TELECOM-MEDIA: SOLIDARIETÀ PER I POVERI MANAGER SUPER-RICCHI

Giorgio Meletti per "Il Fatto Quotidiano"

La crisi morde, gli ammortizzatori sociali arrancano e il governo fantasma fatica a finanziarli. Poi tocca scoprire che Telecom Italia prende i soldi della cassa integrazione per pagare il dividendo agli azionisti e i bonus ai manager. E nessuno (ministri sobriamente tecnici, politici di ogni colore, sindacalisti senza macchia) fiata.

Vedere per credere. Il 27 marzo scorso i vertici di Telecom Italia e i sindacati hanno firmato nella notte, dopo 48 ore di trattativa ininterrotta (non manca mai la beffarda finzione della drammatizzazione), un accordo per attivare due anni di contratto di solidarietà. Solidarietà significa salvare posti di lavoro accettando tutti di lavorare meno e guadagnare meno.

Vent'anni fa fu adottata dalla Volkswagen ed era una cosa seria. Gli operai stavano a casa un giorno alla settimana: taglio del 20 per cento dell'orario, e del 10 per cento dei salari. Non si vendevano auto, la fabbrica in quei giorni si fermava. Oggi la casa tedesca domina il mondo. A Telecom Italia hanno scoperto invece la solidarietà all'italiana, che tutt'al più porterà l'azienda a primeggiare nel mondo dei furbi. Funziona così: l'azienda dichiara 2500 esuberi su circa 53 mila dipendenti in Italia, e non perché la società sia in crisi nera, ma perché il fatturato in Italia cala al ritmo di un miliardo l'anno e gli azionisti vogliono mantenere intatti i margini di profitto. Quindi bisogna tagliare i costi.

Telecom fa la voce grossa e comincia a parlare di licenziamenti. I sindacati, tutti, mettono subito la coda fra le gambe, perché con la Fiat (che pure ha perso davvero un quarto delle vendite di auto) si strilla, con Telecom Italia no. Per motivi imperscrutabili, i sindacalisti anche più combattivi, come quelli della Cgil, tacciono. Così la Telecom si commuove e dice: niente licenziamenti, solidarietà sia.

Ecco pronta la calcolatrice. Un dipendente Telecom costa mediamente 44 mila euro, per risparmiare l'equivalente di 2500 salari bisogna abbattere il costo del lavoro di 110 milioni. Si mettono a ruotare 32 mila lavoratori, che in tutto costano 1,4 miliardi all'anno, quindi per grattare via quei 110 milioni bisogna ridurre i loro orari di lavoro e i salari del 7,8 per cento. Ed ecco il colpo di magia. Quando si va in solidarietà, il 60 per cento del salario perso viene reintegrato dall'Inps con i fondi della cassa integrazione, da cui quindi Telecom preleverà senza colpo ferire 66 milioni (il 60 per cento di 110 milioni).

Un altro 20 per cento ce lo mette il governo, con apposito fondo rifinanziato nell'ultima legge di stabilità per 60 milioni (e Telecom da sola se ne succhierà 22 all'anno). Risultato: i 32 mila di Telecom mediamente se ne staranno a casa uno o due giorni al mese, e perderanno realmente l'1,6 per cento del loro salario, pari a circa 700 euro lordi l'anno. Il sacrificio reale chiesto ai lavoratori è dunque intorno ai 350 euro all'anno, poco più di una decina di milioni di euro in tutto, appena sufficienti a coprire superstipendi e premi dei manager di Telecom, a cominciare dal presidente Franco Bernabè (3 milioni nel 2012) e dall'amministratore delegato Marco Patuano.

Quest'ultimo, che ha la responsabilità diretta del mercato italiano, a fronte di un crollo del fatturato che ha costretto (si fa per dire) l'azienda a chiedere gli ammortizzatori sociali, si è preso un bonus di 279 mila euro (forse come premio per non aver perso due miliardi ma solo uno), pari alla perdita netta di salario di 800 lavoratori Telecom in solidarietà. Questo disinvolto modo di attingere alle esauste casse dello Stato ha due spiegazioni. La prima è una legge ambigua, che consente di attaccarsi alla tetta degli ammortizzatori sociali anche quando l'azienda produce utili e dividendi, soprattutto se ci sono ministri che fanno finta di non vedere.

La seconda è che il management di Telecom subisce i diktat degli azionisti di controllo (Medio-banca, Generali, Intesa Sanpaolo) che vogliono il dividendo ad ogni costo, per ripagarsi almeno in parte di un investimento strategico in termini di potere ma disastroso come risultati.

Così la commedia della solidarietà va avanti già da due anni, durante i quali Telecom ha risparmiato 150 milioni (di cui 120 a carico dello Stato) mentre pagava circa 2 miliardi di dividendi. Michele Azzola della Cgil, che ha firmato l'accordo del 27 marzo, è disarmato: "Mi chiede se trovo tutto questo etico? La mia risposta è no. Ma se non firmavamo partivano i licenziamenti". Ecco, magari quei saggi del Quirinale di cui tanto si parla potrebbero darci un ragguaglio sull'etica e la responsabilità sociale ravvisabili in questa storia.

 

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