DELLA VALLE STORY, IL RICCO SENZA POTERE - VOLEVA IL ‘CORRIERE’ O SOLO ROMPERE I COGLIONI? AH, SAPERLO…

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Giorgio Meletti per "Il Fatto Quotidiano"

‘'Con Diego Della Valle è sempre così. Voleva il Corriere della Sera oppure solo rompere i coglioni?". Icastico in forza dell'anonimato, il navigato uomo di finanza distilla la sintesi suprema. Per l'ennesima volta i ghiacci si chiudono sulla testa di Mister Tod's. La sua sfida al sistema di potere saldato attorno alla Rcs è virtualmente fallita con il trionfo di John Elkann. Si stringe la morsa della Fiat sul Corriere della Sera e a Della Valle, che si sente ingannato da Mediobanca e Intesa Sanpaolo, non resta che avvertire il presidente Giorgio Napolitano dei pericoli per la libertà di stampa.

DALLA COMIT ALLA RCS
La lunga marcia dell'imprenditore marchigiano nel deserto morale dei salotti è variamente interpretata. Contro i vizi del capitalismo all'italiana brandisce un vocabolario incardinato su quattro parole. Oggettività, che contraddistingue la buona gestione. Faziosità, quando i soci di maggioranza si fanno solo gli affari loro.

Innovazione, con cui indica la strada nelle aziende dove ha messo bocca (e soldi): la Banca Commerciale (Comit), la Bnl, le Assicurazioni Generali, Mediobanca, Rcs. E poi c'è inadeguato, la sentenza capitale. Lo disse nel 1999 del delfino di Enrico Cuccia, Vincenzo Maranghi, che contribuì a silurare da Mediobanca. Lo ha detto dei delfini di Maranghi, Alberto Nagel e Renato Pagliaro.

Di fronte alla sconfitta, al bar dell'alta finanza ci si divide su una domanda, la stessa da vent'anni: perché lo fa? Chi ce l'ha gravemente sulle scatole sostiene che ogni suo salmo rottamatore finisce nella gloria di un ulteriore arricchimento. Non ce n'è prova, e forse non è vero, però inducono al sospetto la contraddittorietà di certe omelie e la geometria variabile di odi e amori.

In una memorabile interrogazione parlamentare della primavera 2011 - quando Della Valle era ancora amico di Nagel e insieme stavano facendo fuori dalle Generali l'ex amico Cesare Geronzi - Elio Lannutti dell'Adusbef notava che la ruggine tra lo "scarparo" e il vecchio banchiere romano sarebbe nata durante un consiglio delle Generali, quando il presidente, con antica familiarità, lo invitò a "non dire cretinate". Della Valle gli avrebbe risposto che "simili giudizi li accettava solo dal padre Doro".

E Geronzi di rimando: "Siccome tuo padre adesso non c'è, te lo dico io di non dire fesserie". Oltre a darci un mirabile bozzetto dei salotti detti "buoni", Lannutti esplorava i recessi del pensiero dellavalliano, sostenendo che nella migliore delle ipotesi il nostro non va mai lontano a causa di strategie non sempre chiare, forse neppure a se stesso. I suoi amici raccontano un'altra storia. Della Valle con le scarpe ha fatto un sacco di soldi. Negli ultimi tre anni la sua Tod's ha raddoppiato il valore in Borsa, mentre la Mediaset dell'ex amico Silvio Berlusconi lo dimezzava.

MOLTO PIÙ RICCO DEGLI ALTRI
Con l'ultimo bilancio (145 milioni di utile netto su 963 di fatturato) si è messo in tasca circa 50 milioni di dividendi, più o meno la stessa cifra che John Elkann, attraverso l'impero Exor (di cui Fiat-Chrysler è solo una parte) deve dividersi con le decine di coeredi dispersi nella ramificata famiglia Agnelli. "Io - ama ripetere - credo che il mio compito di imprenditore non finisca con le scarpe, gli interventi nelle grandi aziende sono il modo di dare una mano al Paese senza fare politica".

Al contrario dell'amico e socio Luca di Montezemolo, sempre in bilico tra attività imprenditoriali di modico successo e tentazione della politica, Della Valle pensa di poter servire il Paese senza abbandonare la cosiddetta trincea del lavoro. Da qui parte dell'irritazione dei colleghi che lo preferirebbero impegnato nell'antipolitica anziché a rompere la quiete dei loro patti di sindacato.

L'esordio nel grande gioco risale al 1994, quando Berlusconi, di cui fu sostenitore al momento della discesa in campo, lo volle nel consiglio d'amministrazione dell'Iri. Quando l'Iri privatizzò la Comit lui ne prese l'uno per cento ("me lo chiesero"), entrò nel consiglio e combattè per cinque anni contro i disegni egemonici della Mediobanca di Cuccia e Maranghi.

Ha vinto qualche battaglia e poche guerre. Riuscì a far cacciare Luigi Fausti dalla presidenza Comit, ma non a salvare l'indipendenza della banca milanese. Resistette alla scalata Unipol sulla Bnl, ma poi consegnò le sue azioni (guadagnandoci) ai francesi di Bnp Paribas. Ha comprato la Fiorentina per rottamare i vecchi sistemi di potere del calcio, con risultati modesti. Però è abbastanza ricco da far schiattare d'invidia i colleghi presidenti regalando ai tifosi viola Mario Gomez, sfizio da 20 milioni di euro.

Ha lanciato severi appelli pubblici per il rinnovamento della politica (ottobre 2011 e marzo 2013) ma il suo faro personale in quel mondo rimane Clemente Mastella, oggi lievemente oscurato da Matteo Renzi. Ha cercato di comprare La7, ma da Telecom Italia Franco Bernabè gli ha risposto che era tardi. E contro le malignità giura di non aver guadagnato molto con queste avventure.

Sicuramente con Rcs ha perso buona parte dei 220 milioni investiti per comprare l'inutile 8 per cento. Però a forza di prenderne, gliene ha date tante ai signori dei salotti. Proprio lui parlò di vittoria di Pirro quando Cuccia impose sulla Comit il potere dei soliti amici. E dopo 15 anni il sistema di potere di Mediobanca si è di fatto sgretolato.

La sua invettiva contro "lo stregone di Alvito" è stata seguita dalle dimissioni con ignominia del governatore di Bankitalia Antonio Fazio. Il suo attacco ai "banchieri di sistema", Geronzi e Giovanni Bazoli di Intesa Sanpaolo, definiti "arzilli vecchietti", è risultato facilmente profetico. La sua richiesta di non usare le Generali per operazioni di potere ha nel nuovo numero uno Mario Greco un interprete convinto.

In tanto agitarsi forse è diventato più ricco, ma il numero di nemici che si è fatto dimostra che non ha accumulato alcun potere. E la figura del ricco senza potere - dopo decenni dominati da un'oligarchia povera quanto avida e arrogante - un po' assomiglia alla modernità.

 

DIEGO DELLA VALLE CON SCARPE TODSDiego della valleenrico cuccia02 lapvincenzo maranghi 001 lapAlberto Nagel e Renato Pagliaro DELLA VALLE E MASTELLA Cesare Geronzi JOHN JAKI ELKANN A BAGNAIA