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A Patronato, quartiere povero di Santiago, la comunità palestinese si ritrova al “Beit Jala Cafe”, a pochi metri da San Jorge, la più antica chiesa ortodossa cilena, fondata nel 1917 dai primi migranti palestinesi. Nel bar si sorseggia caffè, si mangiano dolci orientali, e le pareti sono coperte di poster di Beit Jala, il villaggio cisgiordano da cui molti arrivarono.
Il Cile ospita la più grande comunità palestinese fuori dal Medio Oriente, tra i 150.000 e i 400.000, oggi arrivati alla terza generazione. Il 95% di loro è cristiano, il che ha aiutato l’integrazione. Tre quarti di loro si sono trasferiti tra il 1900 e il 1930, dopo un viaggio estenuante attraverso Beirut, Marsiglia, Panama, São Paulo e Buenos Aires, affrontando le Ande sugli asini. Per la maggior parte si trattava di contadini e artigiani, ma alfabetizzati.
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Si dice che in ogni villaggio del Cile ci sia un curato, un poliziotto e un palestinese. A Santiago si sono insediati a Patronato, dove gli affitti erano più bassi e c’era il mercato principale. La comunità palestinese iniziò a pubblicare il suo giornale, “Al-Murshid”, nel 1912, ma la vera fonte di orgoglio è il “Club Deportivo Palestino”, nato nel 1920, che gioca in Prima Divisione e fa base a “La Cisterna”, uno stadio da 12.000 posti.
A gennaio la squadra ha sostituito il numero uno di ogni maglia con la mappa della Palestina prima del 1948. Ha vinto subito le tre partite successive, anche se la comunità ebraica non ha gradito, accusandola di sfruttare politicamente il calcio. La federazione cilena di calcio ha convocato il Presidente Maurice Khamis Massu, ha bandito le maglie e ha inflitto una multa di 15.000 dollari. A quel punto i giocatori si sono tatuati la mappa sul braccio.
maglie del palestino con la vecchia mappa della palestina
Dice Massu: «Una vittoria della Palestino è una gioia per i palestinesi che soffrono. I terribili eventi di Gaza hanno rafforzato il nostro legame con la Palestina e con le nostre radici». Il presidente è membro della “Belen 2000”, fondazione che assegna borse di studio ai bambini palestinesi e invia dottori a lavorare sul territorio.
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Nel 2008 il Cile ha accolto 130 profughi che scappavano dal conflitto in Iraq. La Presidente socialista Michelle Bachelet li ha ricevuti a Palazzo Moneda per l’anniversario di al-Nakba (maggio 1948, quando i palestinesi furono espulsi dalle terre per la creazione di Israele). La Bachelet era con loro e non alla ambasciata di Israele dove si celebrava la nascita di Israele. Nel 2011 il presidente conservatore Sebastián Piñera, ha visitato la Palestina e ha difeso la richiesta di un suo stato. Ad agosto migliaia di cileni sono scesi in piazza per solidarietà con la Palestina e contro le operazioni militari a Gaza. Gerardo Gorodischer, leader della comunità ebraica in Cile, deplora la confusione fra ebrei e Israele e l’ascesa dell’antisemitismo.
calcio palestinese
All’inizio l’integrazione non fu facile. Il Cile era conservatore e trattava i palestinesi come immigranti di seconda classe, non come gli inglesi, i francesi e i tedeschi. Nonostante le differenze culturali, i palestinesi si sono presto assimilati alla classe media. Alcune famiglie ora sono tra le più ricche del paese. Negli anni trenta costruirono importanti industrie tessili, il “Banco de Crédito e Inversiones” e una compagni assicurativa. Si sono sposati con partner non appartenenti alla comunità palestinese.