GUERRA PER BANCHE! - CHI VUOLE LA MAXI-FUSIONE TRA INTESA E UNICREDIT? IL CORRIERE PUNTA LA ROTATIVA SU PALENZONA, CHE REPLICA TRAMITE MESSAGGERO: “FALSO. A MANOVRARE È BAZOLI COL SUO FIDO COSTAMAGNA” - SI AVVICINA IL RITORNO DEL CENTROSINISTRA AL GOVERNO E I PRODIANI PREPARANO LA SOLITA ANNESSIONE BANCARIA (DOPO SANPAOLO NEL 2006)? L’OBIETTIVO: CUCCARSI IL TESORO DELLE GENERALI….

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Roberta Amoruso per il Messaggero

Un disegno per mettere insieme Intesa e Unicredit? «Ma quale Palenzona, come ha scritto ieri Repubblica, queste sono costruzioni giornalistiche che vanno ben oltre le intenzioni di chi ha immaginato una possibilità del genere. E' invece vero che nei giorni scorsi Claudio Costamagna, probabilmente d'intesa con Giovanni Bazoli, ha chiesto un incontro a Federico Ghizzoni per illustrargli a grandi linee l'idea».

L'irritazione che si respira in queste ore ai vertici di Unicredit è forte. Anche perchè di questa ipotesi si è data grande eco dalle colonne del Corriere della Sera quando, se mai vi è stato un barlume di concretezza, questa è stata fulminata proprio da Ghizzoni, che si sarebbe accomiatato da Costamagna con un «grazie, non voglio sentire altro».

Fabrizio Palenzona, vicepresidente dell'istituto di Piazza Cordusio, è stato dunque incolpevolmente tirato in ballo proprio per coprire un'idea, una delle tante per la verità, nata nelle ultime settimane con un obiettivo preciso: mettere al sicuro le Generali.

Spuntata per blindare il controllo del Leone di Trieste in vista del ridimensionamento del controllo da parte di Mediobanca (partecipata all'8,7% da Unicredit), destinata a scendere dal 13,24% sotto il 10% per rispettare i paletti di Basilea3.

In tutto questo, però, il presidente della Fondazione Crt non c'entra. Si capisce bene anche dalla sua reazione che non si può contare su una sua benedizione per un tale disegno. Qualsiasi coinvolgimento di Palenzona in questo dossier «è destituito di ogni fondamento», fa sapere il portavoce del vicepresidente di Unicredit. Che non esita a prendere le distanze da un'operazione «frutto di fantasie senza limiti, totalmente irrealizzabile». Di più, un'operazione «fuori da ogni senso reale, industriale e finanziario».

In effetti, a ispirare l'ipotesi Unicredit-Intesa, secondo il consulente di Unicredit che ieri ha accettato di rispondere alle domande del Messaggero, sarebbe stato Bazoli, presidente del Consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo. Obiettivo, appunto, trovare la via per proteggere le Generali da eventuali aggressioni straniere. Non è un caso, dunque, che sia stato proprio l'ex numero uno di Goldman Sachs, ieri Londra, a parlare dell'idea all'ad di Unicredit.

Un banchiere d'affari come Costamagna, già protagonista di molte privatizzazioni, a partire da quella del Credito Italiano, già scelto nel 2007 per pilotare l'aggregazione Capitalia-Unicredit, e noto per gli ottimi rapporti con Bazoli. Chi meglio di lui, che conosce bene il mondo Unicredit per sondare un'idea. Già, un'idea. Perchè proprio di questo si tratta, di un'ipotesi nata e già morta in quel colloquio con Ghizzoni. Già archiviata quando è stata presentata dalla stampa come ipotesi di lavoro tutt'ora allo studio.

Tuttavia, anche se di questo si tratta, qualche riflessione in più può essere utile a capire perchè lo stesso Ghizzoni abbia liquidato il dossier con tanta fretta. A partire dalla riflessione sulle motivazioni che avrebbero spinto in questa direzione. Si dice che Intesa Sanpaolo abbia un rapporto patrimoniale più favorevole rispetto a quello di Unicredit. Vero.

Come è vero tuttavia che l'istituto di Piazza Cordusio è tra le 28 banche di importanza sistemica (le Sifi), quelle «troppo grandi per fallire», classificate dal Financial Stability Board. E' l'unica banca italiana presente. E, per stare alle regole, dal 2016 dovrà munirsi di un 1% in più di capitale rispetto ai paletti di Basilea3. Figuriamoci quale scenario si aprirebbe per un colosso Unicredit-Intesa, proprio quando il «too big to fail» fa così paura.

Per non parlare delle ricadute Antitrust in Italia. Si dice poi che una delle debolezze di Unicredit sia il suo capitale molto frammentato. Forse è vero. Intesa Sanpaolo gode di una presenza più pesante delle Fondazioni. Ma vale la pena ricordarlo: l'istituto di Piazza Cordusio è più europeo che italiano.

Ciò nonostante può contare sul 13% in mano alle Fondazioni, sul 5% dei privati, il 5,1% dei russi di Pamplona, il 6,5% degli emiri di Aabar e il 3,8% dei libici. Tutte quote rappresentate in cda, a cui si aggiunge il 15% dei fondi internazionali. Con il vantaggio, quindi, di avere un capitale facilmente riscontrabile.

Se dunque per tutti questi motivi l'ipotesi Unicredit-Intesa è già archiviata, blindare il controllo italiano delle Generali sarà comunque il nodo dei prossimi mesi.

 

GIOVANNI BAZOLIClaudio CostamagnaFabrizio Palenzona e Dieter Ramplgerobo12 carol bouquet claudio costamagnaclaudio costamagna romano prodi lap