Maurizio Crosetti per la Repubblica
MASSIMILIANO ALLEGRI
C'è un uomo solo al comando, la sua maglia è bianconera, il suo nome è Massimiliano Allegri. Sembrava il più fragile, adesso è il più solido. L'ultimo dei problemi, anzi la prima delle certezze. Se una cinquantina di giorni fa, dopo le sconfitte di San Siro e Haifa si fosse dimesso, tutti avremmo trovato normale la cosa. Invece Andrea Agnelli lo difese, e Allegri restò. Alla fine, dei piccoli indiani juventini ne è rimasto uno solo ed è l'uomo magro come un'acciuga, non il grande capo.
Quello che sì, vabbè, ma la Juve gioca male, gioca vecchio. Si , vabbé, ma Allegri non lancia i giovani.
Sì, vabbè, ma non lo mandano via solo perché costerebbe troppo. Prima della tormenta societaria, l'acciuga ha ritrovato la corrente e ha ripreso a nuotare, e la squadra a vincere. Senza alcune stelle malate o pallide, e proprio con quei ragazzi che da qualche anno servivano più che altro a creare plusvalenze.
Adesso, invece, creano valore. E risultati. «L'amicizia con Andrea Agnelli non finirà qui», ha scritto Allegri in una nota ufficiale. «Ringrazio Elkann per le belle parole, è sempre molto positivo sentire la vicinanza degli azionisti».
massimiliano allegri
Come nella migliore tradizione della vecchia signora, non la Juventus ma Agatha Christie, i personaggi principali sono stati fatti fuori.
Tutti meno uno. Se la Juve è sempre stata la certezza della società e la variabile spesso virtuosa della squadra, ora è proprio la squadra a essere fuori discussione: certo, lontana dal Napoli e senza Champions, ma con nuove sicurezze.
Grande normalizzatore e notevole gestore di tensioni, che il nostro sa sciogliere come zucchero nell'acqua, Massimiliano Allegri offre il meglio di sé nella tempesta: perché sdrammatizza e rincuora, creando le premesse mentali dell'impresa talvolta impossibile. In un ambiente di facce troppo serie (la Juve è così da sempre), Allegri sa riderci sopra. La rifondazione bianconera, che dovrà certamente passare sulle scrivanie di chi comanda, in questo momento si affida al campo, e il padrone del campo è Allegri. Alcuni paradossi forse aiutano a comprendere: invece di Paredes e forse Di Maria, aspettando che si manifesti Pogba e che Chiesa recuperi del tutto, il futuro sembra appartenere di più a Fagioli, Miretti, Kean e Locatelli.
allegri bonucci
Acciuga ha badato a non bruciarli, ma adesso la necessità si è consolidata in virtù. L'Under 23 sarà sempre di più il luogo dove recuperare giocatori di talento a costi possibili, più che confezionare plusvalenze. È il primo passo. Allegri è chiamato a governare un'emergenza che in campo sembrava averlo travolto, invece sono stati spazzati via altri. In fondo è la forza del gioco in un calcio che sta mutando quasi tutto, non la principale certezza: i risultati rimangono la bussola, forse l'unico vero destino. Nulla è dato sapere di quanto accadrà in estate, tantomeno ad Acciuga. Ma lo scenario è cambiato di colpo. C'erano dieci piccoli indiani juventini, alla fine ne è rimasto uno solo.
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