Pa.Ru. per "la Stampa"
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«Mia nonna ha da anni una badante filippina alla quale si è affezionata ma che ha fatto il vaccino cinese, un vaccino non riconosciuto da noi e quindi non valido per avere il Green Pass. Lei comunque ha detto che anche così non la manda via, ma non vorrei che adesso rischiasse pure una multa». In questo momento sono in migliaia nella stessa situazione della nonna di Caterina Danese. «Qui a Cremona abbiamo una decina di lavoratrici straniere, peruviane e dell'Est Europa, immunizzate con sieri non autorizzati dall'Ema e che ora devono sottoporsi a un tampone ogni 48 ore per poter lavorare. Alcune sono part-time e questo significa che per 400 euro al mese dovrebbero spenderne 200 solo di test», fa presente il presidente delle Acli cremasche, Bruno Tagliati.
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Lo zoccolo duro dei No Vax Presto però chi è vaccinato con questi antidoti potrà mettersi in regola «perché da quello che ci risulta è imminente l'equiparazione di Sputnik e Sinovac ai nostri vaccini ai fini del rilascio del certificato verde», afferma Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, l'associazione che tutela i datori di lavoro dei collaboratori domestici. La stessa che in un sondaggio ultimato proprio in queste ore rileva che senza Green Pass sono oggi una badante o una colf su cinque, ossia pur sempre 400 mila lavoratori dell'esercito dei 2,1 milioni che ogni giorno assistono i nostri anziani, fanno la spesa e riassettano casa.
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Una situazione comunque assai migliore di quella certificata a fine agosto quando la metà era senza vaccino. Uno zoccolo duro di non immunizzati però esiste e resiste. L'associazione Domina, dalle segnalazioni ricevute dalle famiglie iscritte, fa una stima un po' più pessimistica di ancora un buon 30% di lavoratori senza copertura vaccinale. «Quasi il 40% dei lavoratori domestici - spiega Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina - proviene dall'Est Europa. Nelle lavoratrici di quest' area geografica c'è una certa ritrosia alla vaccinazione, sia per motivi culturali sia forse perché in certi Paesi non c'è stata propaganda per promuovere la diffusione del vaccino».
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Le collaboratrici «riciclate» Cosa fare in questo caso lo spiegano le Faq del governo. Prima di tutto «se la badante non possiede il Green Pass non potrà accedere al luogo di lavoro». Fermo restando che «resta impregiudicato il prevalente diritto della persona assistita di poter fruire senza soluzione di continuità dell'assistenza necessaria, ricorrendo ad altro idoneo lavoratore». Più facile a dirsi che a farsi, «perché in questo momento c'è poca offerta per questi tipi di lavoro mentre la domanda di assistenza è in costante crescita», spiega ancora Zini.
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Che rivela come da febbraio un terzo delle badanti ha alzato i tacchi dalla famiglia dove lavorava per trovare un impiego migliore altrove, lasciando nella disperazione che si è ritrovato così orfano di assistenza. Ora con il Green Pass obbligatorio la situazione è anche peggiorata, «tanto che -prosegue il presidente di Assindatcolf- ci giungono segnalazioni di collaboratori domestici allontanati da casa perché non volevano saperne sia di vaccinarsi sia di fare il tampone, però subito riciclati da pseudo cooperative di badanti ad altre famiglie disposte a correre il rischio della multa pur di risolvere il problema». Sanzioni, è bene ricordarlo che vanno da 400 a mille euro per il datore di lavoro che omette il controllo e dai 600 ai 1.500 euro per il lavoratore. Anche se poi non è chiaro chi dovrebbe controllare i familiari-controllori.
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Più della metà sono «in nero» Le Faq del governo sembrerebbero far tirare un sospiro di sollievo anche rispetto all'obbligo di garantire vitto e alloggio per il lavoratori assunti «full time». «Il vitto e l'alloggio - si legge nel sito - sono prestazioni aventi natura retributiva. Dunque, alla luce della disciplina legale e della corrispettività del rapporto domestico, è corretta la mancata attribuzione degli stessi in virtù della mancata esecuzione della controprestazione lavorativa».
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Ma in caso di obbligo di quarantena, «se la badante è convivente non potrà chiaramente allontanarsi dalla casa dove vive». Tutto chiaro a leggere l'interpretazione autentica della normativa, ma anche in questo caso è la realtà a rimescolare le carte. «Perché il 60% dei collaboratori domestici risulta lavorare in nero. E in molti casi non per scelta del datore di lavoro ma dello stesso lavoratore, che preferisce non essere regolarizzato per conservare il reddito di cittadinanza o l'assegno di disoccupazione», rivela ancora Zini, che è anche consulente del lavoro. E che in questa veste dispensa un po' di consigli.
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«Per evitare la ritorsione della vertenza da parte di chi non vuole mettersi in regola con il Green Pass, ma non è però regolarizzato, si può sempre correre ai ripari, comunicando all'Inps la richiesta di contrattualizzare il lavoratore, che se non accetta può a quel punto essere allontanato». E per i 25 mila badanti stranieri senza permesso di soggiorno che per questo non possono essere messi in regola? «C'è la proposta di legge "Ero straniero" che consentirebbe di rilasciare un permesso provvisorio a chi cerca lavoro». Peccato che da tre anni languisca in Parlamento.
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