DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Gli uscieri di Finmeccanica si sentono più sicuri anche se qualcuno continua a strappare qualche fogliolina dalla pianticella del dubbio.
Con le anticipazioni di oggi che danno per certa la nomina di Gianni De Gennaro e Alessandro Pansa all'Assemblea che si terrà domani a partire dalle 10,30, sembra chiudersi definitivamente la telenovela che per mesi ha tenuto con il fiato sospeso chi non vuole lo sfascio di un Gruppo che, dopo Eni ed Enel, è la terza multinazionale italiana.
Adesso gli uscieri possono finalmente mettere le manette alla curiosità che in certi momenti è diventata morbosa. E hanno deciso che d'ora in avanti non leggeranno più il "Financial Times", ma prenderanno per buone le anticipazioni di quel sito disgraziato di Dagospia che lunedì ha spiegato come il governo ha superato lo scoglio che impediva al 65enne prefetto calabrese di superare l'incompatibilità prevista dalla legge per chi ha ricoperto un incarico pubblico negli ultimi 12 mesi.
Il marchingegno giuridico è stato spiegato da Dagospia due giorni fa quando ha pubblicato il testo della legge Frattini del 20 luglio 2004 in cui all' articolo 4 si legge che l'incompatibilità può valere nei confronti di enti di diritto pubblico che operino "prevalentemente in settori connessi con la carica ricoperta".
Nessuno giornale ha il buongusto di citare la lettura fatta da Dagospia, ma questa è un'abitudine incancrenita negli operatori della carta stampata che vengono presi in contropiede dal web. Resta il fatto che a sciogliere la telenovela di Finmeccanica è bastato un avverbio, quel "prevalentemente" che sfiora Finmeccanica ,ma circoscrive i confini della la mission del Gruppo.
L'espediente semantico butta a mare l'impalcatura di chiacchiere che sono girate intorno alla commovente sceneggiata del Tesoro sulla Direttiva per designare i nuovi manager. A questo punto non si capisce quale fosse il bisogno del placido ministro Saccomanni di affidarsi per la valutazione dei candidati a due consulenti del calibro di Spencer Stuart Italia e Korn Ferry che a loro volta avrebbero dovuto mettere sul tavolo del ministro una lista di nominativi.
Gli uscieri hanno capito che quell'avverbio" prevalentemente" è saltato fuori dal cilindro del Quirinale dove qualche attento esperto legislativo ha messo nelle mani di Napolitano la chiave per sciogliere il dilemma. E qui bisogna ammettere che il vero vincitore della partita su Finmeccanica è Re Giorgio, che ha sempre difeso la candidatura di De Gennaro considerandolo un servitore fedele dello Stato. A dare più forza per la sua nomina Napolitano ha aggiunto due considerazioni fondamentali.
La prima è che il Gruppo di piazza Monte Grappa ha un bisogno disperato di recuperare credibilità e reputazione sui mercati internazionali. Le vicende che hanno travolto Orsi per le presunte tangenti in India sono state così devastanti da provocare effetti a catena anche in altri Paesi del mondo.
E non deve essergli nemmeno sfuggita il clamoroso rifiuto con cui l'Olanda e il Belgio hanno rotto il contratto per i treni di Ansaldo Breda, la società che lo stesso Alessandro Pansa ha dichiarato in un'intervista ad "Affari&Finanza" di non stare in piedi da sola.
C'è però un argomento ben più forte che ha portato acqua alla designazione del Superpoliziotto ed è la storica amicizia che lega quest'uomo all'establishment americano e alle stanze del Pentagono dove si decide la politica della difesa e della sicurezza.
In questi ambienti Finmeccanica deve recuperare la sua reputazione dopo aver messo piede in America attraverso la costosa acquisizione di Drs.
Per raggiungere questo obiettivo che tocca anche la sorte degli F35 non basta certo aver aperto un ufficio di rappresentanza a Miami per Cioci, l'ex-fedelissimo di Orsi, dopo che l'America ci ha schiaffeggiati per gli elicotteri della Casa Bianca.
Ci vuole qualcosa di più e di meglio, e sotto questo profilo la nomina di De Gennaro è una scelta che Napolitano ha fatto con l'ottica di chi sa misurare la differenza tra i problemi miserabili della politica italiana e quelli di un nuovo rinascimento per l'economia del Paese.
Gli uscieri applaudono anche se quelli impegnati da sempre a innaffiare la pianticella del dubbio sottolineano la profonda differenza che distingue la realtà industriale italiana da quella di altri Paesi.
Quando si parla di Finmeccanica si parla di un colosso che per recuperare credibilità dovrà misurarsi e allearsi con i big mondiali dell'elettronica per la difesa e dell'aeronautica. Ebbene, non si può ignorare che questi micidiali competitor hanno messo alla presidenza delle loro società manager con un curriculum ben diverso da quello dell'efficiente e sicuro De Gennaro.
Nel caso dell'inglese BAE System, la società del settore aerospaziale della difesa con sede a Farnborough, non più tardi di 15 giorni fa la presidenza è stata assunta da Roger Carr, un businessman di 67 anni che è arrivato da Centrica, un altro colosso industriale dell'elettricità e del gas. Discorso analogo vale per Eads, la gigantesca società franco-tedesca dove le redini sono in mano a Thomas Enders, un 54enne ex-ufficiale e pilota di elicottero che per cinque anni ha guidato Airbus.
Per l'Italia, Paese di aggettivi e di avverbi, di sogni e di cavilli, questi ragionamenti non valgono. Ciò che importa è mettere fine una volta per tutte alla telenovela delle nomine scegliendo con un avverbio quell'uomo, campione di efficienza e di relazioni internazionali, che il grillo canterino Bisignani in un'intervista di pochi giorni fa sul quotidiano "Il Tempo" ha definito, bontà sua, "l'unico potente a cui va riconosciuta capacità di analisi ed intelligenza", perché De Gennaro "sarà un grande presidente per Finmeccanica" in grado di sussurrare ai "veri" potenti.
I giochi quindi per De Gennaro sembrano fatti e se come tutto fa prevedere domani in Assemblea la sua nomina sarà ratificata, gli uscieri di Finmeccanica potranno salire nel roof al settimo piano del palazzo di piazza Monte Grappa per preparare il brindisi al Superpoliziotto e al Superragioniere Alessandro Pansa.
Nonostante in queste ore giri ancora la voce che la partita per il figlio del giornalista non sia conclusa, sembra difficile che il copione dettato dal Quirinale venga smentito. D'altra parte il manager che ha raccolto e condiviso la funesta gestione di Orsi ha fatto capire in un'intervista di due settimane fa su "Affari&Finanza" che il vento stava tirando dalla sua parte. E lo ha fatto esaltando il ruolo del Gruppo nel settore della Difesa e della Sicurezza che a suo avviso rappresentano il core business da rafforzare e reinventare.
Agli uscieri non è sfuggito il passaggio dell'intervista dove il Superagioniere diceva che in fondo l' Ansaldo Energia di Giuseppe Zampini rappresentava soltanto il 5% del business complessivo. Dalle sue parole si capiva che ormai aveva in tasca la riconferma a dispetto di chi avrebbe desiderato spalmare le deleghe con il manager genovese che con il suo misero 5% ha portato utili preziosi dentro il bilancio.
Se dietro la designazione del Superpoliziotto c'è la manina con il tatuaggio della bandiera americana a stelle e strisce, dietro quella di Pansa c'è la mano delle lobby che lo hanno sostenuto e difeso anche nei momenti più difficili quando, attraverso le chiacchiere da osteria tra Orsi e Gotti Tedeschi, saltò fuori la storia delle consulenze pagate all'ex-moglie del pallido Vittorio Grilli. Forse un giorno queste vicende ,avvalorate davanti ai magistrati anche dall'amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, torneranno a galleggiare come un incubo.
E magari qualcuno si chiederà che cosa faceva il Superagionere quando Orsi gestiva l'azienda portandola a perdere un miliardo di euro. Che faceva in quell'epoca? Coltivava i fiori del dubbio, oppure taceva per l'innata timidezza e per riguardo verso chi lo proteggeva?
Non è il caso di mettere le mani avanti e di prefigurare l'apocalisse. Domani si gira pagina. Così vuole il governo e così ha voluto soprattutto Re Giorgio Napolitano. Nessuno di loro si è posto il problema di capire dove andrà a parare la strategia industriale della terza multinazionale italiana, e nessuno di loro pensa minimamente che senza una politica industriale si va allo sfascio.
La partita per adesso è chiusa e lo sanno bene sia gli uscieri che il perdente Zampini (danneggiato dal "pizzino" nelle mani di Epifani) al quale sembra sia stata offerta non più tardi di lunedi' la nomina (subito rifiutata) a direttore generale. Il tandem del Superpoliziotto e del Superagioniere sembra attualmente e "prevalentemente", la soluzione ottimale.
Sempre che non prevalga la tesi di chi sta ancora lavorando in queste ore per un rinvio dell'Assemblea.SEDE FINMECCANICA FinmeccanicaALESSANDRO PANSAGianni De Gennaro LETTA E SACCOMANNI GUARGUAGLINI E ORSI Luigi Bisignani DE GENNARO NAPOLITANO AMATO giuseppe ZAMPINI
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