LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO-…
Ugo Magri per “La Stampa”
L’Italia come Haiti, che ancora non si riprende dal terremoto. Oppure come la Striscia di Gaza, dove però (diversamente da noi) si vive in uno stato di perenne conflitto con i vicini israeliani. Secondo le Poste giapponesi, mandare un pacco a un indirizzo italiano è esattamente come spedirlo in uno di quei due sfortunati paesi: “aspettatevi ritardi”, è l’avviso premuroso che viene recapitato via mail in lingua inglese ai destinatari. Nella short-list, insieme con Italia Haiti e Gaza, vengono inseriti pure Paraguay, Colombia, Georgia e Russia.
Una nota illustra le turbolenze geopolitiche per cui da quelle parti un pacco, dopo il trasporto aereo, impiega settimane prima di essere recapitato a destinazione. In qualche caso, per la verità, non ci sarebbe nemmeno bisogno della spiegazione, chiunque sarebbe in grado di arrivarci da sé. A proposito dell’Italia invece, senza alcuna pretesa di ironia, le poste nipponiche sentono la necessità di chiarire che la causa dei possibili ritardi va ricercata nelle “pratiche doganali più rigide”. Più rigide rispetto alle abitudini parecchio lasche del passato, forse, ma anche nel confronto con tutto il resto d’Europa.
Nel continente siamo gli unici dove lo sdoganamento dei pacchi e delle merci prevede tempi paragonabili a chi si trova in guerra o è vittima di catastrofi naturali. Niente di nuovo sotto il sole, in fondo: gli operatori commerciali sanno perfettamente che alle volte passano mesi prima di recuperare un pacco fermo in dogana, dunque sono rassegnati in partenza. Fatto sta che non ci facciamo una buona figura.
foto di peter van agtmael striscia di gaza 4
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