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UOMINI DI POCA FED – IL PRESIDENTE DELLA FEDERAL RESERVE, JEROME POWELL, TAGLIA ANCORA I TASSI DI INTERESSE DI 25 PUNTI BASE, E SI IMBULLONA ALLA POLTRONA DOPO LA VITTORIA DI TRUMP: “RESTO AL MIO POSTO. IL LICENZIAMENTO DI ESPONENTI DELLA BANCA CENTRALE NON È CONSENTITO DALLA LEGGE” – TRUMP VUOLE LIMITARE DA SEMPRE I POTERI DELLA FED MA PER ORA TENDE LA MANO A POWELL (CHE HA NOMINATO LUI) , IL CUI MANDATO SCADE NEL 2026. MA SE POWELL INTRALCIASSE L’AGENDA REPUBBLICANA…

Estratto dell’articolo di Marco Valsania per “il Sole 24 Ore”

 

JEROME POWELL - FED

La Federal Reserve tiene ferma la barra del timone e i nervi saldi, all’indomani dell’esito delle elezioni americane e in vista dell’avvento di una seconda presidenza di Donald Trump che potrebbe riscrivere, con la politica americana, anche le prospettive dell’economia.

 

Jerome Powell e i suoi colleghi del vertice della Banca centrale hanno inviato un messaggio di stabilità, facendo scattare all’unanimità e come anticipato un nuovo allentamento dei tassi d’interesse di 25 punti base. La decisione, il secondo taglio consecutivo, ha portato il costo del denaro negli Stati Uniti al 4,50%-4,75%, dopo una più aggressiva riduzione di 50 punti base a settembre.

 

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«I rischi al cospetto degli obiettivi di occupazione e inflazione sono in sostanziale equilibrio», ha fatto sapere la Fed nel suo comunicato. Nella successiva conferenza stampa, Powell ha aggiunto: «Siamo impegnati a sostenere la forza dell’economia», ricalibrando la politica monetaria verso una posizione che non sia più restrittiva. Ha infine rivendicato flessibilità sui prossimi passi, affermando che la Fed deciderà «di riunione in riunione».

 

E ha risposto seccamente alla domanda se lascerà la sua posizione in caso Trump domandasse le sue dimissioni: «No», è stata la reazione di Powell. Ha asserito che licenziare o demansionare esponenti Fed «non è consentito dalla legge».

 

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Nel breve, ha aggiunto il chairman, «le elezioni non avranno alcun effetto sulle decisioni» della Fed. Ha tuttavia indicato che, quando necessario e come sempre, i modelli della Banca centrale terranno conto dell’impatto delle politiche messe in campo da una nuova amministrazione. […]

 

 […] La mossa della Fed sui tassi è stata dettata dai recenti segnali di frenate del mercato del lavoro, anche se l’espansione rimane più solida di quanto immaginato.

 

E da un rientro dell’inflazione verso target ideali del 2 per cento. A ottobre, in particolare, sono stati creati solo 12.000 nuovi impieghi, anche se il dato è stato viziato dalle ripercussioni di uragani e scioperi. Powell ha sottolineato entrambe le evoluzioni, l’indebolimento nell’occupazione e il raffreddamento nel carovita.

 

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E affermato che il mercato del lavoro non è al momento fonte di significative pressioni sui prezzi e che la Fed non desidera un suo ulteriore indebolimento. Incertezza c’è però sul futuro, della Banca centrale e dell’economia. La Fed, nel suo outlook del quale ieri non era previsto un aggiornamento, ha finora suggerito un’ulteriore riduzione di 25 punti base a dicembre e una serie di tagli l’anno prossimo fino a portare i tassi al 3,5%.

 

Per dicembre Powell ha ribadito che la Fed esaminerà con cura le statistiche in arrivo. Ma sotto osservazione degli analisti sarà allora ogni modifica nei pronostici, che verranno rivisti in quell’occasione, per intuire se filtreranno iniziali considerazioni sui cambiamenti a Washington.

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In gioco, soprattutto l’anno prossimo, potrebbero entrare gli effetti di nuove strategie promesse dalla prossima amministrazione, se scatteranno rapidamente: una combinazione di dazi commerciali, giri di vite sull’immigrazione, tagli delle imposte, deregulation, spesa e deficit.

 

Essenziale potrebbe diventare il monitoraggio dell’impatto di un simile mix, se cioè spingerà o meno, almeno nel breve periodo, l’inflazione e la crescita, riaprendo incognite sul cammino della politica monetaria anzitutto con una moderazione degli allentamenti del costo del denaro. Questo potrebbe generare tensioni con la Casa Bianca.

 

JEROME POWELL FED

Trump da sempre vuole limitare l’indipendenza della Fed.  E qualora la Fed dovesse limitare i tagli dei tassi in risposta a implicazioni inflazionistiche delle scelte della Casa Bianca, la crisi istituzionale potrebbe riaccendersi. Il presidente eletto ha fatto capire di non voler invocare una cacciata prematura di Powell, operazione che aveva fallito durante il primo mandato. L’incarico di Powell scade a maggio del 2026. Trump potrebbe tuttavia alzare enormemente le pressioni e poi progressivamente avviare rimpasti nei vertici Fed sostituendo esponenti man mano che i loro mandati terminano, i primi due nel 2026 e 2027. Tra gli incarichi che si apriranno, la supervisione bancaria.

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