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"DELFIN” CURIOSO – DA DOVE ARRIVA LA NOTIZIA CHE LA HOLDING DEI DEL VECCHIO POTREBBERO LIQUIDARE IL…
1 - L’INSERZIONE IN REDAZIONE
Filippo Facci per “Libero Quotidiano”
Certe inchieste di Report (Raitre) possono piacere o meno, non entro nel merito: ma il futuro del giornalismo passerà inevitabilmente da quelle parti. Se le inchieste sulla qualità della pizza o sui piumini Moncler fossero solo il millesimo effetto dell’antipolitica (qualcuno lo sostiene) allora andrebbe concluso che negli Usa l’antipolitica impera da mezzo secolo: il giornalismo d’oltreoceano, da sempre, è assai meno orientato sui «politici» e molto più sulle lobby e sulle multinazionali.
In fondo non facciamo altro che scriverlo: che la politica conta sempre meno e che a influenzarci sono sempre più i centri di potere economici, giusto? La morale è che scrivere contro Renzi o Berlusconi oggi è facilissimo, il problema è farlo contro un’industria di moda, di automobili, di acqua minerale, un gruppo farmaceutico o telefonico, colossi che governano le nostre vite mentre noi giornalisti ci accapigliamo attorno al patto del Nazareno.
Se è vero che siamo sempre meno cittadini e sempre più consumatori, ergo, il giornalismo non farà che adeguarsi: il punto è se siamo pronti a farlo. L’imbarazzo dei quotidiani sul caso Moncler, grande inserzionista pubblicitario, è palese. Nei giorni scorsi, per via di un’inchiesta di Sky, alcune industrie della carne hanno ritirato la pubblicità dall’emittente. Accadde anche con Telecom e Panorama, con Dolce&Gabbana e l’Espresso, gli esempi non mancano. Un certo giornalismo, forse, sì.
2 - DOPO MONCLER TUTTO IL LUSSO PERDE COLPI: PESA LA CRISI INTERNAZIONALE: GIÙ YOOX, LUXOTTICA E CUCINELLI
Laura Verlicchi per “il Giornale”
Il lusso ha vissuto una giornata difficile a Piazza Affari: dopo il lunedì nero di Moncler, penalizzato dall'inchiesta negativa di «Report», poi smentita dall'azienda, questa volta le perdite non hanno risparmiato nessuno. A cominciare da Salvatore Ferragamo (-3,71%), penalizzato da un report di Intermonte, che lima del 2,4% e del 2,7% rispettivamente l'utile per azione 2014 e 2015 «per tenere conto del peggioramento della congiuntura settoriale»: il broker ha mantenuto comunque raccomandazione «outperform» con target price limato da 25,2 a 24 euro.
Ma ancora peggio è andata a Yoox (-5,7%), passato da miglior titolo della vigilia a maglia nera del listino principale, mentre il mercato aspetta i dati trimestrali, previsti per oggi. E a ruota sono scesi anche Tod's (-3,24%, Luxottica (-1,34%), Aeffe (-0,84%) e Brunello Cucinelli (-0,55).
puntata di report su moncler 2
In rosso anche Moncler, che ha lasciato sul terreno l'1,81%, mentre non si arrestano le polemiche legate al «caso Report». L'azienda guidata da Remo Ruffini ha già annunciato che valuterà il ricorso alle vie legali contro la trasmissione di Rai Tre e respinto tutte le accuse: nessun legame tra l'azienda, che acquista solo da fornitori regolari, e le immagini choc di oche spennate vive mostrate dal servizio tv.
Inoltre, Moncler non ha mai spostato la produzione, visto che da sempre produce in Italia, dove ha mantenuto la collaborazione con 14 laboratori, oltre che in Europa. Infine, la questione dei ricarichi, eccessivi secondo la trasmissione, in realtà normali, come ricorda l'azienda, nel settore lusso: una filiera complessa dove il capo, una volta uscito dalla fabbrica, subisce molti passaggi che fanno aumentare notevolmente il prezzo finale.
puntata di report su moncler 4
Ma è proprio il lusso a preoccupare i mercati: pesa una congiuntura internazionale sempre più fosca, tra la crisi russa, il rallentamento dell'economia cinese e le difficoltà della vecchia Europa. Nubi all'orizzonte proprio mentre si avvicina la stagione natalizia, quando la moda mette fieno in cascina per tutto l'anno. E ieri Hugo Boss ha rivisto al ribasso le stime sui ricavi 2014: ora si attende una crescita compresa tra il 6 e l'8%, da una forbice tra il 5 e il 10%.
3 - MONCLER, IL SILENZIO VALE UN’INSERZIONE
Dal “Fatto quotidiano”
Da ieri, il connubio è limpido: Moncler non incarna solo l’idea di azienda cara alla vulgata renziana, ma anche ai grandi giornali. Dopo la puntata di Report sulle oche spennate vive e i terzisti dell’est che hanno affondato in Borsa (e sui social network) il gruppo dei piumini, la grande stampa non si è immischiata. Dopo averlo anticipato come “un servizio sull’illegalità della spiumatura delle oche”, il Corriere ne ha dato un resoconto al cloroformio, idem La Stampa.
puntata di report su moncler 3
Il Messaggero si è invece cimentato nell’antica arte della notizia per contrasto: “Tutto falso, vi portiamo in tribunale”. E Repubblica: 20 righe a fianco alle inserzioni, in fondo a pagina 27. Promemoria: Moncler si è quotata in Borsa con inserzioni su tutti i giornali e nel 2013 ha speso 36 milioni di euro in pubblicità. Solo la capogruppo (quindi al netto del marketing nei negozi), 19. Una manna per i conti dei quotidiani.
4 - MONCLER SOTTOVALUTA L'IMPORTANZA DELLA REPUTAZIONE ONLINE
Gianluca Comin per www.lettera43.it
Più di 22 mila menzioni, 3 mila tweet in meno di 24 ore, l’hashtag nelle prime posizioni trending topics ancora stabile in classifica, più di 1.800 commenti ai post aziendali su Facebook.
Non si tratta dell’ultima campagna virale targata Coca Cola, ma dei numeri fatti registrare dal caso Moncler nella sola giornata di lunedì 3 novembre, una crisi “improvvisa” che ha coinvolto l’azienda dopo la puntata di Report sull’uso della piuma d’oca per la produzione manifatturiera e che ha provocato un crollo in Borsa del titolo azionario e l’avvio di una vasta campagna di boicottaggio dei noti prodotti di abbigliamento.
Ma la domanda che viene spontanea a un comunicatore di professione che di crisi ne ha dovute affrontare tante è: si poteva evitare tutto questo? Era possibile anticipare la tempesta che ha coinvolto l’azienda di origini francesi, rilanciata con successo da Remo Ruffini?
La risposta è sì, ma c’è bisogno di argomentare per non fare la parte degli italiani che sanno tutto e vaticinano sulle disgrazie altrui.
LE SIMILITUDINI COL CASO BARILLA.
Il caso Barilla ha fatto scuola, le sfortunate dichiarazioni di Guido Barilla hanno scatenato un tam tam mediatico, specialmente sui nuovi mezzi digitali e sui social network, che hanno portato il presidente del gruppo a scusarsi personalmente per le frasi pronunciate sulle nozze gay al programma radiofonico La Zanzara e ad avviare un efficace piano di recupero della reputazione che in pochi mesi ha quasi riportato l’azienda di Parma a livelli precrisi.
MA LE SIMILITUDINI FINISCONO QUI.
Nel caso Moncler, a prescindere dalla veridicità dell’inchiesta, il servizio è stato preparato mesi prima dallo staff di RaiTre, e l’azienda è stata sicuramente interpellata dalla giornalista per rispondere nel merito.
Moncler era dunque a conoscenza del potenziale rischio reputazionale in cui sarebbe potuta incappare eppure è sembrata impreparata all’evento, come un pugile che prende un pugno inaspettato. Il titolo in Borsa ha perso il 4,9% nella sola giornata di lunedì 3 novembre e le conseguenze, non solo finanziarie, si faranno sentire a lungo.
L'azienda, oltre a non aver voluto partecipare alla trasmissione, il giorno successivo ha messo la testa sotto la sabbia, aggiornando il proprio sito web con una schermata che sottolinea la provenienza certificata della piuma d’oca.
La comunicazione online è 1.0: niente social, solo una schermata fissa sul sito.
REPUTAZIONE ONLINE, MONCLER IMPREPARATA.
Ho parlato più volte in questa rubrica Spin Doctor dell’importanza della reputazione come intangible asset nella gestione dell’immagine di marca e della necessità di mettere in atto preventivamente tutte le azioni necessarie a creare un cuscinetto di valori, azioni e impegni che attutiscano la caduta quando inevitabilmente questa avviene.
La diffusione della comunicazione digitale e l’avvento dei social network non hanno di per sé generato un incremento del rischio in materia di reputazione.
I rischi ci sono oggi, come ci sono sempre stati in passato; i nuovi strumenti e le nuove forme di comunicazione, però, hanno reso visibili eventi che una volta sarebbero passati sotto silenzio, ne amplificano la portata diffondendosi ad una velocità incredibile e superando anche i confini linguistici.
Oggi un piccolo incidente è in grado di generare conseguenze negative sul modo in cui gli stakeholder percepiscono l’azienda, in virtù della molteplicità e interconnessione dei canali mediatici. Basta un caso sollevato da un singolo cliente per creare un effetto rilevante sul valore dell’azienda, grazie alla funzione di risonanza svolta dalla Rete, generando un incontrollabile effetto a valanga.
MILENA GABANELLI NELLA REDAZIONE DI REPORT FOTO LUCIANO VITI PER SETTE
In Italia, la maggior parte dei manager guarda con grande attenzione alla prevenzione e gestione dei rischi rilevanti per il business, ma non ha ancora sviluppato un’analoga sensibilità per i possibili impatti che questi rischi hanno sulla reputazione.
Non si lavora abbastanza per cogliere in anticipo i segnali e per lavorare alla costruzione di una reputazione solida in grado di bilanciarne il possibile impatto negativo.
CHIUDERSI A RICCIO NON SERVE A NULLA.
Cosa bisognava fare? Prevenire, intanto, con un audit accurato dei possibili rischi e mettendo in atto azioni conseguenti di protezione attraverso alleanze e piani di comunicazione adeguati.
Quando, poi, vieni a conoscenza che la tempesta sta per arrivare è necessario implementare immediate azioni correttive affinché i consumatori siano pronti e predisposti positivamente nei confronti dell’azienda.
È ineludibile poi la costituzione di una struttura social media organizzata e operativa che monitori tutte le conversazioni sul marchio e sia pronta a rispondere alle critiche, a precisare laddove ci fossero affermazioni non corrette, a chiarire punti controversi.
È imprescindibile, tanto più per una società mass market quotata in borsa.
Tanto più per una società mass market.
Ora è tempo di ricostruire reputazione e immagine, anche coinvolgendo dipendenti e clienti in una campagna di testimonianza.
Poco vale chiudersi a riccio nelle solite minacce di azioni legali.
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