassi per ‘Il Messaggero’
Gli onori della cronaca, la storia, se li era meritati tutti. Un ufficiale giudiziario che bussa alla porta di una banca non si era mai visto. Una banca, che nel caso è la branch italiana del terzo gruppo di credito europeo, il Santander, sostenere che non solo non disponeva delle somme che l’ufficiale voleva pignorare, ma nemmeno di conti correnti, non si era mai sentito.
Una domanda di pignoramento dei depositi detenuti da quella stessa banca presso la Banca d’Italia, al di là dell’immaginazione. Eppure è questa la sintesi, in poche battute, del contenzioso che vede la società romana Finrama controllata dalla famiglia Colaneri fronteggiare il colosso spagnolo, già condannato a versare 17 milioni di euro nelle casse della prima.
La storia è lunga e complessa, ma in estrema sintesi è questa: Finrama, grazie ai suoi rapporti, è la società che ha messo in contatto Santander Consumer Bank e la casa automobilistica Kia (gruppo Hyundai), della quale la banca è divenuta alla fine il polmone finanziario. In cambio di questa mediazione, i Colaneri hanno ottenuto il pagamento di una “commissione” per ogni pratica di finanziamento per l’acquisto di un’auto di queste marche stipulata attraverso il Santander. Per qualche anno le cose sono filate lisce, fino a quando la banca spagnola non ha deciso di chiudere unilateralmente i rapporti e non pagare più le “fee”.
Da li è nato un aspro contenzioso che ha portato al pignoramento da parte dei Colaneri di 17 milioni del Santander. Una vicenda così delicata che ha costretto la Banca d’Italia e perfino la Bce ad accendere un faro. «Se crede che le sorprese di questa storia siano finite qui», dice Angelo Colaneri, «si sbaglia. E di grosso». Una nuova sorpresa la Finrama l’ha avuta quando è andata a leggersi l’ultimo bilancio, quello del 2016, del Santander Consumer Bank.
«Dato che il pignoramento scaturito da contenzioso è andato a buon fine a inizio dello scorso anno», spiega Colaneri, «ci aspettavamo che nel bilancio della banca ci fosse un capitolo dedicato». Invece niente. Nemmeno un accenno. Non solo nel bilancio, ma nemmeno nella relazione del collegio sindacale e in quella del revisori dei conti Pricewaterhouse. Insomma, come se nulla fosse accaduto. «Eppure», aggiunge Colaneri, «17 milioni pignorati non sono undettaglio trascurabile». Non è però questa la cosa che ha più colpito gli imprenditori romani. A lasciarli di stucco è stata un’altra circostanza.
NESSUNA DICHIARAZIONE
A un certo punto hanno deciso di fare un accesso agli atti presso la Banca d’Italia, chiedendo se qualcuno negli ultimi mesi avesse chiesto di consultare la loro “centrale rischi”, il riservatissimo database nel quale sono registrate tutte le richieste di prestito di ogni impresa e di ogni cittadino italiano.
L’accesso alla Centrale può essere fatto da una banca solo se un cliente gli ha chiesto del denaro in prestito. «Con enorme sorpresa», dice Colaneri, «abbiamo scoperto che Santander Consumer Bank ha chiesto di conoscere i nostri affidamenti, e lo ha fatto sostenendo che noi avremmo fatto una richiesta di fido alla stessa Santander. Una circostanza completamente falsa».
E, si potrebbe aggiungere, difficile da credere. Simulare una richiesta di fido non è cosa semplice. Il cliente che chiede i soldi deve firmare documenti su documenti e, soprattutto, informative sulla privacy. «Proprio per questo », aggiunge ancora Colaneri, «abbiamo chiesto alla Banca d’Italia di produrre tutta la documentazione a sostegno di questa nostra presunta richiesta di fido. Così come abbiamo presentato un esposto al garante della privacy».
Contattato dal Messaggero,il portavoce del Santander Consumer Bank ha precisato che «per politica del Gruppo non rilasciamo mai dichiarazioni su vicende controverse che riteniamo di dover discutere esclusivamente nelle sedi formali in cui si svolgono».
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