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Luca Pagni per "la Repubblica"
Non è necessario fondare un partito o nascondersi dietro una fiduciaria di un paradiso fiscale per pagare meno tasse. Le multinazionali Usa hanno escogitato un metodo molto più semplice e, per di più, tutto alla luce del sole, senza il rischio di avere il fisco e il dipartimento di Giustizia sempre alle calcagna: trasferirsi in Europa.
Se ne è accorto per primo il Financial Times. Pur non riuscendo a ricostruire l'ammontare esatto di quanto risparmiato fino ad ora (si parla genericamente di "centinaia di milioni di dol-lari"), il quotidiano finanziario britannico ha segnalato come stia crescendo il numero di corporate americane che hanno trasferito la propria sede nel vecchio Continente. Ma non è un semplice trasloco di sede legale: perché il tutto sia inappuntabile, il trasferimento è avvenuto dopo la fusione con un concorrente europeo.
In pratica, è avvenuta quello che in finanza si chiama "tax inversion": mettendo assieme due aziende, la nuova compagine decide di avere la propria testa in Europa anche se l'acquirente è americano. Ovviamente bisogna scegliere con oculatezza: non solo la preda, ma soprattutto il paese che offre i vantaggi fiscali economicamente più validi.
L'obiettivo è sfuggire alle nuove regole imposte alle multinazionali dall'amministrazione Obama: per cercare di far pagare più tasse ai ricchi - e tra questi le grandi società americane - l'amministrazione democratica ha portato l'aliquota sugli utili fino al 30 per cento. Così, nell'economia globalizzata dove le grandi società si spostano velocemente dove ci sono le opportunità migliori (per esempio dove c'è il costo del lavoro più basso o incentivi più alti alla ricerca) anche la leva fiscale ha il suo vantaggio.
Ecco perché - spiega il Financial Times - il gruppo farmaceutico del Michigan Perrigo ha acquisito l'azienda biotech irlandese Elan e ha spostato il domicilio sull'isola "verde", abbassando il suo tax rate dal 30 al 17 per cento, risparmiando - secondo un calcolo di Deutsche Bank - fino a 118 milioni. Stesso discorso per Actavia, società del New Jersey che è sbarcata a Dublino dopo il merger con Warner Chilcott, entrambe del settore farmaceutico, risparmiando 150 milioni in due anni.
Il gruppo pubblicitario Omnicom non ha esitato a sborsare 35 miliardi di dollari per impossessarsi di Publicis: in questo caso ha traslocato in Olanda, con 80 milioni di tasse da pagare in meno. O ancora Liberty Global trasferitasi a Londra dopo la conquista di Virgin Media, abbassando così l'aliquota al 21%. Il tutto mentre negli Usa è all'ordine del giorno il dibattito per portare il tax rate al 35%, concedendo però incentivi e detrazioni varie. E la fuga delle società non potrà che influenzare qualsiasi decisione futura.
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