DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
fabrizio palenzona foto di bacco
Laura Galvagni per “il Sole 24 Ore” -
L’addio a Banco Bpm a favore dell’ascesa nell’asset storico Generali, il supporto ad Andrea Orcel, ad di UniCredit, e ad Andrea Pignataro al punto da invitare la premier Giorgia Meloni a sedersi al tavolo con lui. Non solo. Il via libera ad Azzone presidente di Acri con la vice presidenza però intestata a Fondazione Crt e le attese sul ddl capitali. Nonché la necessaria manutenzione del patto che governa F2i.
Fabrizio Palenzona, numero uno dell’ente torinese, terza fondazione del paese con un patrimonio di 2,3 miliardi, in questo lungo colloquio con Il Sole 24 Ore spiega le mosse delle ultime settimane e mette in fila i pilastri chiave della strategia futura.
Andrea Orcel giuseppe castagna
Cosa vi ha spinto a cedere le azioni di Banco Bpm? La plusvalenza o visioni differenti sui potenziali indirizzi strategici?
Ho messo in pratica quanto suggeriva Enrico Cuccia: vendi, guadagna e pentiti. Grazie all’ottimo lavoro del dottor Giuseppe Castagna abbiamo quasi triplicato l’investimento.
Cosa farete con i soldi raccolti, 140 milioni di cui 80 milioni di plusvalenza?
Abbiamo consolidato la nostra storica partecipazione di lungo termine in Generali, così da accrescere il flusso di dividendi, che insieme ad UniCredit e Mundys costituiscono la parte più consistente delle risorse che mettiamo a disposizione del territorio.
Ora dunque quanto avete delle Generali?
Siamo e restiamo sulla soglia del 2%.
In ottica risiko bancario, non avete pensato di scommettere su altri istituti? Più in generale non ritiene che il comparto del credito sia destinato a un ulteriore consolidamento?
Parlo di UniCredit, di cui siamo azionisti e dove continueremo a supportare Andrea Orcel, un eccellente banchiere che non da oggi gode della nostra stima e i cui risultati straordinari parlano per lui.
Recentemente però avete messo in discussione le modalità con cui la banca sta componendo la lista del cda. Avete lamentato di non essere stati in alcun modo contattati. Una lettera dura. Ciò ha qualche effetto sulla vostra presenza in UniCredit o sui rapporti con il vertice?
Di UniCredit siamo fondatori e la nostra partecipazione non è in discussione. La nostra critica era rivolta al comitato governance per come ha gestito il processo di formazione della lista del cda. Un processo che non sia in linea con le best practice di mercato e con le linee guida della Consob non è nell’interesse di UniCredit. Il ritiro dalla lista del cda di chi aveva gestito il processo ha certamente contribuito a mitigare la nostra posizione critica.
Che giudizio date in generale sulla lista del cda? Già in occasione della partita per il rinnovo delle Generali vi siete schierati a favore di quella presentata dai soci privati, sebbene poi abbiano prevalso i candidati del board, che bilancio fate?
La lista del consiglio è una pratica diffusa a livello internazionale. Se però il processo di formazione viene gestito male, ne distorce la validità. Il rischio evidente è quello dell’autoreferenzialità del consiglio, cosa certamente criticabile.
FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE PHILIPPE DONNET
L’altro aspetto è il conflitto di interessi che si può creare se non si disciplina adeguatamente il ruolo degli attori delegati alla formazione della lista. Inoltre, un engagement serio e attento dei soci è una pratica indispensabile, nel caso in cui il consiglio voglia presentare la lista. Alla fine, infatti, chi la vota sono sempre e solo i soci. Certamente le Generali hanno rispettato questa best practice. Per il futuro, tuttavia, il ddl capitali ha cambiato la situazione.
Che effetti ha per un grande investitore come voi il ddl capitali?
È innegabile che il disegno di legge solleva qualche perplessità tra gli investitori quanto alla sua applicabilità proprio riguardo alle liste del consiglio. Comportamenti come quelli da noi denunciati spiegano le ragioni della necessità di disciplinare questo strumento. Per un giudizio compiuto, comunque, bisognerà attendere i decreti delegati al governo.
Sempre in tema di governance, si è appena concluso il confronto per il rinnovo del vertice Acri, è stato scelto Azzone all’unanimità. Soddisfatti di questa scelta e della precedente gestione dell’Acri? A tal proposito avevate messo nero su bianco una sorta di programma di lavoro per il futuro, immagino auspichiate una gestione che segua le vostre ambizioni. Lei ne sarà il vicepresidente?
Sì, altrimenti non avrei sostenuto la candidatura di Giuseppe Azzone. Per quanto riguarda la precedente gestione di Acri non ho l’ansia di commentare le prestazioni di Profumo. Nei fatti, è la prima volta che si elegge il presidente dell’Acri in quanto nella Prima Repubblica i metodi erano appunto quelli da Prima Repubblica.
Dopo, grazie a Dio, le fondazioni hanno goduto per lungo tempo della presidenza di un fuoriclasse come Giuseppe Guzzetti. Il quale, come si addice ai regnanti, ha indicato in Profumo il suo successore. In questo contesto ho ritenuto proporre alla Consulta delle Fob di Piemonte e Liguria, che ricordo rappresentano il 40% del patrimonio presente in Acri, un programma che una volta condiviso costituisse il metro per valutare l’operato dei nuovi vertici. In Acri Fondazione Crt è ben rappresentata dal nostro vicepresidente vicario, professor Maurizio Irrera, che continuerà nel suo impegno.
SERGIO MATTARELLA E GIUSEPPE GUZZETTI
Tornando agli investimenti, avete partecipato al veicolo per la rete Tim con 15 milioni. Cifra che secondo alcuni addetti ai lavori è dettata dal fatto che non condividete alcune linee strategiche di F2i.
Il nostro contributo mi pare in linea con quello dei nostri colleghi e mi auguro che l’operazione Netco possa dare a Tim la stabilità di cui ha bisogno.
francesco profumo giuseppe guzzetti
Avete però aperto un cantiere per la revisione dei patti sul fondo. Più nello specifico come valuta il desiderio del management di F2i di allargare il raggio di azione all’estero e la volontà di aumentare il peso nell’azionariato della sgr?
Non vedo nessuno scandalo se dopo 10 anni ed in prossimità della scadenza del patto si fa un tagliando. È dovere dei soci valutare l’operato del management. Ancor di più nel caso in cui proprio il management proponga modifiche che comportino sia il suo ingresso nell’azionariato sia la modifica degli obiettivi strategici di investimento.
Tralasciamo che tutto questo sia avvenuto non seguendo le migliori pratiche di mercato. Ricordo di aver partecipato personalmente alla nascita di F2i. L’obiettivo era costruire un campione nazionale per supportare l’ammodernamento delle grandi infrastrutture del Paese attraendo investitori nazionali ed internazionali. Anche per questo la qualità dei soci di F2i era ed è decisiva.
A proposito di questo siete tra i soci chiave di Mundys, la ex Atlantia, alle prese con un piano di trasformazione che punta a farla diventare una piattaforma globale nel comparto delle infrastrutture, a che punto siamo del progetto? Il nuovo equilibrio interno Benetton-Perez può favorire questa crescita?
Mundys ha tutte le caratteristiche per esserlo: azionisti stabili con visione di lungo termine, capacità, competenze e risorse per competere nel mercato globale. L’equilibrio trovato tra Alessandro Benetton e Florentino Perez è un’ottima notizia che consente una nuova stagione di crescita sostenibile nell’interesse di tutti gli stakeholders.
vincenzo maranghi con palenzona
Questo è frutto del nuovo corso di Edizione e della stabilità azionaria di Mundys e Acs. Fondazione Crt proprio in qualità di investitore stabile e di lungo periodo partecipa all’accordo di consultazione tra soci Mundys, che rappresenta il luogo istituzionale nel quale ognuno può portare il suo specifico contributo. Ecco, questo è il tipo di partnership che rappresenta i principi che ho esposto.
L’operazione Prelios di fatto a un anno di distanza non ha ancora trovato compimento, lo troverà?
Io penso che chi è fortunato nasce in Europa, chi è molto più fortunato nasce in Italia. Questo privilegio a volte deve fare i conti con un po’ di complessità, ma questo non ci spaventa! Quando un’operazione è valida, strategica e assicura un contributo allo sviluppo, un po’ di pazienza è d’obbligo.
Sono ottimista sul risultato delle procedure in corso e ritengo assolutamente importante lo strumento del golden power a tutela delle aziende sistemiche e dell’interesse nazionale. Proprio in questo senso abbiamo bisogno di un azionista stabile e di lungo periodo come ION. Vogliamo crescere ed esportare la nostra esperienza. I servicer italiani sono i migliori e con ION possiamo giocare la partita per diventare protagonisti europei del settore.
Pignataro sembra avvolto da misteri. Lei che lo conosce cosa può dire?
Lo conosco da meno di due anni, non appena iniziato l’interesse per Prelios. Come lei può immaginare, nella mia vita ho avuto modo di conoscere uomini, manager e imprenditori eccellenti, Andrea Pignataro è un unicum. Un fuoriclasse che, tra l’altro, non se la tira. Imprenditore, manager e scienziato assieme. Con una passione per la ricerca e i giovani. Ha in testa un disegno strategico e, dopo aver fatto fortuna in tutti i continenti, ha volutamente deciso di impegnarsi nel suo Paese. Riservato per carattere e per scelta di vita, non facendo parte di nessun “circolo del tennis”, non gode di “amichettismo”.
LA STRUTTURA DI ION - ANDREA PIGNATARO
Ma i sospetti restano
Dicono: ha troppi debiti. Ma uno che ha iniziato da zero e oggi ha un gruppo industriale innovativo con un enterprise value di oltre 45 miliardi e un ebitda di oltre 2 come potrebbe aver fatto tutto senza debito? Inoltre, a credere in lui sono le principali istituzioni finanziarie del mondo. Non ha mai ricevuto soldi pubblici, ha onorato sempre i suoi impegni e last but not least ION vale molto più del suo debito.
Ma la cosa più affascinante è il modo con cui mette insieme business e ricerca. Pignataro stima le nostre università, che supporta con consistenti risorse. È convinto che attraverso una ricerca “verticale e coordinata” l’Italia abbia ancora l’opportunità di dire la sua nell’applicazione dell’intelligenza artificiale e nella gestione dei dati, settore dove anche l’Europa ha perso il treno. Credo che una volta superate le diffidenze e i sospetti sarà apprezzato. Sono convinto che sarebbe più utile alla nostra premier e al Paese un colloquio con l’umano Andrea piuttosto che con il transumano Elon.
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