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    C’ERA UNA VOLTA LA PICCOLA ATENE – IL DECLINO DI CAPALBIO, EX SIMBOLO DELL’INTELLIGHENTIA ROSSA, TRA GELATINI, PIATTI DI FRUTTA A 16 EURO E MARE NERO – CHIUNQUE CI ARRIVI, IN POCO TEMPO SI ROMANIZZA


     
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    Malcom Pagani per "il Fatto Quotidiano"

     

    Napolitano a Capalbio Napolitano a Capalbio

    L'Aurelia è una Pontina travestita. Cambia il senso di marcia, ma check -point e curiose gimkane evidenziate in giallo rivelano che le affinità non si curano delle distanze, il colore lambisce l'essenza delle cose e in territorio laziale, i lavori in corso confinano con il mistero. C' è chi vuole raggiungere Fiumicino, chi le mazzancolle di Fregene e chi sedotto dai saldi o dall' anacronismo dello slogan: "Dal 1967 firma la qualità", la svolta per gli arredamenti Castellucci.

     

    Il 13 agosto di 5 anni fa ai tempi in cui l' allora presidente della Camera Gianfranco Fini, assediato, produceva fatture che dimostravano l' intenzione di arredare a proprie spese non la proprietà Tulliani a Montecarlo, ma la più modesta realtà di Val Cannuta - al chilometro 13 e 400 dell' Aurelia, oltre il divisorio di cemento, in cerca di informazioni c' erano decine di cronisti.

     

    Oggi la casa brucia, l' indifferenza regna e la strada, lunga, diritta e finalmente libera, corre verso Capalbio. Pochi giorni fa, saldando un' assenza più fisica che ontologica, ci è capitato anche Guccini. Occupava Piazza Magenta parlando di libri. La sacrale fiaccola oratoria del luogo, sempre meno anarchica e sempre più tra sversale, passava da Antonella Clerici a Luigi Bisignani e Nicola Lagioia.

     

    festa di puri negri a capalbio 8 festa di puri negri a capalbio 8

    La purezza intellettuale della Piccola Atene, sfiancata, annientata e infine messa al tappeto rosso della presentazione letteraria dal caldo, dal crollo dei fragili muretti che restavano oltre il muro, veniva a patti con l' estate e con i numeri.

     

    Tremila persone. Targhe, abbracci, unità nazionale, Autan per tutti. Certe zanzare approfittano degli autogrill anche nel basso Lazio. Balla no negli acquitrini lasciati dai turisti che - davanti all' entrata di Tirreno Est - prima della doccia di aria condizionata promessa oltre i vetri, si scaricano fondi di macilenta minerale sulla testa. E, appena aperta una portiera, piantano bandiera vicino ai pedali.

     

    FEDERICA MOGHERINI AL MARE A CAPALBIO FEDERICA MOGHERINI AL MARE A CAPALBIO

    Bruciavano di accelerazioni quelli dei banditi in fuga di uno dei film preferiti da Tarantino, Cani Arrabbiati di Mario Bava, girato proprio sulla A12.

     

    Nell' agosto '73, l' autostrada era un cantiere, Bava poteva far fischiare in curva i cerchioni della Opel guidata da Cucciolla e l' immaginario dei romani in evasione, ancora non si era spinto oltre Santa Marinella, Santa Severa, la Ladispoli vagheggiata in Un sacco bello o i dintorni, meno limpidi, di Civitavecchia.

     

    Un panorama rosso -azzurro di navi, onde, sacchi edilizie fabbriche che si fissa sul parabrezza, senza preavviso. Stupisce. Confonde. Franco Sensi, presidente di una Roma che fu, sfruttava il colpo d' occhio e cercando quello di teatro, sapeva farla breve: "Vede l' orizzonte? È tutto mio". Non pensava alla vacanza, Sensi. Meno gaudente dei suoi tanti nipoti.

     

    FEDERICA MOGHERINI AL MARE A CAPALBIO FEDERICA MOGHERINI AL MARE A CAPALBIO

    Gli imitatori senza gavetta. I professionisti, gli eredi designati dei baroni che snobbando con disprezzo i lidi tarquinesi e gli ibridi simili a Marina Velca, scavallavano in Toscana per migrare 48 ore, sciogliere cravatte e nodi, saltare sul gommone e farsi pescare in fallo da Verdone che li infilzava in Maledetto il giorno che ti ho incontrato: "Questa massa di cafoni tutti in fila per Porto Ercole".

     

    I guidatori più pazienti avanzavano oltre. A Talamone e nella Punta Ala di Gianni Letta. Non Capalbio, dunque. Né le ville tardo etrusche di Pescia Romana: "È così vicina, sembra di essere in città". Ma ancora e comunque Aurelia perché a Civitavecchia le comodità evaporano e la Tirrenica, tra miliardi, risse, ambientalisti e progetti datati 1968- le vie del signore sono più infinite del bitume-pur non consegnando al mondo i promessi 242 km, ha comunque realizzato il sogno di portare l' immaginazione al potere.

    nicola piovani a capalbio nicola piovani a capalbio

     

    Sull' Aurelia, tra un incrocio mortale e una buca, non c' è più lo scenario in divenire de Il Sorpasso, né l' allegria che rendeva l' opinione una ricchezza vergine: "Tanto qui se magna da schifo, zoccoli d' asino e vino de fico!". Bruno Cortona viveva alla giornata.

     

    Oggi chi attraversa l'Aurelia prolunga l'appendice. Porta il lavoro invaligia. Resta se stesso e anzi cerca una tribù che gli somigli come Claudio Gora suggeriva nel capolavoro di Risi: "Si può andare in qualunque città e ognuno resta quel che è: il genovese un genovese e il fiorentino un fiorentino. A Roma invece, dopo 3 giorni, si diventa tutti romani".

     

    Ovvio che con queste premesse e con le brevi distanze, fondendosi in equilibrio sempre più solido con gli indigeni, con i nobili fiorentini ancorati alle tenute di campagna e con i pochi milanesi scesi a valle in tempi non sospetti, Capalbio e le sue estensioni, tra un mercatino equosolidale e una festa nei giardini Caracciolo Falck per celebrare l' industriale di turno, si romanizzassero.

     

    barbara d'urso a capalbio barbara d'urso a capalbio

    Niente più naïveté, bucce di anguria usate come gavettoni rossi da filosofi che nell' ebbrezza del vino inseguivano la metafora e sempre meno politica. In Maremma si approdava per riflettere all'ombra delle tenute Parrina o Polverosa (Mario Monicelli) o ci si fermava prima.

     

    All'Ultima spiaggia - dove Scalfari pranzava au bord de l'eau, sublimava con perfidia i languori al ritmo del desiderio improvviso: "Ci vorrebbe proprio un gelatino" e poi osservava il sottoposto diretto al frigorifero del bar- o a Macchia tonda.

     

    L'altro lido con ambizioni intellettuali meno pretenziose del film che Marco Ferreri girò nel '69 occupando il casale spagnolo. Come allora, il mare butta schiuma, e il domani apocalittico immaginato da Ferreri, un pianeta in fiamme da cui si salvano frigoriferi e forme di Reggiano, è plausibile. Il futuro - ti dicono - da Capalbio se n' è andato.

     

    fassino capalbio fassino capalbio

    Sarà. Ma forse sarebbe più lecito domandarsi se sia mai arrivato e se la comitiva dei padri fondatori (Marramao, Coldagelli, Petruccioli) non desiderasse altro che prolungare il passato chiudendo il presente fuori dalla porta. Capalbio ha ricevuto troppo, troppo poco o è stata solo un incidente della storia, una coincidenza geografica, un conflitto di interessi? Al Frantoio, alla Vallerana o ai tavoli dello stabilimento con il mare nero non se lo chiedono più.

     

    "Questa è l' ora più bella" gorgheggiano al tramonto, ben sapendo che è soltanto a sole basso, il colore dell' acqua cessa di diventare un problema.

     

    Le ciminiere di Montalto come quinta e Giorgio Napolitano sulle pareti accanto a Cecchi Gori. Il solito film. Qualcuno progetta di vendere la barca. Altri rilanciano: "Anche la casa, guarda". L' anno prossimo saranno ancora qui. Pronti al ballo in maschera.

     

    feltri a capalbio feltri a capalbio

    Beffati ma felici. Piatto di frutta, 16 euro "Posso pagare con il Bancomat?". Bagnati dai pregiudizi: "A Capalbio ci sono i figli viziati dei famosissimi stronzi miliardari comunisti" ricordava Giovanna Nuvoletti, moglie di Claudio Petruccioli e autrice de L' era del cinghiale rosso, per poi ammonire: "Come ovunque".

    (2 - continua)

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