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1 - L'AMERICA SNOBBA IL GIURAMENTO DI OBAMA
Glauco Maggi per "Libero"
Quattro anni fa c'erano 3 gradi sotto zero e due milioni di persone in piazza, per «fare la storia » del primo presidente nero. Ieri, a 4 gradi sopra zero, erano tra i 500 mila, dalle dichiarazioni di albergatori e agenti di viaggio, e dai numeri - 266 mila fino a due ore prima del discorso -dei viaggiatori che sono passati per la fermata della metropolitana che porta più vicino al cuore della manifestazione.
Una forte riduzione dovuta al fatto che Obama non è più una novità , ma sicuramente anche all'assenza di entusiasmo popolare per gli scarsi risultati pratici del primo quadriennio. E per il radicalismo di sinistra che ha contrassegnato gli ultimi due anni del suo mandato, rafforzato dopo la vittoria. Non è un caso che, appena la folla ha notato la presenza del mancato vicepresidente del GOP Paul Ryan, sono volati i fischi e i buu-buu.
L'economia è al palo, il buco di bilancio è record, i nuovi posti di lavoro arrivano a passo da lumaca, gli imprenditori non investono. E un segnale trasversale che gli imprenditori non sono felicissimi del bis di Barack lo dice la zoppicante raccolta di fondi per finanziare la giornata delle cerimonie, aperta al pubblico fino alla parata, ma articolata poi in balli e feste, che vanno finanziati da sponsor e pubblico pagante.
L'obiettivo che lo staff della campagna aveva fissato era di 50 milioni, ma la freddezza con cui sono state accolte da tante corporation le richieste di scucire i dollari ha costretto a puntare sul pubblico minuto individuale tagliando del 50% il prezzo d'ingresso, 500 dollari invece dei mille della prevendita. Nel primo suo atto da manager, insomma, il presidente si è piegato al libero mercato e ha fatto arrabbiare chi aveva prenotato un posto pagando a costo intero.
Quattro anni fa Obama aveva fatto lo snob politico ma aveva centrato comunque il pieno: aveva rifiutato di raccogliere fondi tra le aziende e le banche, per marcare la «purezza» antilobby della sua neonata amministrazione anche se gli hedge funds e le banche di Wall Street erano state tra i massimi finanziatori della sua prima campagna. Ma l'entusiasmo della folla aveva provveduto. Stavolta lo staff aveva invece eliminato già da tempo ogni restrizione ai contributi delle corporation, ma il fiasco ha costretto il presidente a mungere i privati, ora a prezzi da saldo.
Le aziende che hanno aperto il borsellino sarebbero state solo 13, tra cui Banca d'America, Coca Cola e FedEx, mentre non sono mancati i sindacati, di fatto azionisti di maggioranza del partito democratico (tra i maggiori American Federation of Government Employees, American Postal Workers Union, entrambi del settore pubblico, Sheet Metal Workers International Association, United Food & Commercial Workers). Del resto, soprattutto a loro e alla fetta liberal di sinistra dell'America si è rivolto Barack con il suo discorso.
Dietro qualche retorico richiamo a tutti ad agire «come una nazione», il presidente ha usato un tono da comiziante arrabbiato, niente affatto disposto ad incontrarsi a metà strada con la metà del Paese che non è d'accordo con lui.
Appena dopo il 6 novembre Obama annunciò che lo staff e l'organizzazione della sua campagna non sarebbero stati sciolti, ma trasformati in un ente di sostegno politico che sarà una sorta di «governo parallelo», intento ad appoggiare e perseguire il programma del capo liberal senza più alcuna maschera da centrista, e tantomeno da bipartisan: stessi diritti «ai nostri fratelli e sorelle gay», lotta per il global warming; riforma dell'immigrazione con una sostanziale amnistia; infrastrutture, ricerca ed educazione pagati dai soldi che non ci sono e con un governo sempre più gonfio; contenimento di debiti e deficit come retropensiero che non sfiorerà l'assistenza sanitaria e previdenziale, nella forma e nei costi, insostenibili ma per lui intoccabili.
Ci ha messo anche l'ultima battaglia contro le armi, liquidando la politica estera con «la guerra sta finendo» e l'economia con «sta recuperando». Dopo tale manifesto da congresso di partito, è sembrato persino fuori tono l'inno nazionale della intonatissima e splendida Beyoncè.
2- OBAMA RILANCIA DIRITTI 'FRATELLI E SORELLE' GAY
Marcello Campo per l'ANSA - Barack Obama rompe l'ennesimo tabù, pronunciando per la prima volta nella storia la parola gay in un discorso solenne dell'Inauguration Day. "Il nostro viaggio non sarà finito - scandisce Obama davanti a 800mila persone sparse nel National Mall - fino a quando i nostri fratelli e le nostre sorelle gay non saranno trattati come gli altri davanti alla legge. Dobbiamo fare in modo che queste parole, questi diritti, questi valori, di libertà e uguaglianza divengano realtà per ogni americano. E' questo il compito della nostra generazione".
Un riferimento non casuale, che arriva dopo l'annuncio in campagna elettorale di voler andare avanti sulle nozze tra omosessuali. Obama, subito dopo, cita la strage del bar gay newyorchese di Stonewall del 1969, accanto alla tragedia contro le militanti suffragette di Seneca Falls del 1848 e l'eccidio di Selma, Alabama, contro i manifestanti neri, nel 1965. Insomma, assegna un valore storico alla battaglia degli omosessuali per i loro diritti, a fianco alla lotta per l'emancipazione delle donne e quella contro la segregazione razziale della minoranza afro-americana.
Un intervento duro, netto, anche dedicato ai diritti dei milioni di immigrati irregolari, per tutte le minoranze, con cui Obama ha anticipato la linea che seguirà nel prossimo quadriennio. Ma il presidente evita ogni fuga in avanti. Chiede un cambiamento imposto dai tempi, ma lo fa trovando i fondamenti della sua politica nei capisaldi della Costituzione americana, quella Carta che dice, osserva Obama, "siamo tutti uguali, a prescindere dal colore della pelle, dalle differenze della nostra fede o dei nostri nomi".
Cita Lincoln, e il famoso passaggio dello storico discorso di Gettysburg, quando il presidente che abolì la schiavitù difese un governo "del popolo, che viene dal popolo e agisce per il popolo". L'intercalare del suo discorso è il celebre 'We The People'.
3- MICHELLE NON GRADISCE LE BATTUTE DI BOEHNER
video: http://bit.ly/TeEpUD
Alla cena di gala dopo il giuramento, Michelle Obama è seduta tra il marito e lo speaker della Camera (repubblicano) John Boehner, che due volte cerca di coinvolgerla nella battuta che fa a Barack, e due volte lei gli riserva uno sguardo a metà tra il fastidio e la commiserazione, continuando a mangiare.
4- OBAMA; BARACK BALLA SU PALCO E MASTICA GOMMA
(ANSA) - Barack Obama balla 'come un papa' ' accanto alle figlie Malia e Sasha e mastica gomma americana: potrebbe essere Nicorette, cioè quella alla nicotina? Ecco due istantanee dal palco allestito davanti alla Casa Bianca da cui il presidente degli Stati Uniti guarda la parata dell' insediamento del suo secondo mandato. Obama ha ballato al passaggio di una delle bande.
Il presidente americano ha assistito alla parata masticando gomma americana che potrebbe essere Nicorette, la gomma a base di nicotina usata da molti fumatori che cercano di smettere di fumare. Obama ha smesso nel 2008 ma nel corso della campagna elettorale ha fatto abbondante uso proprio di Nicorette per non ricadere nel vizio.
5- «MI PIACE LA FRANGETTA DI MICHELLE»
Da "la Stampa" - L'argomento più significativo del fine settimana, ha scherzato Obama, è la frangetta di Michelle. A lui piace. «Adoro Michelle e amo il suo nuovo taglio. Sta molto bene, lei sta sempre bene», ha detto durante la serata di gala di domenica al National Building Museum.
Ieri, dopo il giuramento, c'è stato il pranzo ufficiale, con 220 invitati nella sala delle statue del Congresso americano. Menu ovviamente patriottico: aragosta con spinaci e patate dolci; bisonte grigliato del Sud Dakota con purea di zucchine, fagiolini e cavolo rosso. Formaggi e dolci, compresa l'immancabile «Apple Pie», la torta di mele in stile Hudson Valley per l'occasione. Nel 2009, durante il pranzo, Obama non assaggiò nulla e passò il tempo tra i tavoli.
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