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CACCIA AL TESORETTO DELLA POP DI VICENZA – SEQUESTRATO A MILANO UN CONTO INTESTATO ALLA BANCA VENETA – C’ERANO 106 MILIONI, I PROVENTI DELLA VENDITA DI ALCUNI BENI PATRIMONIALI DELL’ISTITUTO – AL PROCESSO CONTRO ZONIN & CO. SI SONO COSTITUITE 5 MILA “PARTI CIVILI”
A udienza preliminare iniziata, con ben 5mila parti civili costituite, i finanzieri del nucleo di Polizia economico-finanziaria di Vicenza, su incarico della Procura, hanno eseguito un sequestro preventivo di 106 milioni di euro nei confronti della Popolare di Vicenza, in liquidazione coatta amministrativa. Il sequestro, precisa la Guardia di finanza, si inserisce nell’indagine penale riguardante le responsabilità individuate nella gestione dell’istituto di credito.
I soldi erano giacenti in un conto corrente aperto presso la filiale di Milano di un istituto di credito nazionale e intestato a “Banca Popolare di Vicenza spa in liquidazione coatta amministrativa”; derivano dalla pregressa liquidazione di asset rimasti nel patrimonio della banca popolare. Il provvedimento di sequestro fa riferimento al reato contestato di ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza della Consob che, secondo l’accusa, è stato attuato in occasione dell’operazione di aumento di capitale compiuta dalla banca nel 2014.
Imputati nel procedimento sono l’ex presidente Gianni Zonin, l’allora consigliere di amministrazione Giuseppe Zigliotto, gli ex vicedirettori Emanuele Giustini, Andrea Piazzetta e Paolo Marin, e il dirigente Massimiliano Pellegrini. I reati ipotizzati sono ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto.
SAMUELE SORATO BANCA POP VICENZA copia
Il procedimento penale a carico degli ex vertici di Popolare di Vicenza in una delle udienze precedenti si è sdoppiato: quello che vede fra gli imputati l’ex presidente Gianni Zonin prosegue davanti al gup quello contro l’ex direttore generale, Samuele Sorato, la cui posizione è stata stralciata per motivi di salute, riprenderà il 20 settembre, sempre davanti al gup.
I magistrati ritengono che la crisi dell’istituto sia dovuta alla gestione disinvolta degli ex vertici, con finanziamenti facili ad amici e operazioni baciate: crediti in cambio dell’acquisto di azioni della banca. La banca è stata posta in liquidazione coatta e smembrata in una bad bank, affidata a commissari, e in una good bank, acquistata per un euro da Intesa.
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