FLASH! - SIAMO UOMINI O GENERALI? PER L'OTTUAGENARIO CALTAGIRONE LA CATTURA DEL LEONE DI TRIESTE E'…
Filippo Santelli per "Affari & Finanza - La Repubblica"
Il programmatore di app. Il pasticcere. La fabbrica di friggitrici. Quanto Twitter si stia allargando, lo si capisce dalla varietà di storie che Adam Bain racconta. Ora, dice il manager della società, responsabile del “Global revenue”, in pratica il numero due del gruppo, c’è un prodotto per ognuno di quei clienti: la piattaforma per sviluppatori Fabric, il canale per le piccole imprese che vogliono farsi pubblicità, i dati messi a disposizione delle aziende.
Una trasformazione «eccitante» che, seduto nella hall di un hotel di Dublino, Bain spiega così: «Solo due anni fa avevamo un unico prodotto, i tweet. Ora ci stiamo trasformando in una piattaforma». Non solo pubblicità, anche e-commerce e big data, nuovi rami che, dice, rispondono alla «volontà di diversificare». Sembrano lontani i dubbi degli analisti, i timori che tanto “zompettare” denunci in realtà un’assenza di direzione. Il suo compito è trasformare gli utenti in profitti.
Sorriso genuino, capelli a spazzola, all’arrivo di Bain in Twitter nel 2010 la società ancora doveva incassare il primo dollaro, quest’anno fatturerà oltre un miliardo. Il terzo trimestre si è chiuso a quota 361 milioni, più del doppio rispetto allo stesso periodo del 2013. Cifre ancora distanti da Facebook e Google, ma superiori alle attese: «Tra i big della pubblicità nessuno cresce più veloce».
Per capire cosa non piace alla Borsa (da inizio anno il titolo è sceso del 33%) bisogna guardare altrove, e oltre il rosso di bilancio, figlio legittimo dell’espansione. A deludere è stata la progressione degli utenti mensili: appena più 4,8% nel trimestre, sono ora 284 milioni. Neppure troppo attivi, se è vero che meno della metà visita Twitter ogni giorno. A differenza dei «Like» di Facebook, i 140 caratteri non danno dipendenza.
L’imputato numero uno, «senza visione» dicono i critici, è il Ceo Dick Costolo. Che mercoledì scorso, in un incontro con gli analisti, ha provato a recuperare: «La priorità è costruire la più grande audience giornaliera al mondo». Ha convinto, il titolo è rimbalzato, ma ora bisogna eseguire. L’esperienza di Twitter è rimasta, al netto di selfie delle celebrità e mini video di Vine (6 secondi), la stessa degli inizi. «Vogliamo che sia più facile da usare per chi si iscrive spiega Bain - e vogliamo portare più vicino alle persone i contenuti rilevanti ».
I primi esperimenti sono stati fatti con i mondiali di calcio e il football americano, degli stream tematici che superano il rigoroso ordine cronologico, per offrire una selezione dei cinguettii più rilevanti: «L’idea è organizzare la conversazione». Arricchendola poi con dei video che da gennaio sarà possibile twittare insieme a testo e foto. Ma l’audience globale a cui Twitter mira non è solo di iscritti. «Gli utenti che incrociano i nostri contenuti su altri siti o dai motori di ricerca sono 500 milioni, anche su di loro possiamo monetizzare », spiega Bain.
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E ad allargare ancora di più il perimetro contribuirà pure Fabric, la nuova piattaforma dedicata ai programmatori di app: «La prossima ondata di innovazione verrà da loro - ragiona Bain - noi li aiuteremo a sviluppare e monetizzare, diventando centrali per l’ecosistema mobile».
In questa cassetta degli attrezzi Twitter ha messo a disposizione tante delle tecnologie acquisite nell’ultimo anno. Come Digits, un sistema di autenticazione via sms. A che scopo? Più clienti per MoPub, la società pubblicitaria comprata a fine 2013. E dati più precisi sugli utenti, grazie ai mattoncini targati Twitter integrati nelle applicazioni di terzi. Bain non nega: «Ma è il programmatore che sceglie quali informazioni condividere e quali no, in trasparenza ».
Dall’audience, poi, si dovrà estrarre valore, seconda parte del piano. Il fatturato per utente, indicatore chiave nella pubblicità online, cresce, ma ancora una volta insegue Facebook. «Monetizziamo da appena quattro anni», motiva Bain, che vede il ritardo come un’opportunità. «Stiamo espandendo la platea degli inserzionisti ». Due mesi fa la società ha lanciato in dodici Paesi, tra cui l’Italia, un servizio fai da te per le piccole imprese che permette loro di acquistare e gestire in autonomia le campagne pubblicitarie. «Tante aziende, anche nel vostro Paese, hanno strategie online sofisticate ».
L’esempio che fa, però, viene dall’Inghilterra: un pasticcere il cui forno twitta quando i muffin caldi stanno uscendo. Quasi il 90% dei profitti arrivano dalla pubblicità, in larga parte su dispositivi mobili. Ai social si accede sempre più da smartphone, un terreno su cui Twitter gioca in casa. La società però sta anche cercando di diversificare. Il primo fronte sono i dati, il miliardo di messaggini pubblicati ogni due giorni, informazioni preziose per le aziende.
«Abbiamo appena chiuso un accordo di licenza con Ibm - racconta Bain - ma anche con un produttore di friggitrici». Come li usa? «Cerca persone che si lamentano perché le patatine sono molli, poi va dai ristoranti a proporre le sue macchine». Vale un decimo del fatturato, ma cresce anno su anno del 171%. Quanto all’e-commerce, l’atteso tasto «buy» che dovrebbe apparire accanto ai tweet, sarà un terzo tassello. Ma Bain non si sbilancia sui tempi: «Lo stiamo testando negli Usa, dobbiamo mostrare se e come siamo in grado di generare acquisiti ».
Tanti esperimenti. Al momento però a fruttare davvero è solo la pubblicità. L’altalena in Borsa dice che, dell’uccellino, gli investitori faticano a capire la rotta. E non solo loro, a giudicare dalla quantità di dirigenti che negli ultimi mesi se ne è andata sbattendo la porta, dal capo delle operazioni Ali Rowghani in giù. Cosa sarà Twitter? «Una piattaforma», ripete Bain. Ma è solo un inizio di risposta.
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