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Se davvero sono solo due (Marchetti e Guarneri) su nove i consiglieri di Rcs Mediagroup che non vogliono vendere la Libri alla Mondadori, allora non si capisce perché il cda di lunedì 2, convocato di fatto esclusivamente per questa ragione, debba ancora prendere tempo fino a venerdì 6, visto che l'ammontare dell'offerta proveniente da Segrate è nota: 130-150 milioni.
Vero è che all'interno del gruppo di via Rizzoli si è sempre teso a definire le operazioni con l'unanimità dei consensi, ma da due anni a questa parte il clima all'interno del board non è dei migliori e il dibattito tra l'ad Pietro Scott Jovane e altri esponenti dell'azionariato acceso.
Da più parti (Della Valle, Cairo, famiglia Rotelli) sono giunte lamentele e proteste per la gestione improntata quasi sempre alle cessioni (immobili di via San Marco e via Solferino) e al restringimento del perimetro (chiusura e vendita dei periodici). Ma stavolta si è di fronte a un aut-aut: o si cede al leader di mercato Mondadori, uno dei gioielli della corona, oppure si deve nuovamente battere cassa agli azionisti per chiedere loro altri 200 milioni dopo i 400 sborsati pro quota nel luglio 2013 che hanno portato a un deciso rimescolamento delle carte: ora comanda Fca e alcuni azionisti storici del (fu) patto di sindacato e dell'ex salotto buono non ci sono più, come i Pesenti.
E l'opzione della seconda ricapitalizzazione non va giù a nessuno, tantomeno a quegli azionisti che sono oggi contrari all'operazione di Jovane e che gli contestano, appunto, l'ultimo progetto, la vendita, a prezzi di saldo, della Libri. Ed è questo il punto cruciale.
Perché o si dismette il patrimonio librario e culturale della Rizzoli (le cessioni eventuali di Digicast e gruppo Finelco, più semplici ma meno remunerative, non sanerebbero la situazione), a favore di un competitor, per di più di proprietà della famiglia Berlusconi che non ha mai smesso di amare (e puntare) al Corriere della Sera, oppure si ricorre al mercato dei capitali.
Ma se Della Valle, Cairo, i Rotelli e altri sono contrari alla cessione, lo sono anche verso il rafforzamento patrimoniale, che non piace neppure a Fca, Mediobanca e Intesa Sanpaolo quest'ultima da sempre favorevole alla conversione dei crediti in azioni, essendo la più esposta, insieme a Ubi Banca .
Di fatto quindi Rcs si è venuta a trovare in una spirale, un cortocircuito figlio di una situazione complessa legata all'eccessivo numero di soci che da un anno e mezzo, ossia dallo scioglimento anticipato del patto di sindacato, procedono senza una regia condivisa.
Ed è questo il grande problema da risolvere in fretta. Perché il bilancio 2014 chiuderà con una robusta perdita (dopo quella di l'1,1 miliardi cumulati dal 2011 al 2013) e con un indebitamento vicino al mezzo miliardo, che costa oneri ingenti. E l'altra anomalia, che emerge proprio ora con il tema della vendita di Rcs Libri, è che chi la propone ha i giorni contati in sella al gruppo.
Il 23 aprile con l'assemblea decadrà l'attuale consiglio ed è evidente ai più che pochi di quelli attualmente presenti nel board, a partire dal presidente Angelo Provasoli, saranno confermati, visto che a prevalere, se non cambieranno le cose all'ultimo secondo, sarà la lista della Fca che vorrà comandare. Decidere di privarsi di un asset fondamentale come i libri a un mese dall'addio è quindi cosa difficile e delicata. Chissà se venerdì se ne potrà sapere di più.
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