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1- ZEMAN: «CHI à SQUALIFICATO NON DOVREBBE ALLENARE»
Luca Valdiserri per Corriere della Sera
Istruzione per l'uso: né nelle domande dei giornalisti né nelle risposte di Zdenek Zeman è mai stato fatto il nome di Antonio Conte. Ognuno, poi, è libero di fare i collegamenti che gli pare. L'ultimo giorno del ritiro austriaco della Roma è l'occasione per un bilancio del lavoro fatto a Irdning e per un giro d'orizzonte sul calcio italiano e i suoi problemi. La tregua olimpica è già finita. à bastato un giorno di calcio, quello di Juve-Napoli finale di Supercoppa, per tornare ai veleni.
Si può andare avanti così?
«Non ho visto la partita, mi viene difficile da giudicare. Però sono cose spiacevoli. Meglio che succedano all'inizio, così si capisce che cosa non si deve fare».
C'è stata una prima sentenza su Scommessopoli, se la sente di dare un giudizio?
«Fino ad ora non capisco. Non ho letto le carte, non posso parlare. Però penso che se si vuole debellare questa cosa bisogna essere più decisi».
Un giocatore squalificato, per una giornata o per un anno, non gioca. Un allenatore squalificato non va in panchina ma può allenare per tutta la settimana e fare gran parte del suo lavoro. à logico?
«Anche un giocatore squalificato si può allenare. Però penso che se c'è una squalifica lunga un allenatore non possa allenare».
Quanto lunga?
«Sopra i tre mesi».
2-MAROTTA REPLICA A ZEMAN: ''SI FACCIA GLI AFFARI SUOI''
Repubblica.it
Non è andato giù alla Juve l'ultimo attacco di Zeman. Parlando delle sentenza della Disciplinare sul calcioscommesse, il tecnico della Roma ha criticato la norma che consente ad un allenatore squalificato di svolgere regolarmente il suo lavoro durante la settimana. ''Gli squalificati non dovrebbe allenare'' ha detto Zeman facendo chiaramente riferimento (pur senza mai nominarlo) ad Antonio Conte, l'allenatore della Juve squalificato per dieci mesi.
Frasi che non sono piaciute alle Juve che ha replicato al tecnico boemo attraverso le parole del suo amministratore delegato, Beppe Marotta. ''Anche se non ha mai menzionato Conte, il riferimento di Zeman era chiaro - ha detto Marotta a Sky Sport24 - O la sua era una boutade, o è stato inopportuno, perché parla di un collega condannato per omessa denuncia e non illecito. Il regolamento dice che può andare in panchina. Zeman aveva già parlato degli scudetti della Juventus e il fatto è ancora più grave perché alimenta tensioni. Mi auguro che il presidente dell'associazione allenatori prenda una posizione. Di Zeman mi ricordo ancora il maggio 2005 quando negli ultimi dieci minuti di Lecce-Parma seguì la partita con le spalle girate al campo. Devo ancora capire quel gesto: dovrebbe spiegarlo invece di interessarsi delle vicende che non lo riguardano".
PRANDELLI: ''NON LA PENSO COME ZEMAN - Il pensiero di Zeman non è condiviso neanche dal ct della nazionale Cesare Prandelli: "Per me già una squalifica di 10 mesi è abbastanza pesante, non vedo perché uno non possa allenare. Già non andare in panchina lo trovo penalizzante per chi fa questo mestiere, credo che sia difficile allenare così. Quanto alle sentenze, aspettiamo la fine, in queste settimane sono stati sovvertiti molti pronostici. Da parte di tutti, a partire dalla gente, c'è voglia di iniziare in modo pulito. La giustizia sportiva deve giudicare in breve tempo e può creare qualche squilibrio, ma le sentenze vanno sempre rispettate".
3- IL GRANDE INQUISITORE PALAZZI VITTIMA DELLA GIUSTIZIA SPORTIVA
Aldo Grasso per Corriere della Sera
Il tifo tinge dei propri colori tutto ciò che tocca. Detto questo, tanto per ribadire che se in Italia un mascalzone patentato procura vantaggi alla nostra squadra è santo subito, il vero sconfitto del calcioscommesse è il Grande inquisitore, Stefano Palazzi. Napoletano, magistrato presso la Corte militare d'appello, da anni è il capo della Procura federale, l'indiscussa guida degli 007 della Figc. à descritto come magistrato preciso, pignolo, accentratore. La Disciplinare della Federcalcio ha in gran parte smontato il suo castello accusatorio, capovolgendo o alleggerendo le pene richieste e, soprattutto, mostrandone la fragilità intrinseca.
Ci sono giocatori che si sono venduti alcune partite: è un vizio antico, la novità consiste nel fatto che oggi ci sono gli scommettitori che lucrano pesantemente su risultati taroccati. Giusto reprimere con tutti i mezzi prima la slealtà e poi il crimine. Il fatto è che la giustizia sportiva, per essere celere, si basa sugli indizi e non sulle prove ed è facile quindi incappare in palesi incongruenze e infischiarsene delle garanzie.
Per esempio: tra la richiesta di condanna per illecito sportivo di tre anni e sei mesi per Bonucci (il che significa bruciare una carriera) e il proscioglimento ci corre un abisso che sa tanto di abbaglio; l'«omessa denuncia» è un non senso: o un allenatore sa che la sua squadra sta barando (e allora è complice) oppure non sa (e allora è incapace); l'istituto del patteggiamento è un insulto alla giustizia: prima Palazzi si accontentava di tre mesi di squalifica per Conte se questi avesse patteggiato, poi ne ha chiesti 15 di squalifica. Nella sua contraddittorietà , il patteggiamento sembra fatto apposta per corroborare le tesi fragili dell'accusa, sa di ricatto.
Visti i tempi della giustizia italiana, Palazzi ha chiesto condanne su dichiarazioni «non riscontrate»: è lui la prima vittima di un sistema accusatorio che andrebbe rifondato e che, in passato, ha già fatto non pochi danni. Il Grande inquisitore si prende ora i pesci in faccia, com'è normale che sia, anche se nelle squadre ne capitano di tutti i colori. Perché, alla fine, è sempre il colore della nostra squadra a risultare immacolato.
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