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    C’È ANCHE ALBERTO FRANCESCHINI, TRA I FONDATORI DELLE BRIGATE ROSSE, TRA QUELLI IDENTIFICATI DALLA DIGOS A MILANO ALLA COMMEMORAZIONE DELL’OPPOSITORE RUSSO ALEXEI NAVALNY. L'EX BR È IL COMPAGNO DI UNA DELLE ATTIVISTE DELL’ASSOCIAZIONE PROMOTRICE “ANNAVIVA” – IL MARCHESE FULVIO ABBATE: “IDENTIFICARE CHI NON PUÒ ESSERE RITENUTO SOSPETTO DI NULLA È UNA FORMA DI INTIMIDAZIONE DA STATO DI POLIZIA, QUALCUNO LO SPIEGHI A PIANTEDOSI”


     
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    Matteo Castagnoli e Chiara Baldi per milano.corriere.it - Estratti

     

     

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    C’è anche Alberto Franceschini, tra i fondatori delle Brigate Rosse, tra gli identificati di domenica dalla Digos alla commemorazione dell’oppositore russo Alexei Navalny. Franceschini è il compagno di una delle attiviste dell’associazione promotrice «Annaviva». I manifestanti si erano dati appuntamento al giardino Anna Politkovskaja, alla stazione Garibaldi a Milano.

     

    «È capitato pure a me nella vita di essere identificato. Non comprime una qualche libertà personale», ha commentato lunedì il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, a Milano per sottoscrivere un accordo regionale sui beni confiscati alla criminalità organizzata. «L’identificazione delle persone — ha chiarito — è un’operazione che si fa normalmente per il controllo del territorio. Il personale mi è stato riferito che non avesse piena consapevolezza».

    ALBERTO FRANCESCHINI TRA GLI IDENTIFICATI A MILANO ALLA COMMEMORAZIONE DI NAVALNY ALBERTO FRANCESCHINI TRA GLI IDENTIFICATI A MILANO ALLA COMMEMORAZIONE DI NAVALNY

     

    Sabato in Questura era arrivato un preavviso via mail, come normalmente accade, a nome del presunto organizzatore Boris Gonzhalenko che annunciava tre presenti. Secondo quanto spiegato da via Fatebenefratelli, la pattuglia degli agenti in borghese, trovatasi di fronte un gruppo maggiore di persone, è intervenuta proprio per identificare Gonzhalenko.

     

    Lunedì pomeriggio gli attivisti dell’associazione «Annaviva» hanno replicato l’omaggio a Navalny, ancora al giardino Politkovskaja e sempre lasciando dei fiori. «Quando siamo arrivati la polizia era già lì. Ci hanno chiesto i documenti qualificandosi — ha raccontato Marina Davydova, portavoce dell’associazione —. Volevamo fare quello che altri russi non possono permettersi altrove».

     

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