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Nino Sunseri per "Libero"
Da venerdì è cominciata ufficialmente la ricerca del nuovo presidente di Unicredit. Dieter Rampl è ormai in uscita. Il più chiaro di tutti è stato il presidente della Fondazione Banco di Sicilia, Gianni Puglisi: «La conferma di Federico Ghizzoni come amministratore delegato è certa. Per Rampl vediamo».
A primavera il consiglio d'amministrazione va in scadenza. Del rinnovo si è cominciato a discutere nel corso dell'incontro fra il vertice dell'istituto e le fondazioni che detengono complessivamente il 15% del capitale. La conferma di Rampl appare abbastanza incerta. Egli stesso ha dichiarato la disponibilità a lasciare. Un po' perché sta per compiere 65 anni e, tradizionalmente, i manager tedeschi a quest'età vanno in pensione.
Un po' perché la sua presenza era la garanzia dell'azionariato "made in Germany" ai tempi della funzione con Hvb. Solo che, negli anni, la componente si è enormemente diluita. Oggi resta solo Allianz rappresentata in consiglio da Enrico Cucchiani. Tuttavia, la partecipazione del colosso assicurativo non è una eredità che viene da Berlino. Più semplicemente è tutto quello che resta dell'intesa, un tempo molto forte, fra Credito Italiano e Ras nel campo della bancassurance. Dunque, una partita molto vecchia che precede di gran lunga la fusione tra Unicredit e Hvb.
Tutto questo per dire che a questo punto le ragioni della presenza di Rampl alla testa della banca sono venute meno. Si è aperta la successione che certo non si annuncia facile. Tanto più che in sei anni il banchiere bavarese è stato uno dei punti di riferimento della banca. Addirittura, lo scorso anno, dopo la traumatica uscita di Alessandro Profumo, ha ricoperto ad interim anche la carica di amministratore delegato.
A insistere per il ricambio sono soprattutto dalle Fondazioni nel tentativo di aumentare il loro peso specifico. Tanto più adesso che il destino della quota libica appare piuttosto incerto. Gli enti hanno le casse vuote e ora saranno chiamate a sostenere un nuovo aumento di capitale. Si sono già svenate per sostenere gli errori commessi da Profumo.
Dino De Poli, presidente della Fondazione Cassamarca (che detiene lo 0,8% del capitale) è stato chiarissimo: «Se non avremo un flusso di dividendi adeguato, saremo costretti a sospendere l'attività ».
Traduzione: se non distribuite l'utile ai soci noi non potremo dare un centesimo al territorio. Il discorso non è molto diverso per Paolo Biasi, presidente di Fondazione Cariverona, che ai prezzi attuali di Borsa si porta in pancia una minusvalenza di 2 miliardi e mezzo circa. Entrambi, comunque, si stanno guardando intorno. Non possono certo uscire dal capitale di Unicredit adesso, visto il sangue che scorrerebbe in conto capitale, ma hanno capito che la diversificazione degli investimenti è una regola aurea da seguire.
Discorso che vale soprattutto per Biasi, più saldo che mai alla guida di Cariverona. Insieme al sindaco Tosi, che a suo tempo spinse per la sua rielezione nonostante le pendenze giudiziarie (poi peraltro risolte), ha già cominciato una serie valutazione di diverse opzioni alternative di investimento, tutte legate al territorio. Insomma, a questo punto, il tema della permanenza delle Fondazioni in posizione di rilievo all'interno della banca si pone in maniera ultimativa.
Corrado Passera, amministratore delegato di Banca Intesa, ha risolto il problema garantendo un flusso di dividendi certi per tutta la durata del piano industriale. In questa maniera Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo, e gli altri enti minori hanno dato il via libera alla ricapitalizzazione da cinque miliardi. Federico Ghizzoni sarà in grado di fare altrettanto?
Il problema, nella sua essenzialità , si riduce a questo. La risposta verrà dal documento programmatico che i vertici della banca stanno preparando. Con una preoccupazione in più: l'andamento veramente disastroso del titolo. Venerdì ha perso ancora l'8,2% a 77 centesimi. Una situazione che rende veramente problematica la richiesta di nuove risorse ai soci.
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