MAGNONI BROTHERS - I SOSPETTI DELLA PROCURA DI MILANO SUL RUOLO DI LEHMAN NEL CRAC DI BANCA NETWORK INVESTIMENTI - NEL 2008 LA BANCA D’AFFARI NEWYORCHESE FALLI’ E DA SOPAF, LA HOLDING CHE CONTROLLAVA BNI, PARTI’ UNA “EXCUSATIO NON PETITA” - L’INDAGINE PARTITA DA UNA SEGNALAZIONE DELLA BANCA D’ITALIA - I DUE FRATELLI MAGNONI NEL MIRINO: GIORGIO ERA ED E’ PRINCIPALE AZIONISTA DI SOPAF E RUGGERO ERA PRESIDENTE DI LEHMAN BROTHERS PER L'ITALIA…

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di Sergio Colombo per Lettera43.it

C'è anche Lehman Brothers dietro il crac di Banca Network Investimenti (Bni).La procura di Milano, che indaga sulla banca commissariata nel novembre 2011, avrebbe trovato tracce di operazioni in titoli ad alto rischio, tra cui strumenti finanziari garantiti dall'istituto newyorchese fallito nel 2008. Era il 15 settembre quando Lehman Brothers annunciò l'intenzione di avvalersi del Chapter 11, dichiarando 613 miliardi di dollari di debiti bancari, 155 miliardi di debiti obbligazionari, oltre ad attività per un valore di 639 miliardi. Fu il capitolo più nero nella storia della finanza: innescato dai mutui subprime, gettò i semi della crisi del debito odierna.

SOPAF ASSICURÒ: «NESSUNA ESPOSIZIONE». Sopaf, la holding che già allora controllava Banca Network (e che ancora oggi detiene una quota di maggioranza relativa del 49,9%), si affrettò a tranquillizzare i propri investitori. Il comunicato, datato 16 settembre 2008, recitava: «Con riferimento ai recenti avvenimenti relativi a Lehman Brothers, Sopaf dichiara di non avere alcuna esposizione nei confronti della banca d'affari».Ora, quattro anni dopo quella excusatio non petita, le indagini della procura gettano pesanti ombre sulla sua veridicità.

Gli inquirenti hanno iniziato a indagare su Banca Network dopo che la Banca d'Italia, in un fascicolo dedicato, ha rilevato possibili «episodi di cattiva gestione» interni all'istituto. La procura vuole vederci chiaro e, secondo fonti vicine alla vicenda, nel mirino è finita la connection Banca Network-Lehman Brothers. Un legame che sta, innanzitutto, nei nomi.

Basta leggere quelli di due persone che, tra il 2006 (anno di nascita di Bni) e il 2008 (data di 'morte' di Lehman Brothers), sedevano nelle alte sfere dei rispettivi istituti. Da una parte Giorgio Magnoni, oggi come allora principale azionista di Sopaf con il 24,88%. Dall'altra il fratello Ruggero Magnoni, all'epoca presidente di Lehman Brothers per l'Italia e, attualmente, azionista (6,52%) proprio di Sopaf.

POSSIBILE APERTURA DI UN'INCHIESTA. Al momento, Giorgio, 71 anni, e Ruggero, 61, non sono indagati nè la procura ha aperto un'inchiesta formale sulla vicenda. Tuttavia, se dovesse essere dichiarata l'insolvenza di Banca Network (che appare destinata alla liquidazione coatta amministrativa), i magistrati milanesi sarebbero chiamati a valutare l'esistenza di reati fallimentari, come la bancarotta, e dovrebbero analizzare tutte le vecchie operazioni.

 

Ruggero MagnoniLehman BrothersBANCA NETWORK