Claudia Guasco per "Il Messaggero"
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C'era la Milano fashion week. Con le modelle in tram che passavano da un casting all'altro, le code per entrare alle sfilate, le influencer, gli eventi. Un mondo che il Covid ha spazzato via, ora ci sono nuove regole e un sistema ripensato per il distanziamento sociale.
La settimana della moda milanese, quella che riempiva i locali e faceva impazzire il traffico, è cominciata l’altro ieri ma in città in pochi se ne sono accorti. Cancellata la Vogue Night che illuminava il centro, persino Chiara Ferragni accusa il colpo e il suo ultimo post non è una passerella ma una foto del figlio. «È difficile organizzare le sfilate ma dobbiamo farlo, dobbiamo convivere con il virus, non possiamo aspettare che tutto si risolva», dice Carlo Capasa, presidente della Camera nazionale della moda.
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TEST E MASCHERINE E allora ci si organizza. Racconta Fabio L., che seleziona le indossatrici: «Tutte le modelle prima di entrare devono effettuare il test rapido. Niente assembramenti alle selezioni, entrano una alla volta e solo con la mascherina. Le regole sono rigorose». Il dilagare dell'epidemia in Russia, Stati Uniti e Brasile ha imposto un blocco delle frontiere anche nella moda: nessuna ragazza proveniente dai Paesi a rischio sfilerà a Milano. Il calendario è fitto, con 64 passerelle di cui 41 virtuali, e 61 presentazioni (24 online).
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Per la prima volta c'è anche Valentino, che per l'occasione lascia Parigi e sceglie Milano. Un segnale di incoraggiamento in un momento difficile, nel quale è atteso qualche centinaio di compratori contro le migliaia che arrivano di solito. I francesi vista l'evoluzione del contagio oltralpe sono in forse, i russi invece arriveranno grazie a un permesso speciale di 120 ore ottenuto grazie al consolato italiano.
Si spera nel digital, che a luglio ha registrato 16 milioni di utenti e che ora punta a 20 milioni di appassionati da tutto il mondo. «La moda è la seconda industria italiana ed è quella che esporta di più, non possiamo non dare un impulso positivo, se ci chiudiamo in casa rischiamo di mandare a loro volta a casa tante famiglie - riflette Capasa - Tutti i brand hanno ricevuto istruzioni molto precise a tutela di tutti per convivere con il virus.
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La moda è scesa in campo contro il Covid mettendo un sacco di soldi e producendo mascherine, ora è il momento di preservare le aziende. Per questo abbiamo chiesto misure opportune al governo, che purtroppo non sono specifiche, ma noi siamo i produttori del 41% della moda in Unione europea, siamo i primi e dobbiamo preservare questo tessuto. Ce la stiamo mettendo tutta, ora bisogna che lo facciano anche il governo e la Ue».
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Stando alle previsioni di Confindustria per il 2020, il fatturato calerà tra il 27 e il 31% rispetto al 2019 e per il sistema moda allargato la forchetta stimata è tra il 27 e il 29%. «Speriamo che ci sia un recupero nella seconda parte dell'anno - si augura Capasa - I marchi che hanno una forte presenza in Asia stanno recuperando, meno chi ha i suoi mercati di riferimento in America ed Europa».
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La pandemia, come spiega Giorgio Armani in una lettera aperta inviata il 3 aprile alla rivista di moda statunitense WWD, impone di ripensare il sistema: «L'emergenza in cui ci troviamo dimostra che l'unica via percorribile sia un attento e ragionato rallentamento. Il declino del sistema moda come noi lo conosciamo è iniziato quando il settore lusso ha adottato le modalità operative del fast-fashion dimenticando che il vero lusso richiede tempo. Io non voglio più lavorare così, è immorale».
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