Carmelo Lopapa per “la Repubblica”
LEMME BRIATORE
È uno smottamento lento, ma continuo. Che giorno dopo giorno sta facendo scivolare sulla sponda del Sì parte - grande o piccola si capirà domani sera - del mondo berlusconiano, dell' area moderata di destra, oltre che dall' enorme bacino degli "ex", dei delusi dal Cavaliere, dei nostalgici.
Matteo Renzi non ci gira molto intorno: «I voti di destra saranno decisivi al referendum». La vera svolta matura lì. E le sorprese sono ormai all' ordine del giorno. Ultimo in ordine di tempo il direttore di Libero Vittorio Feltri, che con un editoriale non schiera il suo giornale dalla parte che tutti si sarebbero aspettati, ovvero per il No. Con aria indignata scrive piuttosto che lui si asterrà «dal partecipare alla rissa» e dunque non andrà al seggio.
RENZI SALUTA CONFALONIERI DOPO LA D URSO
Oltre del resto non poteva spingersi, dopo la polemica esplosa a destra col suo arrivo al quotidiano al posto del pasdaran antirenziano Maurizio Belpietro. La linea sul referendum si era già ammorbidita, scatenando l'ira di Renato Brunetta («Mi fai pena») con replica diplomatica di Feltri («Sei un fallito»). Nelle ultime ore ci ha pensato il senatore Augusto Minzolini a rinfacciare al direttore l'astensione che spiazza non poco i lettori-elettori: «Dice che non vota per la vergognosa campagna, io mi vergognerei di più per la posizione assunta dal suo giornale».
giuliano ferrara matteo renzi
Del resto quasi tutta la redazione di Libero, e non solo il direttore, è tentata dal Sì. Fosse solo Feltri, poi. Nel brodo di coltura (e di cultura liberale) berlusconiano, in un tempo non lontano, in tanti sono sparatissimi in favore della riforma. Con le motivazioni più variegate.
Giuliano Ferrara, editorialista ed ex direttore del Foglio, ma anche il suo successore Claudio Cerasa ieri hanno fatto endorsement a 48 ore dal "R-day".
«Il mio voto è per il titolo della riforma, dei cui dettagli me ne fotto», scrive con la consueta schiettezza Ferrara in barba «ai costituzionalisti» e ai «ceti riflessivi che formano la famosa accozzaglia». Cerasa lo fa invece per i contenuti («Perché superare il bicameralismo perfetto è giusto») ma la sostanza non cambia, così per redattori e collaboratori, quasi tutti.
giuliano urbani
E uscendo dalle redazioni ed entrando negli studi Mediaset di Cologno Monzese lo spartito è simile. Il presidente Fedele Confalonieri non aveva del resto preso le distanze da quel proliferare di «io voto No che oggi fa tanto fino»? E non era stato lui a dire giorni fa che «Renzi è un ragazzo di 40 anni che ha le qualità di Berlusconi»? Col Cavaliere che confermava che le sue aziende avrebbero votato Sì («Per paura di ritorsioni»), sostenendo che «Renzi è l' unico vero leader».
Marcello Pera
Il suo No a quel punto era già sbiadito e «innocuo», come si sono lamentati tanti a destra. Anche l' ultimo "delfino" designato in diretta tv, Paolo Del Debbio, si è guardato bene dallo schierarsi («Non lo dirò mai»). Marcello Pera, che con l' altro illustre "ex" Giuliano Urbani ha girato l' Italia coi Liberali per il Sì, racconta che «ai nostri incontri a centinaia, tutti elettori di Fi». Solo il pallottoliere dirà se andranno anche a votare e come. Chi di pallottolieri forzisti se ne intende, come Denis Verdini, fa di conto e prevede già clamorose sorprese. Questione di pancia, anche lì. Un altro amico del Cavaliere, Flavio Briatore, non ha esitato a farsi immortalare mentre sbarrava il suo Sì all' estero («Ah non si poteva?) all' insegna dell' «ottimismo»: «Tanti dicono No, ma al seggio diranno Sì».