1 - LA MORTE DEL CAPO ULTRÀ TESTIMONE NELL' INCHIESTA SU TIFO E 'NDRANGHETA
Marco Bardesono per il “Corriere della Sera”
RAFFAELLO BUCCI
Alle domande del pubblico ministero, Raffaello Bucci, detto Ciccio, 41 anni, ha risposto in modo evasivo. L' ultrà bianconero, anello di congiunzione tra le tifoserie e la società, incaricato della distribuzione dei biglietti per le partite, nomi non ne ha fatti. I magistrati volevano che indicasse chi era al corrente che una cosca della 'ndrangheta gestiva il bagarinaggio allo stadio vendendo sottobanco tagliandi omaggio o scontati.
Le dichiarazioni generiche del tifoso, impiegato alla Telecontrol, hanno lasciato perplessi il pm Monica Abbatecola e il capo della mobile di Torino Marco Martino. Ma che Bucci abbia fatto scena muta o che sia stato reticente non lo ha creduto chi, subito dopo, o magari appena prima dell' interrogatorio, lo avrebbe minacciato. Questo, almeno, è il sospetto degli investigatori, che ora sono chiamati ad accertare perché, poche ore dopo la deposizione come testimone, Ciccio Bucci si sia gettato da un viadotto della Torino-Savona (lo stesso dove nel 2000 perse la vita Edoardo Agnelli, figlio dell' Avvocato).
RAFFAELLO BUCCI
L'operazione della mobile che nei giorni scorsi ha portato all' arresto di 18 boss della locale di Santhià e che ha rivelato intrecci tra criminalità organizzata e tifoserie della società bianconera, oggi assume contorni tragici. Bucci non ha lasciato scritti, la polizia Scientifica sta analizzando i due telefoni cellulari che appartenevano all' ultrà. Questa mattina sarà disposta l'autopsia. Il pm ha chiesto al medico legale di verificare se la vittima abbia assunto droghe e se, sul corpo, siano presenti o meno segni di violenze precedenti a quel volo mortale.
CURVA DELLA JUVENTUS
Nell'ambiente della tifoseria non si commenta o lo si fa in forma anonima: «Da quando è morta sua mamma, Ciccio è cambiato. Si stava separando dalla moglie», circostanze, queste, confermate dal fratello della vittima, Gianni Bucci. Il tifoso veniva considerato un testimone importante, come Dino Geraldo Mocciola, 52 anni, leader storico dei «Drughi» della curva bianconera, ma di lui si sono perse le tracce. È stato convocato in procura, ma non si è presentato. I poliziotti lo cercano da giorni, inutilmente.
RAFFAELLO BUCCI
«Non si vede da mesi - dicono i "Drughi" -, forse è in vacanza». O si nasconde. Nel suo passato c'è una condanna a vent'anni di reclusione per una tentata rapina avvenuta nel 1989 nel corso della quale fu ucciso un carabiniere. Due testimoni: uno morto, l' altro scomparso. Entrambi decisivi per rendere esplicite le considerazioni del gip Stefano Vitelli che nella sua ordinanza scrive: «Non si può concludere senza fare riferimento al preoccupante scenario che vede alti esponenti di un' importantissima società calcistica a livello nazionale e internazionale consentire di fatto un bagarinaggio abituale e diffuso come forma di compromesso con alcuni esponenti del tifo ultrà ("voi non create problemi... e noi vi facciamo guadagnare con i biglietti delle partite").
MAROTTA
Avere consentito da parte di taluni responsabili della società juventina un sistema di questo tipo, ha determinato la formazione di un importante giro di facili profitti su cui (come non era difficile prevedere) hanno messo gli occhi e poi le mani anche le famiglie mafiose operanti in zona, creando un pericoloso e inquietante legame di affari fra esponenti ultrà e soggetti appartenenti a cosche mafiose». Ieri la società bianconera non ha voluto commentare.
2 - LA RIUNIONE TRA I CLAN E LA CURVA «CON GLI STADI FACCIAMO I SOLDI»
Gianni Santucci per il “Corriere della Sera”
john elkann andrea agnelli
Lo storico capo dei «Drughi» (ultrà bianconeri) proclama uno sciopero del tifo per Juve-Toro del febbraio 2014. La telefonata interessante avviene due giorni prima. Rocco Dominello, all' epoca 38 anni, figlio di Saverio, appartenente alla cosca Pesce/Bellocco di Rosarno (il gotha della 'ndrangheta), si offre di fare da mediatore. Non chiama un criminale, né un picchiatore da stadio. Telefona ad Alessandro D' Angelo, «security manager» della Juventus.
Ed è proprio quest' ultimo a pronunciare la frase che scolpisce il marcio nei rapporti tra società calcistiche e tifosi in Italia: «Io voglio che voi state tranquilli e che noi siamo tranquilli e che viaggiamo insieme, allora se il compromesso è questo a me va bene! Se gli accordi saltano, ognuno faccia la propria strada». Gli accordi sono: la società (o almeno alcuni suoi dirigenti apicali) concede i biglietti che gli ultrà (o la criminalità) sfruttano per il bagarinaggio; in cambio, ottiene la calma nei rapporti con i tifosi.
juventus scudetto 2015 2016
I BIGLIETTI DI MAROTTA
Lo Juventus Stadium viene celebrato fin dalla sua costruzione come il simbolo della società che sta traghettando il calcio italiano verso il Rinascimento. Secondo l' inchiesta della Procura di Torino, tra le tribune di quello stadio, si sarebbero invece intrecciati, tra 2013 e 2014, torbidi accordi tra alcuni dirigenti della società (non indagati), ultrà e 'ndrangheta.
Il 23 ottobre 2013 si gioca Real Madrid-Juve (Champions League). E qui emerge una figura chiave dell' inchiesta. Fabio Germani: fondatore di «Bianconeri d' Italia», organizzazione no profit di tifosi. È lui che ha accreditato il giovane Dominello ai piani alti della Juve. Ed è sempre lui che, prima della partita di Champions, contatta Giuseppe Marotta, amministratore delegato bianconero. Marotta fa avere a Germani una busta di biglietti, recapitata all' hotel «Principi», raccomandando «massima riservatezza». Negli stessi giorni Dominello smercia 10 biglietti e se li fa pagare (750 euro) con un assegno intestato alla Juventus, più 200 euro in contanti, che sono il suo guadagno.
JUVENTUS
I TIMORI DEL DIRIGENTE
Storicamente i gruppi ultrà hanno una primaria fonte di guadagno. Quando le partite sono da tutto esaurito, hanno comunque i biglietti. Potere e guadagni che solo le società possono concedere (o meno). Secondo i pm e il gip torinesi, in questo caso è stata direttamente la 'ndrangheta a «fondare» un gruppo ultrà (i «Gobbi») per entrare nel business del bagarinaggio. Ma ogni tanto qualcosa va storto.
JUVENTUS
A gennaio 2014 un tifoso manda una mail alla Juve lamentandosi di aver pagato 640 euro un biglietto per Juve-Real Madrid. La società scopre che quel tagliando rientra nella quota «nera» trattata da Rocco Dominello. Allora Stefano Merulla, responsabile «ticket office» del club, chiama il suo contatto Germani e si lamenta: «L' hai portato tu e l' hai presentato in un certo modo... non so che mestiere faccia, ma ho la percezione che abbia un' influenza abbastanza forte nella curva».
milan juventus
Come dire: lucrare sì, ma con cautela. Dalle carte si comprende che alcuni dirigenti della Juve probabilmente non avevano idea dello spessore criminale dell' interlocutore. Il security manager però, spiega il gip, «trovava comunque un espediente per aggirare i divieti ufficiali a favore di Dominello».
Il 15 febbraio 2014, in un bar di via Duchessa Jolanda a Torino, gli investigatori seguono un incontro tra Germani, Dominello e Marotta. Secondo la ricostruzione, i tre parlano di un provino alla Juve per il figlio di Umberto Bellocco, del clan di Rosarno (il ragazzo non verrà preso).
LA FONDAZIONE
marotta 1
Per entrare nella curva dello Stadium, il picciotto Giuseppe Sgrò ha avuto il benestare del padrino e rassicura i suoi sottoposti: «Noi abbiamo le spalle coperte, abbiamo i cristiani che contano». Gli uomini della 'ndrangheta organizzano anche una «tavola rotonda» con gli altri ultrà per sancire il loro ingresso. Per un interesse che, di calcistico, non ha nulla: «Non ho un ca... da fare e mi butto dentro gli stadi. Se prendiamo soldi, che ca... me ne frega a me?».