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Carlotta Scozzari per Dagospia
La partita che si sta giocando sulla governance di Telecom Italia vede posizionati in campo almeno due schieramenti: l'amministratore delegato Marco Patuano da una parte, e i soci di Mediobanca dall'altra. Non a caso, alcune fonti finanziarie raccontano che all'ultimo consiglio di amministrazione della compagnia telefonica, risalente al 16 gennaio, il confronto tra l'ad e il presidente di Piazzetta Cuccia, Renato Pagliaro, è stato "acceso". Ma proprio perché l'ultimo consiglio non ha deliberato nulla sulla governance e, anzi, ha rinviato la questione all'appuntamento del 6 febbraio, la partita è ancora aperta; anzi, qualcuno sostiene che sia proprio in pieno svolgimento.
Dopo l'esito dell'assemblea degli azionisti di fine dicembre, che ha visto i fondi istituzionali schierarsi apertamente contro lo strapotere di Telco, che nomina quattro quinti del consiglio di amministrazione, Patuano ha fin da subito preso posizione a favore di una modifica della governance della società che coinvolga in misura maggiore gli azionisti di minoranza.
L'obiettivo è quello di dare vita a un board composto soprattutto da consiglieri indipendenti. Ciò nell'ottica di inviare un segnale piuttosto forte in direzione del mercato e di quei soci, come Marco Fossati e l'associazione Asati, che negli ultimi mesi non hanno fatto che contestare all'ad il legame troppo forte con il mondo Telco e soprattutto con gli spagnoli di Telefonica (che hanno la maggioranza della holding) e i vari conflitti di interesse che tale situazione sollevava.
Una manovra, quella che Patuano ha tentato e sta tentando di compiere, che ha il sapore di un riposizionamento da Telco verso il mercato e che si spiega anche con il fatto che Telefonica ora sembra avere scelto un nuovo uomo di riferimento in Telecom Italia, al posto dell'attuale ad: Gabriele Burgio. Persa la fiducia degli spagnoli, soprattutto per la gestione della vicenda Tim Brasil (la controllata sudamericana che Telefonica vorrebbe vendere alla proprio società locale, Vivo) Patuano, con una specie di triplo salto mortale e con l'obiettivo di non mollare la poltrona, starebbe tentando di riaccreditarsi con i soci più piccoli, che però hanno dimostrato all'assemblea di dicembre di potere fare il bello e il cattivo tempo.
Ma l'inversione a "u" di Patuano non sembra proprio incontrare il favore di Mediobanca. Il gruppo guidato dall'ad Nego Nagel preferirebbe, invece, che il primo azionista di Telecom (in questo caso Telco) mantenesse un ruolo di primo piano nel consiglio, sia pure riducendo i posti "prenotati" rispetto agli attuali quattro quinti. Secondo Mediobanca, eventuali modifiche della governance dovrebbero scaturire da un ragionamento lungo e accurato e non dovrebbero essere dettate dalle contingenze del momento (cioè, in definitiva, dall'ansia di riposizionarsi di Patuano).
Gli altri soci italiani di Telco, ossia Intesa Sanpaolo e Generali, sembrano invece essere più aperti a una modifica, anche importante, delle regole di nomina del consiglio in direzione del mercato, ma per ora sono restati per lo più in silenzio per non alimentare le tensioni.
Nel frattempo, la questione della governance è stata rimandata al consiglio di amministrazione di Telecom del 6 febbraio. Che tuttavia, considerati i tempi stretti e le posizioni piuttosto lontane dei soci, non dovrebbe decidere nulla di rilevante. Se così fosse, Fossati e Asati potrebbero scegliere una volta ancora di fare i Bastian contrari e di chiedere la convocazione di un'assemblea straordinaria che avvii una volta per tutte la modifica della governance.
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