RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Francesco Sacco per ''Formiche''
*Professore di Strategy and entrepreneurship presso SDA Bocconi School of management e di Economia presso l’Università dell’Insubria
Il contenimento dell’epidemia sta costringendo a casa tutti gli italiani, insieme a un miliardo di altre persone nel mondo. Per tutti la vita continua tramite il cordone ombelicale della connessione Internet. La migliore connessione in assoluto è la fibra fino a casa, in sigla FTTH (fiber-to-thehome). Se non è disponibile, l’alternativa più valida in Italia è l’ibrido fibra/rame: la fibra fino all’armadio della telefonia in strada e fino a casa con il solito doppino in rame, in sigla FTTC (fiber-to-the-cabinet). La connessione FTTH generalmente in Italia è offerta con una velocità di download fino a 1 Gbps (1.000 Mbps) e di upload fino a 200 Mbps.
Quella FTTC, invece, con download fino a 200 Mbps e upload fino a 20 Mbps. La connessione FTTH è un’infrastruttura definitiva. Per questo è detta anche “a prova di futuro», perché è relativamente insensibile a invecchiamento, distanza (fino a decine di chilometri), interferenze e umidità.
cavi sottomarini in fibra ottica
Ma soprattutto perché anche in un lontano futuro, se dovesse servire più banda, basterebbe soltanto cambiare gli apparati in casa e in centrale per aumentarne la velocità perché la fibra non ha limiti fisici rispetto a qualsiasi uso oggi immaginabile. Basti pensare che il record di velocità di trasmissione su fibra, registrato a dicembre 2019, era di 16,66 Pbps (un Pbps è un miliardo di Mbps), quanto basta per dare banda a venti volte tutti gli utenti di Netfix nel mondo con un solo cavo spesso appena 0,3 millimetri. Il problema è fare arrivare la fibra.
Non per una questione di costi; un chilometro di fibra costa mediamente 150 euro contro i 65 euro del doppino in rame. La connessione FTTC, invece, può essere considerata una tecnologia di passaggio verso l’FTTH o un’ottima alternativa se è troppo costoso portare l’FTTH. Semplificando, il suo problema, ma anche l’opportunità, è il tratto in rame dall’armadio in strada fino a casa. Da una parte, il rame con il tempo si ossida e conduce meno, è sensibile all’umidità, ha problemi di attenuazione quando aumenta la distanza e di interferenze (soprattutto se ci sono molti altri ad utilizzarlo per collegarsi a Internet), ha costi di manutenzione e di esercizio ben superiori alla fibra. Dall’altra, usarlo non costa, perché è praticamente ovunque.
Questo ha creato una frattura geopolitica. In Asia e far east i governi hanno impresso una fortissima accelerazione, così UAE e Qatar hanno una penetrazione del FTTH superiore al 94% (dati 2018); Singapore, Cina, Corea del Sud e Giappone appena sopra al 70%. Invece, gli Usa sono al 12% mentre la media Ue è appena al 13,9%, ma divisa tra Spagna al 44%, Svezia 43,6%, Francia al 19,4% da una parte, e Italia al 4%, Germania 2,3%, Regno Unito 1,3%, dall’altra. Ma quali sono le conseguenze di queste differenze? Due più importanti delle altre. La prima, la vediamo davanti ai nostri occhi. Siamo bloccati e viaggeremo poco per non poco tempo.
Questo blocco forzato sta facendo fare a tutti i miliardi di persone bloccate un salto tecnologico enorme. In Italia i consumi di banda sono già adesso quelli che il nostro trend avrebbe comportato tra quattro anni. In poche parole, usciremo da questa crisi molto più virtuali e tecnologici di come ci siamo entrati, e non torneremo indietro. La seconda, è che la fibra è un grande abilitatore di altri business, come il 5G, che ha bisogno di tanta fibra in modo capillare.
Lo stesso vale anche per ogni tecnologia “bandivora”, anche se assistita da wi-fi, come le Reti private, l’Industry 4.0, la realtà immersiva, la realtà aumentata, il gaming e l’intelligenza artificiale. Purtroppo, grazie a questa accelerazione indotta, sono treni che partiranno più in fretta di quanto ci potessimo aspettare. Ma partiranno anche senza di noi. L’Italia, che con Fastweb nel 2000 è stato il primo Paese a creare una Rete interamente in fibra, dopo avere toccato la penultima posizione in Europa nel 2015, grazie alla sfida lanciata da Open Fiber sta risalendo la china.
Negli ultimi due anni è stato il Paese che è cresciuto di più in copertura FTTH in Europa (43,1%) e Open Fiber è diventata la più grande Rete all’ingrosso per popolazione coperta del mondo, un modello che anche in Regno Unito e Germania stanno seguendo. Ma, soprattutto, il piano di Open Fiber, coprendo anche le zone meno densamente popolate del Paese, diventa implicitamente un agente di politica industriale e sociale per mantenere vitale quella parte dell’Italia fatta da piccoli Paesi dove però vive la maggior parte della popolazione: il 55% degli italiani è in centri con meno di 35mila abitanti.
Adesso, però, Open Fiber è a un bivio. Se verrà acquisita da Tim, non è dato sapere cosa potrebbe succedere ma tutto potrebbe anche fermarsi proprio quando sta andando a regime. Anche l’Italia è a un crocevia. Dopo la fallita privatizzazione di Telecom Italia, se si privatizza anche Open Fiber non si può sbagliare di nuovo. Non ci saranno altre scelte più importanti per il futuro tecnologico dell’Italia.
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